Brusco risveglio

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Facciamo irruzione in casa sua, lasciando la porta aperta tanta è la foga.
Mi volta di spalle e mi strappa il vestito.
"Ma che cazzo fai?" Il gesto ha il potere di farmi ritrovare la lucidità.
"Ti spoglio, no?" Avvicina di nuovo le mani, gliele allontano bruscamente.
"Costa cinquemila dollari questo abito! Ma che ti dice la testa?" Sono furibonda, ma non per una questione economica, anche se voglio fargli credere questo.
"E allora? Sei ricca sfondata, per te sono spiccioli." Afferma avanzando verso di me.
"Sei talmente stupido da non capire il punto, eh? Non me ne frega dei soldi, ma di quello che dovrò raccontare ai miei, per giustificare questo!" Gli urlo rabbiosamente.
"Dì loro che sei caduta e si è strappato." Suggerisce alzando le spalle.
"Forse nel mondo che frequenti tu la gente è del tutto cretina. Ma i miei non lo sono, capiranno da che cosa è provocato lo strappo, faranno domande alle quali non potrò rispondere e finirò nei guai!" Spiego, anche se so che non capirà.
"E che sarà mai, ti leveranno la carta di credito? Sai che tragedia!"
La furia, dopo queste esclamazioni, prorompe.
"Sei proprio un idiota! Non sarà una carta di credito, o tutte, il prezzo da pagare, imbecille!
Mi giudicheranno, verrò infangata e deluderò quelle persone. Sarò lo zimbello di tutti, messa alla berlina e scansata come un'appestata. Possibile che non ci arrivi?" Sento le lacrime di rabbia che escono, senza stare a preoccuparmene.
"Non sarei mai dovuta venire qui. Anzi, non mi sarei mai dovuta immischiare con te. I nostri mondi sono troppo differenti. Addio, Cobra."
Corro via da quella casa, come inseguita da qualche malvivente.
Lui proprio non comprende. Che scusa mai potrei inventare per giustificare il tutto? Nessuna!
Non potrei dire di essere stata con Jimmy, dato che è in un'altra città coi suoi. Men che meno addurre un'uscita con un altro, mi scuoierebbero viva. Capirebbero che c'è qualcosa sotto e indagherebbero, arriverebbero al conquibus mettendomi alla forca. Non posso rischiare di perdere tutto a causa sua, non è proprio pensabile.
I tacchi mi fanno male, così tolgo le scarpe, ben sapendo che mi martorierò i piedi camminando sull'asfalto.
"Sono una cretina, la regina delle idiote."
Mi rimprovero duramente, mentre nella mia testa si proiettano scenari apocalittici, con protagonisti i miei genitori e me. Nessuno di questi si conclude positivamente. In ognuno io ne esco perdente, con il capo cosparso di cenere e in totale povertà e solitudine.
La stizza mi fa scoppiare in singhiozzi, nel mentre cerco di raccapezzarmi su dove andare.
Passo davanti ad una bettola, attirando l'attenzione dei relitti che la frequentano e che ne stazionano all'esterno.
"Ehi, bellezza, ti sei persa? Vieni qua, ti portiamo noi in un bel posto!" Mi si rivolge uno di questi, scatenando l'ilarità dei compari.
Non mi spreco in repliche, continuando ad andare per la mia strada.
Sento però, poco dopo, i loro passi che mi seguono.
"Lasciatemi stare, non sapete chi sono io." Li minaccio.
"Uh-uh, aspetta che tremiamo di paura. Prendetela!" Ordina il tizio di prima. Mi metto a correre, impaurita, ma il vestito mi è d'intralcio.
Cado rovinosamente, facendomi anche abbastanza male, ancor più spaventata da loro che si stanno avvicinando.
Un rombo potente li fa fermare ad una quindicina di centimetri da me.
Sento uno sportello aprirsi e una voce che dice: "Levatevi dalle palle. Lei sta con me" un ringhio, più che una dichiarazione.
"Ehi, amico, non lo sapevamo. È tutta tua."
Mi metto seduta, asciugando le lacrime di vergogna che mi scorrono sulle gote, facendo più danni che altro. Ho le mani sporche, così mi imbratto tutta la faccia.
"I taxi non si fermano qui, ti avrebbe dovuta mettere in guardia. Cos'hai che non va in quella testaccia?"
Si accovaccia e mi guarda piuttosto incazzato.
"Lasciami stare, te l'ho detto." Mi rivolto perché non sopporto che mi veda così fragile e indifesa, spaventata.
Ho sempre pensato, sentendo i fatti di cronaca, che cose come questa non potessero accadere a quelle come me. Aver a che fare con la realtà è un duro colpo da mandare già. Essere ricchi e vivere in un mondo a parte non ti esime dalle atrocità e dalle aggressioni.
"Vieni, ti porto a casa mia. Ti fai una doccia e ti bevi qualcosa di caldo. Così siamo in pari, per avermi soccorso l'altra volta. Non mi piace essere in debito." Stavolta non faccio resistenza, lascio che mi aiuti a rialzarmi e che mi prenda tra le braccia, per scortarmi fino alla macchina.
Ed è proprio come l'aveva descritta: fatta apposta per un pilota.
È nera, con due strisce rosse verticali sul cofano. Niente alettone, ma faretti led che illuminano fino a terra.
L'interno è in pelle nera, il volante rosso fuoco e il cambio è cromato con le sue iniziali ai lati della manopola.
"Bella macchina." Mi complimento.
"Te l'avevo detto che dava nell'occhio. Comunque, grazie. Lei è una specie di figlia." Sorride carezzando il volante. Gira la chiave nel quadro e mette in moto.
Inserisce la marcia e sgommando parte a razzo.

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