8 - Tra vuoto e terraferma

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Eloise

Se all'università ho optato per un corso di laurea umanistica è perché ho le mie buone ragioni. Ho sempre preferito le parole ai calcoli, i frammenti di vissuti ormai sopiti alle ipotenuse da trovare e ai valori indecifrabili dei cateti. I freddi meandri della scienza non fanno per me. È un bene che almeno in questo sia così decisa, visto che ne va del mio futuro lavorativo.

Non me ne faccio nulla del mio titolo nobiliare e non mi basta la gestione della distilleria. In realtà, mi piacerebbe diventare una professoressa di storia. Andare oltre i raccontini che siamo soliti sorbirci a scuola e riesumare piuttosto degli insegnamenti o dei significati nascosti da quello che è stato il mondo di ieri e dai suoi maggiori eventi catartici.

Perché di Cristoforo Colombo non è importante sapere che le caravelle si chiamavano Nina, Pinta e Santa Maria, ma che non potremo mai andare lontano se non saremo disposti a rischiare. Che lasciare la sicurezza delle nostre rive fa sempre paura, ma che applaudiremo noi stessi per le scoperte che potremmo ricavare dai mari più impervi.

Colombo scoprì l'America. Noi chissà quali altri atolli della nostra anima.

C'è della filosofia dietro le antiche rovine del pianeta, una morale desumibile dagli avvenimenti vergati sui libri. Ed è questo che voglio insegnare, che un'azione genera una conseguenza e che da tutto si può imparare. 

Se ora avessi qui, di fronte a me, una cattedra immaginaria, e se una ventina di studenti stesse pendendo dalle mie labbra con dei quaderni per gli appunti sui banchi, andrei sempre sotto la superficie, così come sto facendo adesso, con Alex che mi guarda pietrificato in questo sontuoso salone dei pasti.

Che farabutto del cazzo.
Le parolacce se le merita tutte.

Gocce di acredine colano dai nostri sguardi. L'uno si incastra nell'altro come fa l'anello di una catena nel successivo.

Quello che è accaduto tra noi in questa giornata è un evento che segna indelebilmente la mia storia e anche da questo ho tratto degli insegnamenti.

Direi ai miei studenti di stare sempre in allerta, e che se si sceglie di entrare nella tana del lupo, bisogna tenere in conto che sfoderi i canini per azzannarci. Lui lo ha fatto. Voleva divorarmi con la sua cattiveria malata.

Direi loro che non bisogna sottovalutare nessuno, perché quel nessuno potrebbe essere ancora un vile senza scrupoli. Io l'ho fatto. Ai soldi che gli sbattuto sulla guancia, ha risposto con l'inaspettata volontà di abbandonarmi in un bosco. Ho commesso l'errore di piangere davanti lui che se ne beava e, giuro, non capiterà più. Piuttosto, le lacrime le ingoio.

Tuttavia, direi loro di non demordere mai e di non permettere nemmeno agli altri di sottovalutarci, perché anche noi possiamo essere imprevedibili e ribattere a nostro favore. Lui lo ha fatto. Pensava che fare la voce grossa mi avrebbe placata, e invece eccomi qui, con un mascara volumizzante alle ciglia e un abitino in velluto nero dal costo di un mutuo in banca, a essere il suo tormento.

Mi premurerò personalmente che lo capisca, anche se questo ragazzo mi sembra il capostipite degli ottusi.

Indurisce le mandibole, lo fa così forte che potrebbe provocarsi una frattura al facciotto da pitbull che si ritrova. Si sentirà sospeso, tra vuoto e terraferma. «Potreste spiegarmi il motivo della sua presenza?»

Aiuto, mi indica!
Ahah. Godo.

Lo chiede a suo padre, lo chiede a Fabian, scoccandomi un'ultima occhiata agghiacciante. Ha le iridi piuttosto chiare, forse color ciano, ma qualche pagliuzza castana le intorbidisce. Riflettono il suo spirito macchiato di perfidia. Tutto è in perfetto abbinamento.

Io sono regina  Where stories live. Discover now