22 Emily

365 30 2
                                    

«Ci avete praticamente buttato giù dal letto contro la nostra volontà, ci siamo dovuti cambiare i vestiti perché ovviamente non potevamo uscire in pigiama, ci avete portato in macchina dove fortunatamente sia riusciti a dormire ancora trenta minuti, e tutto questo per ritrovarci in un parcheggio vuoto alle otto di mattina», dice urlando mio fratello Ryan appena scende dalla macchina di Theo. «Spero che ne sia valsa la pena portarci in questo posto sperduto, se no ve la dovrete vedere con me».

Theo e Abby ci guardano per poi scoppiare a ridere. A quei due ci si aggiunge anche Daniel, prima squadrandoci da capo a piedi e poi inizia a ridere come se avesse visto un film comico.

«Non c'è niente di divertente in questa situazione», mormoro indossando la felpa con la zip che mi porge Ryan dato che sto iniziando a congelare. Il parcheggio in cui ci troviamo si trova accanto al mare e soffia un ''leggero'' venticello.

«In realtà possiamo ridere quanto ci pare. Uno: non vi siete accorti che ci troviamo in un bellissimo posto, soprattutto grazie ai nostri genitori che hanno organizzato tutto. Grazie per tutto mamma e papà. Ma soprattutto grazie signori Jackson», dice Theo urlando così forte il loro nome da farli girare verso la nostra direzione. Poi, non c'era neanche bisogno di urlare dato che la loro macchina è parcheggiata accanto alla sua. «Due: è stata una loro idea venirci perché volevano passare una giornata tutti insieme. Tre: sono ormai due giorni che vi parliamo di una sorpresa che hanno organizzato i nostri genitori».

Abby lo ferma, prima che possa dire il motivo numero quattro. «Quattro: dobbiamo almeno ringraziare le nostre mamme e papà. È il minimo che possiamo fare, quindi smettetela di lamentarvi perché non siete riusciti dormire per qualche minuto in più», dice. «Quindi adesso ci muoviamo e andiamo ad abbracciarli, uno ad uno».

A testa bassa mi incammino verso i miei genitori e verso i Raeken, per poi abbracciarli uno ad uno.

Papà appoggia le sue braccia sulle mie spalle e su quelle di Ryan. «Forse ho trovato il modo di svegliare i miei figli, visto che questi due qui sembrano degli zombi».

Ci incamminiamo verso l'uscita del parcheggio, fino a quando papà non mi mette una mano davanti agli occhi. «Appena vi toglierò le mani dagli occhi capirete subito il posto in cui ci troviamo, per adesso vi dico che ci venivamo spesso quando voi eravate piccoli».

Quando toglie la mano, davanti a me si estende la famosissima strada pedonale nel centro di Santa Monica, la Third Street Promenade. È la più grande strada pedonale di tutta l'area metropolitana di Los Angeles con i suoi negozi, cinema e ristoranti. È anche considerata una delle principali vie dello shopping, ma è bellissima anche grazie ai numerosi artisti di strada che ci sono.

Mi lascio sfuggire una piccola esclamazione di sorpresa. «Camminando verso destro per altri cinquecento metri, forse anche di meno, possiamo arrivare tranquillamente al Pacific Park di Santa Monica», dice mio fratello.

«Esattamente, ed è lì che andremmo questo pomeriggio», risponde papà. «In poche parole cercherò di esporvi il nostro programma per oggi. Voi ragazze potrete tranquillamente andare a fare un giro tra i vari negozi qui intorno, e per la felicità dei ragazzi ci sono quasi duecento negozi. A pranzo decidete voi dove andare, e noi vi raggiungiamo. 
Noi, inteso come io, la mamma, Cassandra e John. Successivamente possiamo andare al Luna Park e rimanere fino alle undici di sera. Detto questo divertitevi, e ci vediamo dopo».

«A dopo».

Detto questo Abby mi prende sottobraccio e inizia a trascinarmi da un negozio all'altro, il che equivale a due ore di allenamento in palestra insieme a Theo e mio fratello.


All'una ci troviamo tutti e cinque seduti ad un tavolo ad un ristorante di sushi, mentre stiamo aspettando anche i nostri genitori che arrivino. Alla fine hanno deciso di pranzare con noi al posto di mangiare un hamburger o un hot dog da un camioncino posizionato sul ciglio della strada.

«Io ancora non ho capito come tu sia riuscito a mangiare così tanto sushi, io sinceramente sono scoppiata dopo neanche tre piatti», dico a Theo che imbocca l'ultimo pezzo.

«Beh, ho bisogno di proteine e carboidrati dopo che mi avete trascinato tra così tanti negozi», risponde con la bocca piena. «Sinceramente preferisco andare in palestra al posto di fare un'altra maratona di shopping».

Manca poco prima che gli salti addosso per poterlo strozzare.

«Bene ragazzi, spero che il pranzo vi sia piaciuto ma adesso sarebbe meglio se ce ne andiamo se non vogliamo fare tutta quella fila per poter entrare al Luna Park», dice papà. «Ma prima di andare andiamo a mettere le compere che abbiamo fatto nelle rispettive macchine».


Per prima cosa andiamo sulle montagne russe, successivamente Theo mi prende per mano per potermi portare ai giochi dove devi cercare di colpire le lattine con le palline di plastica dentro una pistola. Ci ho giocato anche io, e ho ceduto i punti che ho vinto a Theo che continuava a insistere.

«Ecco, questo è per te!» mi dice porgendomi un grandissimo orsacchiotto bianco, con gli occhi azzurri, intorno al collo ha un fiocco azzurro e le zampe hanno la forma di un cuore. Non quell'orsacchiotto che è grande il doppio della tua altezza, bensì quello che ha più o meno un metro e venti d'altezza.

Presa dall'emozione mi fiondo sulle sue labbra. «Ti amo tantissimo occhi azzurri», dico dopo che ci stacchiamo perché ci manca l'aria.

«Wow, se per ottenere un altro tuo simile bacio allora dovrò venire più spesso al Luna Park», dice dandomi un ultimo bacio per poi scoppiare a ridere. Contagia subito anche me. «Andiamo a fare un giro, perché sono molto sicuro che non ci faranno salire sulle montagne russe con un orso gigante, oppure ci faranno pagare un biglietto in più».

Il resto della serata l'abbiamo passata seduti ad un tavolo di un bar, che faceva degli ottimi milk-shake a scambiarci qualche bacio e a parlare delle cose più inutili in questo mondo.

«Emily per domai sera non prendere nessun impegno, perché ho l'intenzione di portarti ad un appuntamento», dice Theo mentre usciamo dal bar. Ovviamente ho accettato subito.

Avreste dovuto vedere la faccia di mia mamma, quando ci siamo rincontrati tutti al parcheggio verso le undici. «Dove pensi di mettere questo coso?»

«In camera mia», rispondo abbracciando Theo mentre lui con il braccio destro tiene l'orsacchiotto. 

Let Me Love You 2//Theo RaekenDär berättelser lever. Upptäck nu