Yoongi sentiva la pelle bruciare sotto lo sguardo ammaliato del capo, il quale era intento ormai da un paio di minuti a scrutare, osservare e studiare ogni minimo dettaglio del povero impiegato, impegnato a guidare l'auto verso casa sua. Ma d'un tratto non ce la fece più, gli occhi di Jimin erano come due grandi carboni ardenti sulla sua pelle candida, e stava iniziando a scottarsi.
"Così mi consumi, Park." disse serio, non distogliendo lo sguardo dalla strada, e cambiando con una mossa precisa la marcia.
Jimin scosse il capo: maledizione, cosa gli stava succedendo? Dov'era finito il suo autocontrollo?
"Uh- sì, scusa" sussurrò, cercando di guardare davanti a sé, ma inutilmente, dato che i suoi occhi finirono per scivolare ancora su Yoongi.
L'impiegato, dopo tutta la giornata trascorsa con il broncio a causa di Hoseok e della sua assenza di discrezione, fece il primo sorriso lieve grazie a Jimin, ma che durò ben poco. Yoongi, difatti, spense quel sorriso qualche secondo dopo, e gli occhi diventarono lucidi senza un motivo preciso. Scosse la testa per deviare i suoi pensieri tristi e, dopo aver parcheggiato, tirò il freno a mano.
"Siamo arrivati" annunciò, deglutendo.
Jimin, dal canto suo, s'era accorto che il corvino fosse strano, ma non riusciva a capire quale fosse il suo problema. Decise di non porsi troppe domande e scese dall'auto, aspettando che il proprietario gli aprisse, giustamente, la porta.
L'impiegato prese un respiro profondo e camminò lungo il viottolo verso l'entrata. Nel frattempo teneva un mazzo di chiavi tra le mani, ed era intento a cercare quella giusta per aprire la porta principale, ma purtroppo, a causa del buio ormai calato su tutta la città, non riusciva a vedere bene quale fosse quella giusta.
"Quale cazzo è..." sussurrò. Stava perdendo la pazienza, quella giornata si stava svolgendo davvero in modo irritante e sbagliato, tutto stava andando per il verso errato.
"Qualche problema?" domandò Jimin all'improvviso, comparendo alle spalle di Yoongi, il quale trovò la chiave proprio in quel momento.
"Da quando così apprensivo?" la mise nella serratura e aprì. "Dopo di lei" lo guardò, e Jimin non se lo fece ripetere due volte: entrò nella modesta casetta, venendo subito abbracciato dal calore presente all'interno di quelle mura. Probabilmente i termosifoni erano rimasti accesi per tutto il giorno.
"Grazie" mormorò il biondo, tenendo lo sguardo basso. Si sentiva stranamente nervoso.
Yoongi chiuse la porta alle sue spalle.
"Mettiamoci sul divano"
Jimin annuì soltanto prima di camminare titubante fino ad esso. Era strano e inspiegabile, per uno come lui, che il salotto fosse collegato alla cucina. Secondo la sua logica, le due stanze dovevano stare separate, senza alcun modo di comunicare tra di loro, dato che le loro funzioni erano parecchio diverse. Ma Jimin non si rendeva conto che non tutti hanno un sacco di soldi e possono permettersi una casa grande con una moltitudine di stanze al suo interno. Chi conduce una vita normale, modesta, deve anche imparare ad accontentarsi.
Si sedette sul divano con delicatezza e accavallò le gambe, seguito da Yoongi, che quella sera aveva deciso che non avrebbe avuto alcuno scrupolo per Jimin.
"Quanti amici hai, Jimin?"
Il biondo si accigliò a quella domanda e lo guardò male. Non amava parlare di sé.
"Perché ti interessa tanto?"
"È la stessa domanda che mi faccio anch'io ogni cazzo di giorno dopo averti conosciuto" lo guardò negli occhi. "perché mi interessa tanto? Perché non riesco a smettere di pensarti? Perché sei fastidiosamente così tanto presente nella mia vita? Ma soprattutto, perché sei il mio capo? E dato che non ce la faccio più a sopportare tutto ciò come se nulla fosse, ora sono qui a parlarti e a chiederti: Park Jimin, hai amici? Amici veri?"
L'altro guardò per terra e si morse l'interno delle guance. Aveva già perso gran parte della sua dignità quella notte e quella stessa mattina, perciò non aveva senso continuare a fingere che tutto andasse bene. Inoltre, a quanto pareva, Yoongi voleva conoscerlo più a fondo, quindi questo significava che non era stata solo una scopata. Forse... forse voleva davvero essere suo amico.
"No." disse allora, dopo una lunga pausa di riflessione. "Non ne ho. Non ne ho mai avuti, in realtà. Volevano solo i miei soldi, e il potere della mia famiglia... col tempo, ho imparato anche io a pensare solo a me stesso e a diventare egoista e- Dio, non so nemmeno perché ne sto parlando con te."
Per qualche motivo, Yoongi si sentì in dovere di proteggerlo da qualsiasi male di questo mondo. Voleva renderlo felice, dargli un amico con cui confidarsi, essere la spalla su cui piangere ogni volta in cui necessitava farlo. Ma per fare in modo che ciò accadesse, doveva prima lasciargli intendere che di lui si poteva fidare.
"Dimmi cosa succede con la tua famiglia, Jimin. Ti prometto che a lavoro sarò solo il tuo dipendente, ma tu devi liberarti. Lo vidi quella volta in qui ti chiesi cos'avessi e lo confermo adesso che ti sto conoscendo meglio. Hai bisogno di una persona che ti stia accanto, Jimin. Non pretendo di essere per forza io quella persona, ma..." abbassò lo sguardo, sentendosi in imbarazzo per averlo fatto intuire. "io probabilmente potrei darti ciò che nessuno sarebbe in grado di donarti"
Ma Jimin non si smosse, mantenne lo sguardo puntato sul tappeto che ricopriva la zona sotto al tavolino di legno posto di fronte al divano e la voce calma, pacata, tranquilla.
"Il problema è che non posso permettermi di crollare, capisci? E non posso neanche fidarmi. Potresti usare ciò che ti racconto contro di me... e comunque, quello che è successo," finalmente alzò di poco la testa, ma continuò a non guardare l'impiegato, che invece lo stava a dir poco mangiando con gli occhi. "non conta nulla, Yoongi. È successo tante altre volte con tante altre persone, che poi hanno preteso il mio denaro in cambio del silenzio. Immagino che anche tu voglia dei soldi"
Yoongi si sentì profondamente indignato. Lui, quei soldi, non li voleva. Non voleva nemmeno rovinargli la vita, insomma, non ne aveva alcun motivo, era lì da poco in quell'azienda.
"Ti permetto di dire queste cose solo perché non mi conosci, ma ti dico solo una cosa, se continui così crollerai e lo farai davanti a tutti. E io non voglio soldi Jimin, non voglio nemmeno il tuo corpo, non voglio niente di tutto ciò e fidati, nemmeno tu sei la mia prima volta"
A quelle parole, che dalla bocca di Yoongi risultarono più che severe e dure, Jimin sospirò e alzò lo sguardo, incrociando gli occhi del maggiore.
"Non lo vuoi proprio capire, eh? Non ho bisogno di essere amato, Yoongi"
Il ragazzo seduto di fianco a lui, in quel momento, si sentì come trafiggere. Per la prima volta stava riuscendo a provare qualcosa per un essere umano e quest'ultimo lo stava distruggendo, o perlomeno, Yoongi gli stava permettendo di distruggerlo.
Dopo averlo guardato leggermente scioccato, spense completamente lo sguardo e l'anima, e si rivolse a lui con tono altrettanto gelido.
"Come vuoi."
Naturalmente, ciò che aveva detto Jimin non lo pensava veramente, è che aveva paura di aprire il suo cuore a qualcuno; vedendo i suoi occhi spenti e il viso abbattuto, prese la mano di Yoongi tra le sue come d'istinto, e ne accarezzò il dorso.
"S-scusa, non... è che non voglio che la mia maschera cada" sussurrò, tenendo lo sguardo rivolto alle loro mani, notando quanto fosse grande quella del maggiore in confronto alla sua.
Di colpo il piccolo ma grande cuore del corvino riprese a battere, intenerito davanti a quella visione.
"Neanch'io lo voglio Jimin" disse più dolcemente. "ed è per questo che io, oggi, ho deciso di parlarti. Per dirti che un amico ce l'hai, non ho mai voluto saltare a conclusioni affrettate come...come l'amore" gli strinse la mano al nome di quel sentimento, guardandolo in volto.
Jimin annuì innocentemente.
"Capisco che non hai secondi fini, anche se, quella cosa che è successa questa notte... a casa tua" deglutì. "ero ubriaco e- tu, Yoongi, insomma, sei un ragazzo bellissimo fattelo dire, non sono riuscito a controllarmi e mi dispiace, ho paura che tu possa usare questa cosa contro di me"
Yoongi ridacchiò.
"Vuoi sapere la verità?"
"C'è una verità?"
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Work hard, Min Yoongi || •yoonmin• [REVISIONE]
FanfictionJimin è il capo dell'azienda nella quale lavora Yoongi. Il primo ha una "famiglia" benestante, un padre che non accetta relazioni con i dipendenti e molta, molta confusione nella testa ricoperta da ciuffi dorati. Il secondo è una persona comune...
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