Capitolo 33.

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<<Caren, respira e calmati!>> cercò di ripetere per la milionesima volta Niccolò mentre sentivo perfettamente l'interferenza che si era creata sulla nostra comunicazione al telefono perché io non facevo altro che camminare velocemente da una parte all'altra per la mia stanza.
<<Nick non ce la faccio, ti rendi conto che non ce la faccio a starmene calma dopo che mia madre ancora una volta ha programmato tutta la mia vita?>> sbottai io mettendomi una mano fra i miei disordinati capelli.
<<Gli hai spiegato che non è quello che vuoi?>> mi chiese lui.
<<Me lo si leggeva chiaro in faccia, e fidati che lei lo sa benissimo che se c'è una cosa che ho più odiato da quando ha divorziato con mio padre è l'idea di ballonzolarmi da una parte all'altra come se fossi una palla.>> risposi sbuffando rumorosamente sedendomi di peso sul mio letto.

<<Niccolò, io non voglio andarmene dalla mia Roma, sopratutto non adesso che ti ho trovato.>> dissi poi con la voce tremante dato che le lacrime stavano salendo ai miei occhi.
<<Troveremo una soluzione.>> disse solamente lui sospirando lentamente.
<<Che stai facendo adesso?>> risposi poi dopo aver tirato l'ennesimo sospiro e cercato inutilmente di distendere i miei nervi.
<<Sono seduto sotto un albero di un parco e giuro che in tutto l'arco di questa giornata e nemmeno durante questa chiamata, non ti ho pensato per niente e non ho desiderato nemmeno lontanamente di ritornare da te e rubarti.>> rispose Niccolò sospirando lentamente.

In quelle parole mi persi come si perde l'orientamento visivo in una strada che si ha da sempre percorso.
Eppure capita delle volte, di camminare dritti verso una direzione, poi presi dai troppi pensieri, si dimentica dove si stesse andando e si rimane fermi spaesati a guardarsi intorno in cerca di un qualcosa che fa ricordare la destinazione.
Ecco, quelle parole mi fecero perdere la direzione di dove stessi andando.

Voleva essere insieme a me e io volevo essere insieme a lui.
Non me lo aveva mai detto prima di quel momento e difatti rimasi leggermente spiazzata, anzi, totalmente spiazzata.

<<Quando torni?>> fu solamente ciò che uscì dalla mia bocca dopo qualche attimo di silenzio.
<<Presto, te lo giuro, sicuramente prima che sia tu ad andartene.>> rispose e basta.
<<Devo scappare Wendy, il lavoro mi chiama.>> aggiunse poi avvertendo il suo movimento.
<<Okay, grazie per avermi lasciata sfogare e per avermi ascoltata.>> risposi sbuffando.
<<Ti ascolterei per tutta la vita se potessi.>> sentì che sorrideva.
<<Ciao Peter.>> sorrisi anch'io.
<<A presto Wendy.>> e dicendo così, chiuse subito la chiamata e di nuovo rimasi da sola con i miei pensieri, la mia rabbia e mille cose per la testa che giravano attorno ad essa incessantemente.

<<Caren.>> mi chiamò d'un tratto la voce di mio fratello al di fuori della porta chiusa della mia camera.
<<Entra.>> risposi solamente.
La porta si aprì lentamente e la figura alta e muscolosa di mio fratello si fece avanti con i soliti occhi tristi quanto i miei per le solite follie che passavano per la testa di nostra madre.
<<Volevo solo dirti che la cena è pronta, ma prima che tu scenda, voglio darti due opzioni.>> iniziò lui sedendosi accanto a me sul mio letto.

<<Opzioni?>> domandai io corrugando la mia fronte.
<<Se scenderai quelle scale insieme a me, potremmo o cenare come ogni sera, o scappare come due ladri che hanno in mano un sacco pieno zeppo di soldi.>> mi propose.
<<Cosa?! Come ti è venuto in mente di poter scappare da mamma? E poi perché mi stai dicendo queste cose, non è da te, stai bene? Sei fatto per caso? Ubriaco?>> mi impanicai immediatamente alle parole di Alessandro.

Quando mai mio fratello voleva trasgredire le regole.

<<Non voglio di certo che a ventitrè, quasi ventiquattro, anni mia madre mi controlli la vita, e non penso che nemmeno a te a diciassette, quasi diciotto, lo tolleri.>> mi spiegò lui ridendo per il modo buffo con cui mi ero preoccupata.
<<Quindi visto che lei non vuole sapere la nostra opinione su questa sua malsana idea, la sola soluzione è quella di scappare e goderci le ultime settimane d'estate come si deve dato che poi per te inizierà la maturità e io ho intenzione di... beh, ecco... sposare Bianca.>> continuò lui.

<<Cosa?! Ale ma che ti prende stasera?! Mi stai sbalordendo fin troppo! Cazzo, finalmente hai deciso di sposare Bianca! Sono al settimo cielo per te!>> risposi io scioccata.

Bianca e mio fratello si erano conosciuti esattamente nello stesso periodo che io conobbi Niccolò, avevano la stessa età e anche loro erano in vacanza come perfetti sconosciuti, non appena i loro occhi si scontrarono, fu l'ascesa dei fulmini nei loro cuori e non riuscirono più a staccarsi. Anche se erano passati circa solo quattro anni dal loro fidanzamento e dopo i moltissimi alti e bassi, finalmente quel testone di mio fratello aveva deciso di sposarla e io non potevo non essere felice per lui.

<<Considera queste settimane come se stessimo facendo il mio addio al celibato.>> disse poi lui sorridente.
<<Ne sei sicuro?>> li chiesi poi con il filo più sottile di razionalità che mi era rimasta.
<<Sicurissimo come la notte che ho deciso che era il momento di sposarmi.>> rispose lui ridendo felicemente.

<<Allora... facciamolo.>> fu l'ultima mia parola prima di correre assieme a lui giù per le scale come se davvero fossimo due ladri che avevano appena rapinato la più importante fra le banche del mondo.
In un lampo, spalancai la porta di ingresso e Alessandro afferrò le chiavi della macchina di Trevis e come due fulmini, ci piombammo dentro quella vettura e sfrecciammo il più lontano possibile da quella casa vacanza che era ormai troppo stretta per noi due.

...  

Comunque vada, con te. ||Ultimo||Where stories live. Discover now