11 - Ti aspetto a letto

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Alex

Ho coniato uno splendido ventaglio di nuovi soprannomi per Eloise. Il migliore è di certo mademoiselle NO.

O sarebbe più appropriato Lady Negazione?
Miss "Fottiti, Alex"?
Signorina "Allontanati, Satana"?
Sua Santità "Ho le palle più quadrate delle tue, bestia"?

Per tutto il tragitto passato a bordo di una macchina privata, non ha fatto altro che tremare di freddo e ripetere queste quattro frasi in croce. Una canzonetta stonata che mi rifila anche ora, benché siamo entrati nella mia stanza da almeno un paio di minuti.

Neanche la febbre da cavallo la placa. Che cazzo!

La faccio sedere sul letto, ma si erge in piedi e mi dice che sul materasso, con me che torreggio su di lei, non vuole starci.

Nel camminare barcolla, per cui la seguo e, sostenendola da un braccio, le dico «Fammiti almeno togliere le scarpe, babbea!».

Batte i piedi sul parquet, si scuote tutta come una ballerina di danza hip hop. Il suo lamento è una pioggia di gemiti inesprimibili. Non capisco perché si sia trasformata nella forma più estrema di una donna aborigena, così, di colpo. Sembra avere le crisi epilettiche.

Da Jeff l'avevo largamente sottovalutata. Era un confetto di zucchero con le tette grosse, in pratica. Ora no. Ora fa paura. Questa mi ha fregato: non studia scienze umanistiche gni gni gne gne, ma scienze dei film horror.

Le tette però sono rimaste, eh. Purtroppo per me. Anche ora che non mi permette neppure di sfiorarla. Ballonzolano da quando le ho tolto il cappotto in tweed, e si muovono ancora meglio nel mentre cerco di traghettarla verso il divano angolare che si addossa sotto le finestre della camera. Da fuori trapela un buio pesto, ma qui dentro, tra le pareti in travi lignee, ci pensa la stronzetta ad accecarmi con le scintille elettriche dei suoi capricci.

Non c'è verso di scacciare lo spirito molesto che ha in corpo. Si arrotola tra i cuscini bianchi e azzurri del divano, si gira da una parte all'altra. Il top ormai è uno straccio ridotto in una miriade di grinze. La cerniera dei suoi pantaloni neri è scesa da sola. Ci manca che le esploda il bottone tra i passanti della cintura e adiós amigos! Assisterò a uno strip in diretta.

«Vuoi stare ferma?» impero, sulla soglia di una incazzatura epocale. Ho una sua caviglia tra le mani e sto cercando di sfilarle la décolleté.

«No, tu vuoi strozzarmi! Aiuto! Aiuto!»

«Ma cosa cazzo gridi, si può sapere?» replico e scaravento la scarpa indietro, non so dove. Sento tintinnare qualcosa in vetro. Poi un tonfo assordante. Oh Madre Santa! Cosa ho rotto?
Meglio non curarmene. Domani pagherò direttamente i danni a Charlotte. Accompagno il piede della stronza per terra, nel frattempo, prima che lo sminuzzi tra i molari. «Qui, in questa casa, c'è gente che dorme. Membri della servitù, mia cugina. Un po' di rispetto sarebbe gradito.»

«Ma io non volevo venirci. Io volevo solo il mio anello» mugugna. Il piede sinistro se l'è ficcato sotto il culo e devo tirarlo in qualche modo. Così mi piego per terra, assestandomi sulle ginocchia. Chi lo avrebbe mai detto che stanotte avrei giocato a Mikado con degli stecchini fatti di carne succosa anziché di legno.

«Mi sembra di averti detto che te lo ridarò o sbaglio?» Riesco a disincastrare il piede, afferrandolo da uno stiletto della scarpa lucida. «Ma ora... ora...» Qualcosa formicola nel mio naso. Non riesco a ragionare. E via, mi esprimo nello starnuto più sonoro che abbia mai prodotto nei miei vent'anni. Il cuore mi si sarà fermato per alcuni frangenti. Ho la bocca grondante di saliva. Non so dove pulirmi. Il muco mi cola dal naso, ma lo aspiro mentre Eloise tossisce.

Io sono regina  Where stories live. Discover now