9 - Legge, giustizia, minaccia e anarchia

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Eloise

Qui è uno sballooo!

Palazzo Reale sembra avere le mura lustrate di miele e la notte non è avvolta in una usuale coltre di buio. Una moltitudine di brillantini fucsia potrebbe librarsi sulla mia testa e non ne sarei sorpresa. Le cameriere sono fatine che sfarfallano delicate solo ai piani bassi, e delle guardie qui, al sesto, non vi è neanche l'ombra di un pelo ascellare.

Per la gioia mi viene voglia di fare una piroette, ma evito perché non sono l'étoile della Scala di Milano e ci tengo a preservarmi le caviglie da possibili fratture.

Le mie sono percezioni fiabesche, me ne rendo conto, sfalsate dalla facilità con cui sono giunta davanti alle stanze del principino biondo e psyco. Bisognerebbe investire di più sulla sicurezza di questo castello. Di lui chi se ne frega, ma mi auguro quantomeno che Re Benneth sia protetto a dovere.

Poso l'orecchio sul battente di una porta di fattura antica. Tento di captare le vibrazioni di un demone. Trattengo il fiato, proprio per discernere anche il più piccolo accenno di un paio di corna o di un forcone in movimento.

Naaah, niente. Alex non c'è, il silenzio degli interni è troppo abissale per comunicarmi il contrario.

Via libera, allora.

Ah. Non proprio.

Ultimo scoglio: constatare se questa porta o le altre due che costeggiano questo atrio siano chiuse a chiave.

Dio, fa' che non sia così!
Propongo un fioretto di ringraziamento.
Non bevo Coca Cola per un mese, che ne dici?

Abbasso la maniglia in ottone e la presso subito in avanti. Qualcosa si disincastra e riesco a sospingerla. «Sì! Evvai!» sussurro impercettibile. Niente Coca Cola per un mese, però. Pazienza.

Il cigolio che produce alla sua apertura buca la quiete acustica che ho respirato finora, fino quasi a farmi sobbalzare.

È inquietante. Fa seriamente paura. Quello che dovrebbe essere un semplice suono di cardini da oliare, sembra tramutare in ghigni di streghette malefiche che marciano nel bosco per dare un po' di fastidio.

Alcune luci sono accese e la prima particolarità che si rende visibile ai miei occhi è la nota monocolore con cui è dipinto il salotto, ma anche la zona notte.

Qui è tutto blu.
Un blu simile all'imperiale.
Un blu tendente al viola, per quanto brillante.

Non so se esista un nome specifico per questa sfumatura, ma la ritrovo nel massiccio baldacchino che sormonta il letto matrimoniale, nelle coperte in raso, nel rivestimento di velluto della testiera.

È nei cuscini dei divani, nella fodera dei comò. È dipinto su due tele quadrate, appese l'una accanto all'altra su una parete nei pressi del televisore piatto. Ciò che mi colpisce è che questi dipinti sono noiosi e palesemente brutti. Senza cornici. Vi sono stese solo pennellate di tempera violablu e, se guardo meglio il centro, risultano persino squarciati dalla punta di un probabile coltello a serramanico.

Alex è proprio un folle da manicomio.

Chi appenderebbe due quadri da restaurare, privi di un senso oggettivo?

Solo lui.

Ma lo stile barocco prevarica anche qui. I battiscopa si traducono in sequenze di foglie d'acanto forgiate nell'oro. Sulle mura volano puttini in scenari campestri che, francamente, stonano con la logora parte d'anima che Alex mi ha mostrato fino ad adesso.

Non ho la presunzione di conoscerlo, ma ho il sentore che tutti questi stucchi d'arte raffinata e angelica gli stiano sul cazzo.

Io sono regina  Onde as histórias ganham vida. Descobre agora