Capitolo 18.

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Just stop your crying
It'll be alright
They told me that the end is near
We gotta get away from here.
-H. Stiles, Sign of the time.

.

<<Dio ti ringrazio! Caren! Ti prego scusami per quello che é successo! Non me lo perdonerò mai!>> continuava a ripetermi mia madre mentre io avevo lo sguardo e la testa persa ancora alla preoccupazione di Niccoló.

Ero riuscita a far spaventare una persona che non si meritava una sensazione simile per niente al mondo.

Che disastro che ero...
Come poteva ancora starmi vicino?

E poi quelle sue braccia attorno al mio piccolo corpo, Dio solo sapeva quanti brividi avevo avuto in quel momento.

<<Caren! È anche colpa mia se ti ho portato al punto di andartene da casa! Sono mortificato!>> esclamava Trevis abbassansosi alla mia altezza.

Sentivo anche voci di Danny, dei suoi genitori, di mio fratello e ancora di mia madre ma io non capivo proprio niente in quel preciso momento.

Fissavo il vuoto facendo finta di guardare un punto definito del corridoio di ingresso, ma invece io non ero per niente presente in quella stanza.

<<Caren... dii qualcosa...>> fece poi mio fratello portando una mano sopra la mia spalla facendomi quasi sobbalzare dato che ero in sovrappensiero.

<<Io... sono stanca, voglio andare a dormire.>> uscì infine finalmente qualcosa dalla mia bocca.
Tutti quanti mi fissarono e poi vidi qualche testa annuire così mi limitai subito dopo a salire solamente le mi scale ancora con la testa persa fra mille pensieri e così duró fin quando non arrivai nella mia stanza.

Non appena arrivai al mio letto e mi sedetti rivolta alla finestra del mio balcone e fissai la casa di Niccoló, scoppiai in un pianto che avrebbe fatto paura a chiunque.

Singhiozzi interminabili che mi toglievano il respiro a momenti, non riuscivo nemmeno a vedere bene dato che i miei occhi erano gonfi di lacrime che scendevano incessantemente dalle mie guance rigandole come se fossero carta vetrata.

E più i singhiozzi aumentavano e il respiro mancava, più sentivo anche il bisogno estremo di urlare, urlare più che potevo, urlare a più non posso, urlare così tanto da far tremare le pareti di quella maledetta casa.

Sentivo la necessità di urlare così forte che anche mio padre, in chissà che parte del mondo si trovasse in quel momento, mi avrebbe sicuramente sentita.

Volevo urlare a tutti che in realtà, la dolce Caren, nessuno l'aveva mai capita.
Che ci erano voluti esattamente quasi diciotto anni per poter trovare qualcuno che la facesse sentire viva, veramente a casa sua, perfettamente a suo agio.

Ci erano voluti quasi diciotto anni e uno sconosciuto a poter capire che la vita che stavo facendo, prima di incontrarlo, era totalmente sbagliata alla mia età.

A quasi diciotto anni non avevo ancora dato il primo bacio e questo perché mi avevano da sempre protetta.
Ma troppa protezione mi aveva fatto male, mi aveva tenuta in gabbia e mi aveva portato alla completa pazzia.

La dolce Caren non era mai esistita, forse nemmeno la vera Caren. Ero solo stata una fotocopia di un qualcosa che doveva essere impeccabile e perfetto.

Quello che erano riusciti a costruire di me, mi faceva schifo perchè non era quello che sarei voluta diventare, non era quello che ero già diventata.

Succede così quando ti tappano le ali fin da piccola e ti ritrovi a fare sempre ciò che ti dicono.
Hai idee per la tua testa, cerchi di fare sempre come vuoi tu ma non ci riesci mai e le tue idee rimangono idee senza diventare fatti.

Mi avevano cosrretta a fare tutto ciò che non avrei voluto mai fare, mi avevano perfino costretta ad amare chi non volessi.
Tutti erano da sempre riusciti a manipolarmi come un burattino a volte senza che nemmeno me ne rendessi conto.

E si, ho provato fino allo svenimento a ribellarmi, ma tutti avevano avuto sempre la meglio.
E poi, quando quella sera riuscì a scappare e per la prima volta, ad avere una parvenza di vittoria, ecco che in un lampo, mi ripresero e mi riportarono dentro la mia gabbia.

Desideravo così tanto volare e andare via.
Perché nessuno riusciva a capirlo?
Perché nessuno si accorgeva della mia immensa tristezza che provavo nel tenermi chiusa in quella gabbia?

<<Wendy, non piangere.
Vuoi volare con me?>>

...

Comunque vada, con te. ||Ultimo||Where stories live. Discover now