2 - Né solo lampo né solo tuono

8.4K 328 451
                                    

Alex

L'equilibrio di un'arma si percepisce non appena questa viene stretta tra le dita. Il centro di gravità del mio fioretto, infatti, si trova a quattro centimetri dalla coccia. L'indice e il medio sono tra il ricasso e l'archetto di sinistra. Il pollice, sopra il gavigliano. L'anulare e il mignolo tengono fermo il manico. Non potrebbe mai sfuggirmi, ho padronanza, dunque nessuno avrebbe totalmente la meglio su di me.

Impugnarla bene è utile per vincere sulle azioni, e io so impugnare, so stringere, e so fare molto altro: attacco con fredda lucidità e vinco come se non facessi altro nella vita, come se fossi stato creato per collezionare ovazioni.

Competizione e superamento dei limiti personali sono alla base di questo sport e si mescolano perfettamente alla mia indole sfrontata. Ho una propensione innata per la scherma. E non solo per questo. Eccello in qualsiasi ambito ficchi il naso. A volte evito di cimentarmi in troppa roba per non innescare un complesso di inferiorità negli altri.

Il mio avversario si esagita di fronte. Il volto è coperto dalla maschera protettiva a rete nera, tuttavia, da come si allarga e restringe la sua gabbia toracica, intuisco che con il fiato non stia messo bene. Neanche io, ma la partita è ancora aperta.

Si assesta sul metro e novanta, quindi è più alto di me di sette centimetri. È bravo, uno schermidore di tutto rispetto, ma a fine combattimento non gli permetterò di esultare.

Ora annuisce. Capisco che è pronto e piego la testa da un lato per accogliere con signorilità la sua richiesta.

Via. Ripartiti. Si fa sul serio.

I ferri si cercano, danzano su note di sinfonie immaginarie. Ad ogni tocco stridono. Siamo agili, scattanti. Gazzelle in volo su cieli che non conoscono attrito. Lui avanza per la stanza, io indietreggio. E così finché non ci alterniamo. È un osso duro. Un vero mastino.

Ma svincolo il ferro dal suo legamento e tento una cavazione. A breve lo ferirò nell'orgoglio e un sorriso sadico si allarga sul mio viso. Peccato non possa vederlo.

In allungo, scaglio la punta del fioretto sul suo fianco ed è punto per me. Sì, cazzo! Ora non siamo più in parità. Ora gli sto sopra.

Ma lui alza il braccio, inglobato nel tutino bianco identico al mio, e mi fa segno che qualcosa non va. Adrenalina e serotonina si aggrovigliano nel mio corpo, ma le tengo a bada, piantando i piedi a terra. Abbasso l'arma lungo il femore, mentre lui si sfila il casco mettendo in luce il viso.

I capelli castani di Fabian si incollano in ciocche precise sulla testa, alcune gli ricadono lisce sulla fronte. Ha le guance arrossate, gli occhi nocciola – lievemente in su – un tantino lucidi, e fatica a respirare. «Basta, Alex. Chiedo tregua.»

Ovvio. Gliela concedo. A volte dimentico che da quando si è operato non è più un tornado di sola pura energia. Le pillole che sta integrando ogni mattina lo aiutano a compensare la ghiandola che ha perso, ma gli auguro di tornare presto quello di prima. Mio fratello è forte, molto maturo per i suoi soli ventidue anni d'età, la persona più ottimista che io conosca, e sono certo che ce la farà.

«Scott, dell'acqua per favore» chiede al nostro supereroe, e lui, sciogliendo la posizione austera con cui ci ha osservato per tutto il duello, cammina verso il tavolino delle bevande con le dita intrecciate dietro i lombi. Scorgo in Scottino una lieve incrinatura in avanti. Che a cinquant'anni suonati stia mettendo su la gobba? Una risata mi sventaglia la gola. Nel dubbio, lo sfotterò più tardi, chiamandolo gobbo di Notre Dame. È pagato per servirci, ma io direi che oltre a questo svolge un lavoro ben più arduo: sopporta un barbaro stronzo come me.

Io sono regina  Where stories live. Discover now