Capitolo 33

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Prima di avvicinarmi a lui, mi voltai verso gli altri, e il mio sguardo incrociò quello di Biondo, che mi fece un cenno, come per darmi il consenso per andargli a parlare. La cosa, anche se banale, mi fece prendere un po' più di coraggio, anche perché avere l'appoggio del proprio ragazzo fa sempre piacere ed è utile.

Mi riempii i polmoni d'aria e sfregandomi le mani per l'ansia, dato che non era un argomento piacevole, anzi, era parecchio imbarazzante, mi incamminai verso di lui.
Fece finta di non vedermi, lo capii dal fatto che ero praticamente di lato a lui, e stava tranquillamente fumando la sua sigaretta.
Decisi di rompere quel silenzio, perché se avessi aspettato che lo facesse lui, sarei diventata vecchia.
<Irama scusami, possiamo parlare?>, chiesi, assumendo una voce tranquilla e pacata.
Non ricevetti risposta, solo uno sbuffo infastidito.
Spense abbastanza innervosito la sigaretta sul posacenere, che per poco non fece cadere, e si voltò verso di me.
Alleluia.

<Che c'è sentiamo>, mi rispose sgarbato.
Io mi sorpresi perché non mi mai risposto così, è sempre stato molto gentile e disponibile.
La sorpresa si tramutò in rabbia. Voleva giocare? Bene, allora giochiamo.
Uo, cattivissima.

<Beh senti, se devi parlarmi così, allora vattene a fanculo. Volevo solo essere gentile>, gli risposi, con lo stesso tono che lui aveva usato poco prima nei miei confronti, e me ne andai scazzata. Non gli diedi il tempo di rispondere, per me la conversazione era finita lì. O cambiava atteggiamento, o veniva lui in cerca di me, non ho tempo da perdere.

Colma di frustrazione, tornai in casetta, ma poco prima che io potessi varcare il tappeto, sentii che qualcuno mi prese per il polso, ma non in modo brusco, bensì molto delicato.
Era Irama ovviamente, chi sennò?
Appena mi voltai lui lasciò subito la presa e si avvicinò al divano sotto al portico.
Io lo seguii, ansiosa di sentire una sua spiegazione. Rimase un po' in silenzio, guardando in basso, per poi proferire parola:
<Ti chiedo scusa per il mio comportamento, è che sono molto stanco e non è una bellissima giornata per me>, si scuso con voce pentita.

La rabbia sparì, lasciando spazio alla compassione.
<Stai tranquillo, non fa nulla>, lo confortai.

<Riguardo a quello che è successo poco fa, mi spiace veramente tanto. Non so che mi sia preso, sarò diventato matto, ma non so spiegarmelo nemmeno io. Ti chiedo solo di perdonarmi>, mi implorò. All'ultima parola, alzò lo sguardo verso di me, pentito.
Come ben sapete io ho il cuore buono e perdono facilmente tutti, e mi fido altrettanto facilmente.
Lo abbracciai subito, senza dargli risposta. Lui ricambiò e mi sussurrò nell'orecchio:
<Ti ringrazio, sei una vera amica>, stringendo di più l'abbraccio.
Gli accarezzai un po' la schiena e dopodiché entrammo in casetta ridendo e scherzando, tenendoci a braccetto.
I miei compagni ci guardarono velocemente, per poi riprendere ciò che stavano facendo.
Solo Biondo continuò a guardarci, cercando il mio sguardo, e quando lo trovò comparve sul suo volto un sorriso soddisfatto.
Anche io lo ero, adoro far pace con le persone, specialmente se sono importanti per me, ed Irama lo era. Ci avvicinammo a Biondo e iniziammo a parlare, come facevamo prima del serale e nella settimana successiva. Amavo e amo tutt'ora il risposto che si è creato tra di noi, siamo una piccola famiglia.
Penso che la mia vita sia al completo ora, ho un ragazzo fantastico, che amo follemente e non lascerei per nulla al mondo, sto inseguendo il mio sogno, che è una continua salita verso l'alto, e i miei migliori amici, Irama, Lauren e Valentina. Ovviamente non mancano anche gli amici più speciali, ovvero coloro con cui ho condiviso questa esperienza.

Dopo un po' che stavamo parlando, iniziai a sbadigliare, segno che era giunta l'ora di andare a dormire. Così salutai tutti, e gli diedi la buonanotte, prima di avvicinarmi al mio dolce letto.
Frugai nelle tasche della giacca che stavo indossando per controllare di non aver lasciato nulla, quando le mie dita sfiorarono un pezzo di carta. Il primo pensiero che mi saltò alla mente fu che fosse uno spartito di una canzone, che mi ero portata via per ripassare prima del serale, e non ci feci molto caso.
Ma quando lo vidi sul tavolino, mi venne un mezzo infarto, così rimisi la mano in tasca e lo tirai fuori.
Da Daniele, per Emma.

(Preparatevi perchè ci saranno regali da tutti)

Ci uniscono quattro muraWhere stories live. Discover now