«Ti amo è riduttivo» gli dissi.

Gabriel soffocò una risata. «A me basta quello.»

Già, pensai, non esistono parole più grandi o profonde per descrivere un sentimento simile. Tutte le parole del mondo non sarebbero sufficienti.

Gabriel mi diede l’ennesimo bacio tanto che mi mancò il fiato. Afferrai il suo collo, tenendolo sempre più vicino al mio corpo. Sentii una sua mano scivolare lungo i miei fianchi, fino a cercare la cerniera dei pantaloni. Come avevo già fatto una volta, lasciai che andasse avanti perché mi sentivo maledettamente bene. Tirai su la schiena dal letto e continuai a baciarlo sempre più ardentemente, mentre mi toglieva i vestiti di dosso.

La sua pelle contro la mia era così calda, avvolgente. I suoi muscoli erano tesi, le spalle larghe mi davano un senso di sicurezza. Respirava affannosamente sulla mia pelle, rimanendo a pochi centimetri dalle mie labbra. Mi fissava e non avrei facilmente dimenticato quello sguardo, proprio nell’esatto momento in cui tentava di farmi diventare un’unica cosa col suo corpo per la prima volta.

In un primo momento sentii un dolore lancinante, tanto che mi mancò il fiato e mi lasciai scappare un piccolo gemito. Gabriel mi accarezzò la guancia con una mano e notai che stava tremando: non per il freddo, ma per il piacere.

Cercai di rilassarmi, mentre il dolore andava pian piano scemando lasciando spazio a ben altro nella mia testa. Mi diede un altro bacio, più breve rispetto agli altri, perché continuava a respirare a bocca aperta. La sua fronte era umida così come i capelli, ma non mi interessava. L’unica cosa importante, in quel momento, era il fatto che finalmente potevo sentirlo mio e mio soltanto.

Iniziavo a sentire caldo, mentre quelle ondate di piacere mi travolgevano come un fiume in piena. La mia mente non riusciva a pensare ad altro se non a lui, ai suoi occhi, al suo calore, al suo corpo schiacciato sul mio.

Lo strinsi sempre più forte, mentre ridacchiava sulle mie guance. Il suo fiato era caldo così come ogni centimetro della sua pelle umida, ma mi faceva tremare.

Non avevo mai immaginato che avrei potuto sentirmi così bene. Fino a un anno prima ero convinta che non mi sarei mai fidanzata con qualcuno per il semplice fatto che non avevo bisogno di alcuna distrazione. Il mio obiettivo era arrivare a Victor e ucciderlo. Ma ora che c’era Gabriel mi chiedevo come mai avrei potuto fare senza di lui.

Poggiò la fronte contro la mia, rallentando il ritmo. I suoi occhi erano chiusi e continuava a respirare affannosamente. Io continuavo a sentirmi in fibrillazione, il mio cuore non aveva mai corso così tanto dentro il mio petto. Le sue dita si insinuarono tra i miei capelli umidicci e me li spostò dal viso, prima di darmi un altro lungo bacio.

«Ti amo» sibilò a pochi millimetri dalle mie labbra, prima di annebbiarmi completamente il cervello per tutta la notte.

Appoggiai la balestra sul mio fianco, mentre mi appollaiavo sul tetto. Guardavo come una predatrice la città avvolta nella notte, poco prima allo scoccare della ventiquattresima ora. L’aria lì in alto era più fredda e senza giubbotto potevo sentirlo ancora di più. Ma a me piaceva il freddo, quindi chiusi gli occhi e lasciai cadere la testa all’indietro, in ascolto.

Bastava pensare alla notte che avevo passato con Gabriel per tenermi calda. Un sorriso comparve automaticamente sul mio volto senza che me ne rendessi conto e morsi il labbro inferiore. Avevo bisogno di liberare la mia mente, per quel motivo ero salita sul tetto ad aspettare il mio ragazzo. Saremmo usciti di nuovo a cacciare e, magari, avremmo di nuovo passato una notte insonne a fare ben altro che dormire.

La mia spensieratezza venne cancellata così velocemente come era comparsa.

In lontananza, improvvisamente, vidi come un bagliore: una luce rosso scarlatto, che sembrava quasi un segnale. Arrivava da nord ovest, dalle zone dell’Highgate. Mi raddrizzai con la schiena e cercai di mettere bene a fuoco. Forse era stata solamente l’immaginazione che giocava brutti scherzi.

Daughter of EvilWhere stories live. Discover now