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Ho un ricordo molto nitido di quel pomeriggio: il ticchettio dell'orologio che mi faceva pressione, il sottile rumore dei nostri respiri, l'odore di pioggia che filtrava dalla portafinestra aperta e gli occhi marroni di mia madre che mi guardavano preoccupati. Odiavo farla attendere, odiavo doverle rivelare quell' amaro segreto, ma odiavo ancora di più doverglielo nascondere.

"Cam..." non riuscivo nemmeno a guardarla negli occhi a causa della vergogna. Eravamo sedute l'una davanti all'altra sul divano da circa 10 minuti. "...ti prometto che non mi arrabbierò"
Una risatina isterica mi uscì dalle labbra, sentivo gli occhi inumidirsi, poco dopo le lacrime si fecero strada fra le mie guance.

"È complicato" le sue dita sulle mie mani disegnavano circonferenza invisibili.

"Lo sai che a me puoi dire tutto"

Mandai giù la saliva con riluttanza, tirai con il naso e alzai il mento.
"È successo tutto ad agosto, alla festa per il mio compleanno" spostai una ciocca di capelli dorata dietro l'orecchio.

"Ero un po' ubriaca, e..." i singhiozzi si fecero più insistenti mentre le parole iniziarono a rompersi a metà. "I-io... io, sono " scossi la testa. Mi girai per prendere la borsa alle mie spalle, da essa sfilai la cartellina bianca.

"Tieni" gliela posi. Lei esitò per alcuni secondi, poi con le mani tremanti l'aprì. Fece passare sotto il suo sguardo attendo ogni singolo particolare del contenuto. Un muro di parole non dette e discorsi andati in frantumi si imposero tra di noi.

"Ti prego.." mi asciugai le lacrime con il dorso della mano "di qualcosa"

Scosse la testa e si inumidì le labbra
"O mio dio" sussurrò lei senza staccare gli occhi dalle ecografie "che cosa ho fatto?" Cercò di trattenersi dal piangente, ma invano.
E fu in quel momento che capì: era delusa, ma non da me. La sua unica figlia stava per avere un bambino. La sua unica figlia era incinta di un ragazzo irresponsabile. La sua unica figlia era troppo piccola per avere quel peso sulle spalle. La sua unica figlia era indifesa di fronte alle critiche degli alti. La sua unica figlia aveva commesso lo stesso identico errore della madre. Era delusa dei suoi insegnamenti, dal modo in cui mi aveva educato e dagli errori che non era riuscita a farmi evitare.
In quel momento, sul divano insieme a lei, non c'ero più io, bensì una Caroline Clarke di 17 anni prima.

Stavo per rassegnarmi all'idea che sarebbe rimasta immobile per la sucessiva mezz'ora, ma proprio in quel momento due lunghe braccia mi circondarono le spalle.

"Tesoro" la sua mano tra i miei capelli spettinati spingeva il mio viso sulla sua spalla. "Risolveremo tutto"

"Ho paura mamma" le sue braccia in quel momento erano il rifugio più bello e confortevole che io potessi desiderare.

"Dimmi che sai chi è il padre" mi staccai da lei. La guardai con uno sguardo da cane bastonato "so chi è il padre" Abbassai nuovamente la testa

"È Dylan, non è così..." per quanto in quel momento avessi voluto annuire per nascondere una realtà amara, mi costrinsi a cedere alla verità.
"Non dirmi che è..." i suoi occhi saettarono subito verso l'ingresso, seguì la direzione di essi voltandomi.

"Abbiamo vinto solo per un pelo... lo schema di partita deve essere organizzato meglio e..." Colton si immobilizzò davanti al grande divano, il viso paralizzato dalla paura.

"Dovremmo mettere Finn in difesa, mentre Jones lo teniamo in attacco..." Logan entrò dalla porta chiudendola dietro alle sue spalle, arricciò il naso e si avvicinò a me.

"Che sta succedendo..." abbassò lo sguardo fino a vedere le mie ecografie. Spalancò la bocca e indietreggiò di qualche passo.

"Non..." alzai leggermente la testa verso Colton, quest' ultimo ancora paralizzato dallo stupire  "non avreste dovuto finire allenamento alle 5?"
Asciugai velocemente le lacrime con la manica della felpa. Con un gesto rapido misi il contenuto della cartella nella borsa e mi alzai di scatto.

"Che cosa erano quelle cose?" Mia madre, dietro di me, mi mise una mano sulla spalla.

"Logan" lo interruppe lei mettendosi fra me e il mio fratellastro "inanzitutto calmati."

"No finché qualcuno non mi spiaga che cazzo di situazione è questa!" Sbraitò lui gesticolando con entrambe le braccia.

"Sei stato a letto con mia figlia?" Mamma passò subito al punto.
Misi le mani sulla sua schiena, quasi cercassi di trattenerla.
"No mamma" magnifico, stavo piangendo di nuovo.

"Cosa?" Logan, molto confuso, iniziò a connettere tutto ciò che aveva appena visto con quella domanda. Alcuni secondi dopo i suoi occhi si riempirono di stupore e preoccupazione, fu in quel momento che capì tutta la situazione  "Come ti salta in mente che io abbia potuto toccare anche solo con un dito Camille?"

Mamma appoggiò entrambe le mani sui fianchi, segno che era davvero incazzata "abbassa il tono quando parli con me"
Mi misi le mani sulle orecchie, tutte quelle urla mi stavano facendo venire il mal di testa. "Basta vi prego" sussurrai consapevole che nessuno mi stesse dando retta.

"Voglio il nome, Camille." Logan era riuscito a sorpassare il muro creato dall'esile corpo di mia madre.  "Chi è quel figli di puttana?"

"Diamoci una calmata, se andiamo a avanti così non risolviamo un cazzo" osservò mia madre strillando ai quattro venti.

"È quel pezzo di merda di Dylan Hampton, non è così?"

"Ehy!" Mi stupì quando a parlare fu proprio il biondino che fino a quel momento era rimasto del tutto impassibile. I due davanti a me d'un tratto si zittirono. Con passi molto lenti, ma altrettanto decisi Colton fiancheggiò  il suo migliore amico, lo prese per le braccia costringendolo a guardarlo.
In quel momento temetti il peggio: non avevo la minima idea di quali fossero le intenzioni del biondo, ma in ogni caso avevo paura della reazione di Logan una volta scoperta la verità. Beh, ero certa del fatto che gli avrebbe tirato un pugno o sul naso o sull'occhio... o su entrambi.

"Capisco che questa sia una situazione di merda..." mi guardò sospirando, abbassò lo sguardo poi tornò a fissare il moro "ma cazzo, Camille è incinta che tu lo voglia o no... tutti qui in questa stanza sappiamo che le vuoi bene come una sorella, fai bene a rimproverarla, ma guardala..." mi indicò con la mano. Con la velocità di una lumaca ferita all'addome tolsi le braccia dalle mie orecchie, poi strofinai per l'ennesima volta le maniche della felpa sul mio viso.

"La stai distruggendo, non le fa bene tutto questo stress, soprattutto ora che è in queste condizioni"
Rimasi quasi stupita dell'umanità che aveva dimostrato Colton in quel momento.

"Colton ha ragione, Logan" mia madre incrociò le braccia al petto e tornò a sedersi sul divano. "Se lei non ci dice chi è il padre vuol dire che non si fida di noi"

"Cazzo" sussurrò Logan iniziando a camminare per la stanza meditando sul da farsi. "Cazzo, cazzo, cazzo"

Approfittai di quei momenti di distrazione per lanciare un'occhiata riconoscente a Colton, il quale non esitò a ricambiare.

Ad un certo punto la porta d'entrata si spalancò, e la sagoma robusta del signor Reed si precipitò all'ingresso. Poggiò il suo ombrello nel porta ombrelli e si tolse la giacca, poi si guardò in torno.
"Che succede, avete convocato una riunione di famiglia senza il sottoscritto?" No, spiegare nuovamente tutta la storia a Frank era davvero troppo per quel giorno. Scossi la testa, avrei lasciato a mia mamma il compito di dire al padre di Logan dell'arrivo di un nuovo componente.

"Sono troppo stanca, è meglio che io vada a riposare" la mia voce era rauca e spenta, non ne riconobbi nemmeno il suono.

"Aspetta, Camille..." Logan tentò di trattenermi
"Ne riparleremo domani, voglio solo dormire adesso" e come un fulmine mi precipitai in camera mia.

***
Mi sono ammalata, di nuovo. Uffa.
Scusate ancora una volta per il costante ritardo, ma sono piena di verifiche, come immagino tutti voi ahahha.
In ogni caso mi scuso per gli errori che mi sfuggono e auguro a tutti voi un buon fine settimana!

Ps fatemi sapere se secondo voi la storia sta procedendo bene😘

CamiWhere stories live. Discover now