Capitolo 22

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-Ho paura che Yoongi abbia smesso di amarmi.- Gli occhi di Jimin si spalancarono a quelle parole e si voltò di scatto verso il suo migliore amico. -Cosa stai dicendo?- Domandò sorpreso. Come poteva solo pensare una cosa simile? L'espressione di Jungkook era triste. Sospirò e si sdraiò su di un fianco, ritrovandosi faccia a faccia con il corvino. Quest'ultimo gli scostò dolcemente una ciocca ribelle dalla fronte. -Non ci vediamo mai, ha sempre un atteggiamento distante. Non so cosa pensare.- Sussurrò. - Jungkookie, non ricordi forse gli anni del liceo? Noi eravamo soltanto delle matricole, mentre mio fratello frequentava l'ultimo anno. Non dimenticherò mai la sua espressione la prima volta che ti vide. I suoi occhi non avevano sorriso a quel modo a nessuno, nemmeno a me. - Il castano chiuse gli occhi e viaggiò con la mente. Si ritrovò nei corridoi del loro liceo, il viso smarrito mentre osservava quella moltitudine di studenti a lui sconosciuti. Poi, come fosse un'apparizione, scorse un ragazzo dai capelli corvini e dalla pelle diafana che lo osservava con occhi penetranti. Jungkook venne colpito da tanta bellezza. Non riuscì a staccargli gli occhi di dosso, finché lo sconosciuto non scomparve tra gli studenti. -Lo ricordo bene.- Disse. Eppure quella sensazione che qualcosa non andasse, non lo abbandonava. D'altro canto, Jimin stava morendo dalla voglia di rivelargli la verità, ma non stava a lui farlo. Con un sorrisetto gli arruffò i capelli e gli disse di non preoccuparsi, che tutto si sarebbe risolto. Il giovane sorrise riconoscente e nascose il viso nell'incavo del collo del maggiore. L'improvviso vibrare di un telefono catturò l'attenzione del corvino, il quale lo afferrò per passarlo a Jungkook ma non appena vide il suo nome lampeggiare nella schermata, il suo corpo s'immobilizzò. Il suo cuore cessò di battere. Non può essere vero. Si alzò di scatto e gettò il cellulare sul letto. Le sue mani tremavano. Jungkook lo guardò preoccupato. -Hyung, che succede?- Chiese. Ma le parole non avevano alcuna intenzione di uscire dalle sue labbra. -Tu sei in contatto con...Lui?- Sussurrò. Il volto del minore si trasformò in una maschera di terrore. Il cuore gli batteva a mille. -Jimin...- La sua voce si affievolì. -Lui... Vuole solo sapere se stai bene.- Mormorò. Il corvino però scosse la testa e lasciò la stanza, correndo giù per le scale. Avvertiva una mano invisibile che gli stringeva la gola in una morsa ferrea. Non riusciva a respirare. In lontananza udì la voce del suo migliore amico chiamarlo, ma Jimin desiderava soltanto raggiungere il suo appartamento, chiudere gli occhi e lasciare che quel sordo dolore al petto cessasse.








Taehyung si risvegliò in un luogo che odorava di spazzatura e pioggia. Il suo corpo era disteso su un materasso sgangherato con segni di usura. La sua testa pulsava dolorosamente e non ricordava nulla delle ultime ore. Una folta chioma bionda entrò nel suo campo visivo ed il viso della ragazza che aveva seguito lo osservò con espressione birichina. -Sei vivo allora.- Commentò sarcastica. La vista di Taehyung era sfocata, il mondo intorno a lui vorticava. Cosa gli era successo? Si guardò intorno ed inorridì. Era finito nel quartiere più malfamato di Tokyo. -Perché mi trovo qui?- Domandò con voce roca. Si passò una mano tremante sul viso, tentando di schiarirsi le idee. -Ti sei divertito un po'.- Rispose la ragazza. Divertito? -Hai danzato con noi, riso davanti al fuoco. Eri libero.- Gli occhi del giovane si spalancarono a quelle parole. Fiamme morenti ardevano in un angolo del vicolo. Alcuni ragazzi se ne stavano seduti davanti al falò, tentando di scaldarsi almeno un po'. Erano tutto vestiti di nero, i capelli tinti dei colori più disparati e piercing ad adornare i loro visi pallidi e scarni. Come aveva fatto a finire in quel posto? Sua madre doveva essere preoccupata. Fece per alzarsi ma le forze lo abbandonarono. -C'è qualcuno che vorrebbe vederti, ragazzino.- Disse la donna. -Chi?- Sussurrò il giovane. -Seguimi. A lui non piace perdere tempo.- Due ragazzi lo afferrarono per le spalle e lo misero in piedi, per poi scortarlo fuori da quel vicolo. Taehyung avvertiva la testa pesante, le gambe si muovevano a malapena. Lo avevano forse drogato? Era la sua fine? Lo scortarono per le strade deserte della capitale. Il sole stava lentamente sorgendo sopra gli alti palazzi. La stretta del ragazzo alla sua sinistra era ferrea. Non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andare. La ragazza capeggiava il gruppo, i suoi lunghi capelli splendevano nei raggi del sole nascente. -Dove stiamo andando?- Domandò. Non ottenne alcuna risposta. Alla fine si arrestarono dinanzi un locale fatiscente che presentava segni di ruggine e muffa. Taehyung arricciò il naso a quella vista. L'insegna illuminata solo a metà, recitava: Bloodymoon. Il giovane credette fosse abbandonato, ma quando la donna spalancò la porta, il locale pullulava di persone. Lei lo prese per un braccio ed insieme si fecero strada in quel posto. Erano soltanto le prime luci del mattino e c'era gente che tracannava una bottiglia di birra, come se fosse appena calata la sera. La musica assordante gli martellava in testa e Taehyung si scontrò con un uomo corpulento, il quale fece per tirargli un pugno ma che si fermò in aria. Il suo sguardo d'apprima minaccioso, divenne intimorito. Il ragazzo gli rivolse uno sguardo sbigottito ma venne trascinato via. Poco dopo si fermarono dinanzi una porta laccata di un rosso scuro, presidiata da due guardie vestite di nero. La ragazza che era con lui fece per parlare ma i due dopo aver lanciato un'occhiata a Taehyung, li lasciarono passare. Cosa stava succedendo? Il suo stomaco si contorse dalla paura. Fecero il loro ingresso in una stanza poco illuminata, dove vi erano una scrivania con tre poltrone. La parete di destra era stata arredata da un piano bar colmo di bevande e calici di cristallo. Lo scricchiolio della poltrona che si voltava, catturò l'attenzione di Taehyung. Il suo sguardo seguì la fonte di quel rumore ed il respiro gli si spezzò in gola. Chiuse gli occhi e poi li riaprì. Era davvero la sua fine.











Quando Hoseok tornò a casa, trovò Jimin intento a cucinare la cena. La giornata era trascorsa in fretta. Da quando aveva accettato il lavoro come istruttore di danza per i trainee nella bighit, non passava più molto tempo a casa. -Sei tornato.- Jimin gli venne incontro e lo aiutò a togliere la giacca e la sciarpa. In quei giorni Seoul era gelida. Le dita gentili e calde del corvino gli accarezzarono la pelle del collo e dei brividi percorsero la schiena del ragazzo dai capelli rossi. Era così vicino che poteva ammirare il piccolo neo sulla fronte liscia come seta e pallida come la luna. Il tempo parve fermarsi. Il minore lo osservava con occhi profondi. Era così bello. Le sue labbra sussurrarono il suo nome con dolcezza. Jimin si avvicinò fino ad azzerare la distanza tra i loro corpi. Le loro labbra si toccarono e Hoseok credette di star vivendo un sogno. Le labbra di Jimin erano timide e calde sopra le sue, fredde e screpolate. La sua mente esplose di ricordi. Il loro primo bacio, il loro primo appuntamento, quando gli aveva rivelato i propri sentimenti, in un luminoso giorno di Agosto. A quel tempo Jimin era un ragazzo così spensierato e gioioso e lui lo amava con tutto se stesso. Non aveva mai smesso di farlo. Il corvino si staccò lentamente, gli occhi chiusi. Fa male, sussurrò il suo cuore. Lo so, mormorò la sua anima. Eppure Jimin aprì gli occhi, sorrise e prese per mano Hoseok, guidandolo in cucina. -Ho preparato i tuoi piatti preferiti.- Gli disse. Il suo cellulare vibrò sopra il ripiano del tavolo ma il ragazzo non lo afferrò. - È Jungkook, non rispondi?- Disse Hoseok, sbirciando lo schermo. -No.- Rispose Jimin, il sorriso stampato in volto ed il cuore che stillava sangue.

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