Bellissimo incubo

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Lo studio è deserto, non ci sono neppure le segretarie, al mio arrivo.
A passo deciso mi dirigo verso il suo ufficio, trattenendo a stento la speranza. Non lo posso negare, il pensiero che qualcosa possa essere andato storto e che lui non sia davvero mio fratello, mi ha accompagnata per tutto il giorno.
"Ciao, sono in anticipo, scusami." Esordisco, sulla soglia.
"Non preoccuparti, entra." Si alza e mi viene incontro abbracciandomi stretta.
"Ta-da, ecco qua la cena" alzo l'incarto, mostrandolo con orgoglio.
"Perfetto. Direi di mettere qualcosa nello stomaco e poi procedere, sei d'accordo?" Prende la busta dalle mie mani, sgombera la scrivania e la svuota, posando i vari vassoi sul ripiano.
Mangiamo raccontandoci gli ultimi avvenimenti, che cosa abbiamo fatto in questi anni, dall'ultima volta che ci siamo visti, e quali sono le novità in campo sentimentale.
"Quindi, hai frequentato quel tipo, ma le cose non sono andate bene. Non lo metto in dubbio, non mi sembra granché adatto, da quello che mi hai raccontato." Esprime il suo pensiero con franchezza.
"Non lo era. Ma dimmi di te, una modella? Non l'avrei mai detto." Gli sorrido, anche se la mente è da tutt'altra parte.
"Sai bene che sono un esteta. Avere una donna giovane e bella al mio fianco è un toccasana per il mio ego smisurato." Scherza.
"Questo è vero. Ed è finita, perché?" Non mi interessa affatto saperlo, ma devo mostrarmi un tantino coinvolta, se non voglio indisporlo.
"Perché non eravamo compatibili. A parte il fatto che eravamo troppo occupati con le rispettive carriere, oltre al sesso non avevamo molto in comune, così ci abbiamo dato un taglio." Alza le spalle con indifferenza.
"Le donne saranno felici di saperti di nuovo su piazza." Questo almeno è vero, è decisamente un uomo corteggiato.
"Ho altro a cui pensare al momento. E tu sai quanto sia restio a legarmi ad una persona." Butta il contenitore nel cestino, mi rendo conto di aver a malapena mangiato.
"So che sei tesa e in ansia, non voglio prolungare la sofferenza più del necessario, per cui, ecco, questi sono i documenti." Li estrae da un cassetto e me li porge.
Apro la cartella ed inizio a leggere in silenzio. La prima cosa che vedo è il suo nome: Gemini Liver, modificato poi con James Carter, dato che nessuno doveva risalire alla vera identità, ed infine Dimitri Volchek.
C'è tutto, dall'anamnesi neonatale, al gruppo sanguigno, fino ad arrivare ai documenti della rinuncia materna. Ma la parte più consistente è quella formata dalla documentazione della casa-famiglia, dai vari affidamenti, per finire con quelli dell'adozione da parte dei Volchek.
"Non ti vedo convinta." La mia faccia deve aver parlato al posto mio.
"No, è solo che... beh, lo sai, è dura da digerire." Ammetto.
"Non lo posso comprendere del tutto, non essendoci passato, però voglio dirti questo: vedila come un nuovo inizio, con la persona che più ti è mancata nella vita. Capisco le tue remore, avere per casa un perfetto sconosciuto, non sapendo chi è in realtà e quali siano le sue intenzioni, può turbarti. Ma come puoi ben vedere lui è davvero tuo fratello. In fondo troverai anche una foto."
Faccio come suggerisce ed è allora che vedo. Io e lui, nelle culle, un attimo prima di essere separati per sempre, mentre nonno Charles ci osserva. O meglio, guarda me.
Era bello anche da bambino, con quell'aria rilassata. Ancora inconsapevole di quello che sarebbe successo, di quella che sarebbe stata la sua vita.
Le lacrime scendono senza che possa arrestarle. Il cuore si polverizza dal dolore.
Non avrei dovuto sperare, perché è la cosa peggiore che possa succedere ad un essere umano: vedere le proprie speranze infrante. Ho desiderato così tanto che la verità fosse un'altra, da non chiedermi come avrei reagito se le cose non fossero andate come speravo. E adesso sono spiazzata.
"Adesso vuoi dirmi qual è il vero problema? Perché dopo una rivelazione simile, sapendo quello che hai passato, mi sarei aspettato gioia e non un dolore così devastante." È molto attento, non c'è che dire.
"Storm, sei di famiglia e ti voglio bene, ma ho bisogno che tu mi giuri sul tuo onore che non dirai mai quello che sto per rivelarti." Devo esserne certa.
"Non tradirei mai una tua confidenza. Ho rispetto per Curtis, ma soprattutto tengo a te. Dimmi." Poggia i gomiti sul pregiato legno della scrivania, disponendosi all'ascolto.
"Noi... ci siamo conosciuti per caso. Ci siamo innamorati." Confesso.
"Cazzo." Gli scappa detto.
"Già. Ho pregato che in qualche modo fosse tutta una macchinazione dei miei, venuti a sapere di questa relazione.
Ma di fronte a queste prove, non posso che arrendermi." Cerco in ogni modo di mantenere del contegno, anche se è davvero un'impresa.
"Non ne sapevo nulla. Né Curtis, né Janine hanno detto qualcosa in merito. Deduco che vi sia stata anche una conoscenza, diciamo più profonda, giusto?" Ci arriva subito.
"Sì, è così. Ed è questo lo scoglio insormontabile. Provo disgusto e vergogna per quello che è successo, anche se sono consapevole che non sia colpa mia. Non potevo sapere chi era, ma alla luce dei fatti, avrei dovuto capire che quello che sentivo per lui era un altro tipo di amore. Perché non ho compreso subito chi fosse? Insomma, è la mia metà, avrei quantomeno dovuto avere delle avvisaglie." Cerco in lui la risposta.
"Credo sia molto semplice, l'averti mentito, dicendoti che Gemini era morto, ha spento del tutto quella sensazione di similitudine ed appartenenza, propria dei gemelli.
Devi fartene una ragione anche se non è facile. Non condannarti per qualche cosa che è sfuggita al tuo controllo. Siamo umani, tesoro, commettiamo errori. Ma adesso sai chi è, per cui sta a te impostare le cose diversamente. Adesso sei consapevole, così come sai che continuare una qualsiasi relazione con lui sarebbe un peccato. Prenditi del tempo per guarire, poi, quando sarai pronta, ricomincia a vivere. Magari frequentando qualcun altro."
Sono dei giusti consigli, tra le cui righe noto un avvertimento di tipo legale, peccato che non riesca a seguirli. Non è per niente facile estirpare una persona dal proprio cuore, contando anche quanto fosse profondo il nostro amore.
"Certo, hai ragione. Farò come dici. Adesso vado, ti ho fatto fare tardi e devi riposarti. Ti ringrazio di tutto, davvero."
Un sorriso forzato accompagna il mio commiato.
"Nessun problema, sono qui quando vuoi." Mi raggiunge e mi tiene stretta.
"Fatti sentire ogni tanto, anche solo per farmi sapere come stai, va bene?" Conclude.
"Certo, lo farò sicuramente. Buonanotte Storm." Recupero le mie cose e lascio l'ufficio.
E per ogni passo fatto, un pezzo della mia anima muore.


***  

Le sue urla mi svegliano di soprassalto, riportandomi indietro nel tempo.
Schizzo fuori dal letto, quasi pestando il gatto, comodamente acciambellato sul tappeto.
Entro in camera sua, vedendola smaniare sotto le lenzuola.
"Cristo santo, svegliati!" La scuoto così forte che è un miracolo non le rompa l'osso del collo.
Sbarra gli occhi e si immobilizza.
"Sc-scusami. Io... ho avuto un incubo." Le trema la voce, assieme a tutto il resto.
"Me ne sono accorto. È colpa mia, per le parole che ti ho detto?" Accende la luce e si mette seduta.
"No, tu non c'entri. È stato un sogno strano. C'era un ragazzo chiuso in questa stanza quasi totalmente al buio, se non per un flebile spiraglio di luce. Era legato ad una sedia e costretto a indossare una maschera, un orribile teschio nero. Faceva fatica a respirare, lo sentivo dai rantoli che produceva. Poi, di punto in bianco, dall'oscurità sono uscite delle mani. In ognuna di esse c'era qualcosa di affilato: coltelli, bisturi e addirittura una mazza chiodata. Si sono accaniti contro di lui, che riusciva solo a piangere.
D'un tratto si è liberato le mani, che erano completamente ricoperte del suo sangue e le ha allungate verso di me.
Ha detto: "Salvami, ti prego. Aiutami." Ma per quanto provassi ad afferrarlo, lui scivolava sempre più lontano, mentre io cercavo forsennatamente di muovermi.
Ma la cosa orribile è che per ogni colpo che gli infliggevano, io potevo sentire sulla mia pelle il suo dolore. Come se lo stessero facendo a me. E poi è stato risucchiato dal buio.
Restava solo la sedia vuota, con le corde ai suoi piedi e tutto il suo sangue versato." Rabbrividisce, terrorizzata.
"Okay, è stata una brutta esperienza, molto probabilmente è opera del tuo subconscio, che cerca un modo per elaborare tutto questo casino. Adesso vai in bagno, datti una lavata al viso. Io ti preparo una cioccolata calda."
La lascio sola e vado di sotto a preparare la bevanda.
Ci vuole poco, dato che butto tutto nel microonde. La faccio tiepida, anziché bollente. Salgo di nuovo in camera sua, proprio quando lei esce dal bagno. È pallida, con delle profonde occhiaie e si martorizza le dita delle mani.
"Tieni, ti calmerà un po'." Siede incrociando le gambe e prende la tazza. Beve a piccoli sorsi, tenendo sempre lo sguardo basso.
"Piccola, non puoi continuare così. Ti stai spegnendo momento dopo momento, devi reagire." Cerco di scuoterla, ma è come se provassi a rianimare una bambola di pezza.
"Lo so, non stare in pena. Sono solo scossa per il sogno." Cerca di aggirare, la lascio fare. Opprimerla ancora di più non serve, ne ha già tante per conto suo, come me del resto.
"Okay. Ti lascio riposare, se hai bisogno bussa alla parete, arrivo subito." Mi alzo, ma il suo singulto mi immobilizza.
"Resteresti con me? Ho così tanta paura."
Chiudo gli occhi, devo riprendere il controllo per non farle vedere quanto sia tormentato.
"Ok, fammi posto."
Posa la tazza sul comodino e striscia dalla parte del letto che non è la sua. La imito, stando ben a distanza. Se mi avvicinassi, se ci avvicinassimo, sarebbe la fine per entrambi.
Anche lei sta ferma, poi si gira, mettendosi nella sua abituale posizione.
"Buonanotte. Grazie per essere rimasto."
Le esce quasi un sussurro a malapena udibile.
"Rimarrò sempre. Dormi ora, buonanotte Luna." Le volto le spalle anche io, nascondendo il volto dentro il cuscino pregiato. Servirà a smorzare il rumore dei singhiozzi e del mio cuore che va in frantumi.

 Servirà a smorzare il rumore dei singhiozzi e del mio cuore che va in frantumi

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