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~ Ascensore ~

Chiusi gli occhi quando le mie spalle aderirono alle pareti dell'ascensore, ero esausta di tutto ciò che mi circondava, esausta di respirare, era diventato tutto così tedioso

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Chiusi gli occhi quando le mie spalle aderirono alle pareti dell'ascensore, ero esausta di tutto ciò che mi circondava, esausta di respirare, era diventato tutto così tedioso. Sentii il respiro mancarmi nei polmoni e automaticamente slacciai il primo bottone della camicia agitata. Provai a prendere un respiro profondo, al contempo la mia mente tentava di mantenere stabile il mio autocontrollo in bilico.
Nascosi il viso dietro i documenti che tenevo stretti tra le mani e sospirai flebilmente, nello stesso momento una figura slanciata mi affiancò nell'ascensore come ogni martedì sera, il cuore iniziò a battere più veloce, mentre il respiro faticò ancora una volta a fluire nei polmoni.
Alzai gli occhi e notai il completo blu che fasciava perfettamente un corpo fin troppo conosciuto ai miei occhi, una figura in cui mi ero persa spesso a notare ogni minimo dettaglio.
Distolsi lo sguardo quando il ragazzo, nonché CEO dell'azienda, mosse le braccia per poter sistemare i polsini della giacca, spostai l'attenzione sul mio riflesso sbiadito e stanco che si rifletteva poco chiaro sulle porte dell'ascensore che si erano appena chiuse. Sospirai una seconda volta.
Quanto ancora sarei stata destinata ad esistere in quelle spoglie stanche e prive di una qualsivoglia energia o motivazione per vivere oltre la sopravvivenza.
Sentivo di essere guidata da una figura allegorica in un viaggio indesiderato, verso una meta sconosciuta e certamente non gradita, con termini incerti e compromessi troppo azzardati per poterne accettare i rischi.
Desideravo porre fine ad ogni cosa non mi fosse gradita.

«Buona sera» mormorò assonnata la voce del ragazzo al mio fianco, lentamente spostai lo sguardo dal mio riflesso al suo, sbiadito come il mio, esausto nel medesimo modo, ma sempre composto e impeccabile.

«Buona sera» sussurrai in modo impacciato cercando un goffo contatto visivo con il mio interlocutore, nascondeva gli occhi scuri con delle lenti a contatto azzurre, che rendevano i suoi occhi ancora più magnetici e attraenti.

«Ci conosciamo ormai da otto anni e ti vergogni ancora a guardarmi» commentò in modo dolce dandomi una pacca sulla testa in segno affettuoso, sprofondai per l'imbarazzo dietro i documenti e con un movimento veloce della mano pigia sul pulsante che mi avrebbe indirizzato verso il piano terra.
Ogni rumore cessò per qualche secondo di esistere, mentre la sua mano grande e morbida toccava la mia testa e scompigliava la piega liscia che avevo fatto quella mattina.

«per favore, non nasconderti» mi pregò piegando il busto in avanti, con l'ausilio dell'indice e del medio spostò delicatamente i documenti dal mio viso e sorrise.
Aveva il sorriso più dolce e innocente che mi fosse stato concesso di vedere sul viso di un uomo, uno di quei sorrisi che non sembravano conoscere il tormento della vita, il sorriso più sincero e puro che l'animo umano potesse incontrare... quello di un angelo. Automaticamente sorrisi anche io, contagiata da quelle labbra carnose.

«Non lo sto facendo» provai a giustificarmi mentre cercavo di sostenere il suo sguardo troppo vicino, avevo timore a respirare, temevo di corrompere tutto ciò che in lui era candido e incontaminato.

Elevator || JonghyunWhere stories live. Discover now