26 Parrish

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Nel momento esatto in cui le braccia di Morfeo mi stanno attirando verso di lui, qualcuno decide di suonare il campanello. Tempismo perfetto.

Contro voglia mi alzo e inizio a correre per arrivare il prima possibile alla porta, o meglio che prima uno dei gemelli si svegli per poi venirmi a rompere i coglioni perché non riesce a dormire.

Non ho bisogno di accendere la luce del salotto perché le luci della città illuminano tutto. È un panorama mozzafiato, sono molto fortunato a vivere in questo appartamento.

Quando apro la porta, mi ritrovo Alexandra Clark in lacrime, le mani sulle ginocchia mentre cerca di riprendere fiato. È tutta bagnata a causa della pioggia. Ecco cosa mi stavo dimenticando di dirvi, siamo dovuti tornare prima dalla festa perché ha iniziato a diluviare in una maniera incredibile. Pochi minuti prima c'era un caldo che spaccava le pietre, poi dal nulla arrivano le nuvole piene di pioggia. Forse per questo che i meteorologi dicono che il tempo è improbabile.

Tornando a noi, il bellissimo viso di Alexandra è rigato di mascara, gli occhi gonfi, il rossetto tutto sbaffato e quando abbasso lo sguardo mille brividi mi attraversano il corpo. Ha le ginocchia insanguinate. Rimango senza parole nel vederla in quello stato.

«Parrish... aiutami...» sussurra e io devo avvicinarmi di più a lei per sentire quello che ha da dirmi. Bastano quelle poche parole per farmi "accendere" dentro di me dei campanellini. La prendo delicatamente per mano per poi attirarla tra le mie braccia al sicuro nel mio appartamento.

«Stai bene?» le chiedo affondando il viso nei suo capelli.

Annuisce senza staccarsi dal mio petto, ma continua a piangere. È molto chiaro che non sta bene. Qualcuno le ha fatto qualcosa, ma vi posso garantire che appena scopro chi è stato per lui sarà la fine.

«Piccola vieni con me», le sussurro dolcemente accarezzandole i capelli e dandole un bacio sulla fronte. «Vuoi che ne parliamo?».

Lei annuisce mentre l'aiuto a sedersi sul divano stando attento a non farle male. La lascio li mentre vado in bagno a prendere la trouse di primo soccorso e nell'armadio cerco dei vestiti che le possano andare bene.

«Jordan?» mi chiamo cin un filo di voce. È abbastanza evidente che ha urlato e pianto per tutto il tragitto fino a casa mia.

«Alex... cosa ti è successo?» le chiedo molto dolcemente, e lei ricomincia a piangere. Metto un po' di disinfettante su un batuffolo di cotone per poterle medicare le ferite sulle ginocchia e anche quelle che si è procurata sul palmo delle mani.

«Il mio fidanzato... anzi ex fidanzato», risponde con voce rotta, e io mi irrigidisco.

«Il tuo ex? Cosa ti ha fatto?» dico sentendo montare la rabbia dentro di me. «Alex, per favore, se vuoi che io ti aiuti mi devi dire cosa ti ha fatto quello stronzo».

Scuote la testa, così le prendo il viso tra le mani in modo che mi guardi. Mi ci potrei perdere in quei bellissimi occhi che ha. «Facciamo così, non sei obbligata a darmi una risposta immediata, fallo quando te la sentirai», dico dandole un bacio sulla fronte.

«Okay».

Io vado in cucina a buttare via le garze insanguinate, mentre lei resta in salotto da sola a cambiarsi. Colgo l'occasione di essere in cucina per poterle preparare una camomilla. Dato che ci sono ne faccio una anche per me, mi ci vuole proprio.

Con la coda dell'occhio intravedo Alexandra mentre si sfila delicatamente il vesti azzurro, lo stesso vestito che indossava al nostro primo incontro. In altre circostanze mi sari fatto tante fantasie, di cui non vi posso parlare. Ma non adesso, non era il caso, non quando lei sta così.

Sto versando l'acqua bollente nella tazza e nello stesso preciso istante lei si avvicina in punta di piedi per poi sedersi sulla sedia del bancone.

«Grazie», sussurra bevendo un sorso quando le metto la tazza tra le mani. Involontariamente le nostre dita si toccano, e non posso fare a meno di sentire quanto sono fredde. «Scusami se mi sono presentata a casa tua nel bel mezzo della notte, oppure dovrei dire mattinata, e soltanto che non conosco un posto più sicuro di casa tua in questo momento». Ad ogni parola che scandisce, sembra che la sua bellissima voce sia tornata quella di prima.

«Da chi stai scappando?» dico entrando automaticamente nel ruolo di vice-sceriffo. Il mio lavoro mi obbliga a stare in allerta, anche se non sono in servizio. Come poliziotto, devi fare di tutto per proteggere le persone innocenti da certi mostri.

Beve un'altra sorso. «Te ne parlerò domani mattina, ma prima mi devi promettere una cosa». Scuoto la testa , e le faccio cenno di continuare. «Promettimi che se ti parlo di quello che mi è accaduto, subito dopo non vai di corsa dalla polizia. Sto cercando di evitare certe situazioni».

Un sorriso mi compare sulle labbra. «Alexandra, al momento non ti posso promettere questa cosa e poi ti ricordo che tu in questo momento stai parlando con la polizia», dico facendole comparire l'ombra di un sorriso sulle labbra. «Se sarà necessario coinvolgere i miei colleghi lo farò, se non sarà necessario cercherò io di risolvere la situazione».

Annuisce poco convinta.

Finiamo di bere la tisana in assoluto silenzio mente continuiamo a guardarci negli occhi. Non riesco a togliere lo sguardo per il semplice fatto che i sui occhi sono i più belli che io abbia mai visto, sono come delle calamiti per me. Potrei restare in quella posizione per ore senza nessun problema.

«Alexandra, scusami tanto ma io dovrei andare in bagno», le dico mettendo la tazza nel lavello.

«Se per te non c'è nessun problema, potrei guardare la televisione?» domanda timidamente. «Mi aiuta a distrarmi e a non pensare più a certe cose».

Le sorrido. «Certo che puoi guardare la tv, ma preferibilmente quella in camera mia. In questo momento ho degli ospiti che rompono molto se qualcuno interrompe il loro "sonno di bellezza"»

«Okay», ridacchia.

La accompagno in camera e prima di andare in bagno le passo il telecomando. Resto per alcuni minuti immobile, davanti allo specchio, mentre continuo a guardare il mio riflesso.

Negli ultimi anni ho sempre fatto molta fatica a guardarmi allo specchio per paura che mi possa mostrare i più terribili ricordi della mia vita, come succede nei film.

Alexandra si è addormentata nel mio letto. La preoccupazione che aveva fino ad pochi minuti fa sul volto, sembra essere sparita. È girata sul fianco destro, verso la finestra, con le mani appoggiate sotto la testa.

Per paura che possa prendere freddo, prendo una coperta leggera e gliela appoggia sul corpo. Spengo la tv, appoggio il telecomando sul comodino, e prima che me ne torno in soggiorno la sua mano afferra la mia.

«Puoi... puoi restare con me questa notte?» sussurra molto piano.

«Si». La abbraccio e lei appoggia la testa sul mio petto. È molto strano per me dormire con un'altra persona accanto a me, ma al momento sembra molto confortante.

Finalmente, dopo quasi venti ore da quando non chiudo occhio, posso dormire anche io.

Let Me Love You 2//Theo RaekenDonde viven las historias. Descúbrelo ahora