XIII - 25 Dicembre, Giorno 23

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Mi immergo completamente nel mio lavoro, cullato dalla sensazione di pace interiore che cucinare dolci mi infonde. Il mio buonumore di oggi è innegabile, complici la magia del Natale e il sangue carico di quella pesante terapia farmacologica ormai entrata a regime. Certo, ho le mie crisi, ma il tono generale del mio umore è decisamente migliorato. Non so esattamente a cosa servano queste emozioni chimiche, una volta smesso di ingoiare quelle pillole della felicità starò esattamente come prima; in fondo, che senso ha? Ma tanto vale godersi i fugaci attimi di pace che mi sono concessi, anche se quelli che sento scaldarmi l'anima probabilmente non sono i miei veri sentimenti: non c'è altro che possa fare.


Smetto di lavorare quella soffice crema bianca una volta ottenuta la consistenza desiderata, immergendovi un dito e portandomelo alla bocca. Cedo alla mia golosità, assaporando la panna ad occhi chiusi.


Non passa molto prima che la base al cioccolato sia cotta alla perfezione; la tiro fuori dalla teglia con movimenti meticolosi ma allo stesso tempo fluidi e decisi. Con la lama affilata di un coltello la divido in tre strati di altezza uguale, tenendo il labbro inferiore fra i denti per tutta la durata dell'operazione, il volto distorto in un'espressione concentrata.


"Attento che sbagli, Yeager!"


Mi urla dietro Jean, ma ignoro completamente il suo commento provocatorio e gli rivolgo una meritata linguaccia, mostrandogli i tre strati di pan di spagna scuro perfettamente livellati. Inizio a guarnirli bagnandoli con lo sciroppo preparato da Marco e con uno strato di ciliegie, che successivamente ricopro di panna. Ripeto gli stessi passaggi per gli altri due strati, prima di iniziare a glassare interamente di quella soffice crema bianca e spumosa l'intera torta, stendendola fino a farla diventare completamente uniforme e facendomi aiutare da Petra per aggiungere delle decorazioni con la sac-à-poche. Ultimo il tutto aggiungendo i riccioli e le decorazioni in cioccolato, collocando sulla cima quella realizzata da dall'infermiera.


È sottile e delicata, e nella sua calligrafia sinuosa ed elegante recita Happy Birthmas Levi. 

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"Attacco Jean con cinque armate. Scandinavia."

"Ti sei alleata con lui, ti ci metti pure tu adesso?! Cristo se siete sleali!"


Commenta Jean a denti stretti; a quanto pare giocare a Risiko non è per nulla il suo forte. Prendo un tiro dalla sigaretta offertami da Petra e sbuffo il fumo nella direzione del biondo, mentre Mikasa ridacchia al suo commento dandomi una pacca amichevole sulla spalla. Erwin non c'è ancora, e ci stiamo concedendo il lusso di fumare nella sala comune a finestre aperte, incuranti del freddo glaciale di dicembre che irrigidisce l'aria della stanza. Non possiamo rischiare di essere scoperti, se non vogliamo essere fatti a fette e serviti come portata principale per la cena.


La corvina seduta al mio fianco si è dimostrata un'ottima stratega, mentre Ymir gioca distrattamente con le piccole bandierine, persa nei suoi pensieri e non curandosi della partita in corso. Marco sembra far fatica a stare dietro al gioco, e torna a rileggere il foglietto delle regole con espressione confusa per l'ennesima volta.


Quando ormai anche quella piccola parte di Nord Europa è stata colonizzata dalle nostre armate, improvvisamente un gridolino di Hanji - che era per tutto il tempo rimasta di vedetta davanti alla porta, per avvertirci dell'arrivo ormai imminente del corvino - ci riscuote.


Improvvisamente quel tabellone colorato non ha più tanta importanza e tutto il resto sembra svanire e perdere colore. Tutto sembra farsi ovattato intorno a me, chiuso al di fuori della mia bolla personale in cui rimango solo, cullato dalla carezza nera e familiare della mia ansia che sussurra alla mia mente. E se la torta non dovesse piacergli? E se avessi fatto una cazzata? È stato un gesto piccolo il mio, dettato dalla profonda gratitudine che provo verso di Levi. Non mi ha mai giudicato, è sempre stato ben disposto nei miei confronti, anche nell'approccio terapeutico. È vero, non è un medico, ma tutte le volte che gli ho raccontato i frammenti pieni di luce o di oscurità del mio passato, mi è sembrato di farlo guardando negli occhi sinceri un amico, non in quelli sterili e freddi di qualcuno che lo fa per mestiere. E raccontando di me ho ottenuto memorie del suo passato in cambio, piccoli brandelli di ricordi semi sbiaditi, ma allo stesso tempo così significativi e preziosi da permettermi di dare uno sguardo alla sua anima. Le sensazioni che provo nel confidarmi con lui sono del tutto diverse rispetto a quelle che mi pervadono quando sono costretto a quei colloqui estenuanti con i medici e a fare test con gli altri specializzandi. Certo, mi fido di Erwin e Rico, trovo rassicurante la calma di Pieck e contagiosa l'allegria inguaribile di Isabel, ma nessuno è come Levi.

BORDERLINE - Ereri/Riren -Where stories live. Discover now