XXII - 2 Febbraio

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Normality

Metallica - Welcome Home (Sanitarium)

EREN

Ripongo meticolosamente il libro e il quaderno di biologia nel mio fidato e consunto zaino verde ricoperto di scritte, tenendo lo sguardo basso per evitare le occhiate indagatorie dei miei compagni di classe. Non ho mai avuto un rapporto stretto con nessuno di loro, tranne che con Armin.

Superficiali, falsi e dediti solo alle apparenze: è sotto questa luce che li ho sempre visti. Non che loro abbiano mai fatto qualcosa per smentire quei miei pregiudizi, che si sono rivelati essere fondati e veritieri. Se abbiano creduto alla scusa della polmonite, questo non l’hanno dato a vedere. Si sono limitati a fissarmi coi loro occhi colmi di interesse per il pettegolezzo durante tutte le lezioni, non perché a loro importi qualcosa di me. Nessun “come stai”, neanche nessuna e tanto stupida quanto inutile frase di circostanza detta per riaccogliere un amico dopo un lungo periodo d’assenza. Sono ormai settimane che va avanti così, che mi sento osservato come qualche strana cavia di laboratorio.

I professori sono inevitabilmente venuti a conoscenza della mia situazione, e il loro sguardi sono talmente tanto pieni di compassione da darmi il voltastomaco. Non voglio la loro pietà, né quella di nessun altro. Vorrei solo che il mio problema venisse trattato come una qualunque malattia normale, non che si pensi che sia fuori di testa e che di conseguenza venga trattato con sufficienza per questo. È evidente che non sappiano minimamente come comportarsi in situazioni del genere, arrivando persino a peggiorare il mio problema d’ansia.

È un vero inferno, ma non mi resta che stringere i denti per altri quattro mesi prima del diploma; nonostante le difficoltà, la mia media è impeccabile. Certo, ho qualche arretrato in termini di compiti in classe e interrogazioni, ma niente di preoccupante e che non possa essere sistemato con un po’di sforzo. Nulla mi ha mai dato soddisfazione come lo studio, in cui investo le mie giornate placando la mia sete d’informazioni e la mia inguaribile curiosità e in cui annego la mia tristezza. Mi distrae perdermi in complicate formule chimiche e in complesse regolazioni biologiche, immergermi in quei meccanismi e interazioni così minuscole e fini ma che governano l’intero universo. E non c’è nulla di più affascinante per me di atomi che si ricombinano per dare origine alla macchina perfetta del cosmo.

Non appena sollevo lo sguardo dallo zaino, il professor Pyxis mi rivolge un sorriso sincero che fa accentuare ancora di più le rughe attorno ai suoi occhi e mi trovo a ricambiare il suo gesto. È l’unico professore che non mi ha messo pressioni e che non mi parla con voce che trasuda commiserazione ma mi tratta come prima, come se nulla fosse successo; il mio ricovero in un reparto psichiatrico non ha influenzato la sua opinione su di me. Mi ritrovo a sospirare, a desiderare che sia così anche per gli altri docenti.

Non so cosa vedano di diverso in me, ma in qualche modo ho perso la definizione di “persona normale.” Ora sono quello strano ai loro occhi, quello disturbato e fatto di psicofarmaci dalla mattina alla sera.

Quello pazzo, quello malato. Quello che non ci sta col cervello.

“Arrivederci, professore.”

Mormoro un saluto nella sua direzione imitato da Armin, e riceviamo in risposta un cenno del capo. Usciamo dall’aula, destreggiandoci per quei corridoi asfissianti e gremiti di studenti, costretti a muoverci in quella marmaglia procedendo lentamente, fra spinoni e gomitate. Tento di tenere a bada l’ansia che mi scuote il corpo con un lungo brivido alla sensazione di essere intrappolato in quella folla, e fortunatamente il portone principale è più vicino di quanto mi aspettassi.

BORDERLINE - Ereri/Riren -Where stories live. Discover now