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Mi risveglio sul pavimento, da sola.
La testa mi sembra in procinto di scoppiare, ho male dappertutto e mi sento debole.
Ma tutto questo non mi ferma, devo rialzarmi e raggiungere le ragazze. Provo con fatica a tirarmi su, ma essendo instabile mi appoggio al muro. Striscio lungo quest'ultimo, fino ad arrivare alla sala. Mi appoggio con tutta la schiena, cercando le mie amiche con lo sguardo.
Sono al bancone, ma non so come raggiungerle né come farmi vedere da loro.
"Ragazze" provo a chiamarle, ma la mia voce è così flebile che si sente a malapena.
Riprovo, mettendoci più forza, ma il risultato è lo stesso.
O la va o la spacca, mi separo dal muro e muovo qualche passo.
La testa ronza vorticosamente, il mio corpo sembra scollegato, quasi come se si rifiutasse di obbedire ai comandi.
Un altro passo ancora e sento il crollo arrivare.
"Luna!" La voce di Naomi giunge distante, ovattata, mentre mi affloscio a terra.
Non so come abbia fatto ad essere così svelta, fatto sta che non mi schianto al suolo, ma tra le sue braccia.
"Chiamate un'ambulanza!" Urla esagitata alle altre.
"No. Portatemi voi al pronto soccorso. Dite che... mi hanno aggredita fuori dal rifugio." Sono le ultime parole che pronuncio prima di svenire di nuovo.

                                                                                                      ***

Un fastidioso rumore mi sveglia.
Apro gli occhi e mi trovo in una delle sale del pronto soccorso. Le ragazze ce l'hanno fatta, non avevo dubbi.
Premo il pulsante di allarme per richiamare un'infermiera, voglio sapere che cosa hanno detto, se si sono attenute al piano.
"Buonasera, si è svegliata finalmente. È in ospedale, al St. Mattew, stia tranquilla."
"Grazie, che è successo?" Domando, non sapendo bene che cosa dire.
"Le sue amiche l'hanno trovata priva di sensi in un vicolo, vicino al Saving Hope, il rifugio per senzatetto. Lei doveva fare la volontaria lì, vero?" Brave ragazze, hanno tenuto fede alla parola data.
"Sì, però io non ricordo. So solo che un dolore lancinante mi ha presa all'improvviso, sulla testa, e poi mi sono svegliata qui."
Pochi dettagli, affinché la storia regga.
"La polizia sta arrivando. Faranno il possibile per capire che cosa è accaduto. La faccio un prelievo, poi la lascio riposare."
Prende il kit e mi preleva il sangue. Poi, come promesso, mi lascia sola.
Ma la porta, un attimo dopo, si apre.
"Ci hai fatte morire di paura." Salendo sul letto mi stringono forte, sono davvero preoccupate.
"Grazie, per tutto, davvero." Sono quasi commossa dalla loro manifestazione.
"Scusa se te lo chiedo, ma quel cretino ti ha lasciata da sola?" Jen ne è davvero sconvolta.
"Sì. Abbiamo avuto una discussione, non fa nulla, adesso sto bene." Tiro via non avendo voglia di parlarne. Ricordare mi fa male, sapere che anche lui si è sentito così, quando l'ho trattato male, acuisce il mio malessere.
"Luna, non voglio aggravare il carico, ma oltre alla polizia stanno arrivando i tuoi." Allison dà la sgradita notizia con tono dispiaciuto.
"Non preoccuparti, era prevedibile.
Essere vittima di un'aggressione comporta anche questo. Affronterò tutto.
Una cosa è certa, grazie a questa bugia non dovrò più tornare lì."
La metto sul positivo per non impensierirle ancor di più.
"Certo, manterremo il segreto, lo sai, vero?" Scuoto solo la testa, affermativamente. Sento che le forze mi stanno abbandonando e la stanchezza prendere il sopravvento.
"Ti lasciamo tranquilla, siamo qui fuori comunque, se avessi bisogno." Mi stringono la mano ed escono.
Mi giro su un fianco, dando le spalle alla porta e mi addormento.
Le loro facce preoccupate sono le prime cose che vedo. Per un attimo, solo uno, mi convinco che siano preoccupati per me.
"Signorina Liver, ben svegliata. Sono il detective Solace, del ventunesimo distretto."
Ah, ecco spiegata la loro recita.
"Tesoro, ci dispiace tanto" interloquisce la mamma, torcendosi le mani.
"Può dirmi che cosa è successo?"
Il detective inizia l'interrogatorio.
Mi metto seduta, premendo il pulsante che rialza lo schienale.
"A dire il vero non lo so. Il nostro autista mi ha lasciata a pochi passi dall'ingresso. Ho aspettato che si reimmettesse nel traffico e mi sono diretta al centro.
Poi un forte dolore mi ha pervasa partendo dalla testa, facendomi perdere i sensi, deduco. Mi sono risvegliata qui." Non aggiungo altro, per restare fedele a quanto detto all'infermiera.
"Capisco. Purtroppo non ci sono telecamere in quella zona, non sarà facile arrivare a scoprire l'identità dell'aggressore. Ma faremo tutto il possibile, glielo prometto." Mi rivolge un sorriso riservato, ma convincente.
"Lo so, non si preoccupi." Ricambio il gesto, con un piccolo sforzo.
"L'intervento delle sue amiche è stato fondamentale, se fossero arrivate più tardi sarebbe potuta andare peggio."
Molto probabilmente è tutta una mia fantasia, ma percepisco una nota di sospetto in queste affermazioni.
"Le mie amiche?" Fingo uno stupore che non provo.
"Sono loro che l'hanno trovata. Sa perché si trovassero lì?"
Non sono molto esperta in questioni di polizia, ma ho visto così tanti telefilm da saper riconoscere un interrogatorio, quando me lo trovo davanti.
"Immagino fossero venute per darmi supporto. Non saprei che dirle, ha parlato con loro? Saranno di certo in grado di spiegare meglio."
"No, lo farò tra poco. Bene, visto che non c'è altro la lascio alle amorevoli cure dei suoi genitori. La ricontatterò se ci fossero novità.
Domani manderò un agente a prendere la sua denuncia." Si alza, rimettendosi la giacca.
"Non voglio sporgere denuncia. Non saprei neppure contro chi."
Si immobilizza e mi osserva.
"Luna, che cosa stai dicendo? Un balordo, o più di uno, ti ha aggredita e tu non vuoi sporgere denuncia?" Papà si intromette.
"A che pro? So perfettamente che le denunce contro ignoti cadono nel dimenticatoio. Far perdere tempo a loro e a me non ha alcuna utilità." Alzo le spalle con noncuranza, facendo capire di saperne un po' in più di quanto credono.
"Ne è sicura? Se non procede non possiamo garantire per lei. Può trattarsi di un caso isolato, come potrebbe essere altrimenti." Insiste Solace.
"Ne sono sicura. Non ho subito violenza, non hanno rubato nulla di importante, non c'è ragione alcuna per perdere tempo." Affermo.
"Come sa che non le hanno rubato nulla?" Il suo sospetto adesso è certezza.
"Perché la mia borsa è lì sulla sedia, i miei gioielli nel cassetto. Non avevo un numero elevato di contanti, solo pochi spiccioli. Non vedo a che pro proseguire su questa china."
Temporeggia qualche altro attimo, poi si decide ad andarsene.
"Se cambiasse idea", dice sulla porta, "sa dove trovarmi. Buona guarigione."
Se la chiude alle spalle e mi lascia con loro due.
I loro volti assumono tutt'altra espressione adesso.
"Adesso sputa il rospo. Che diavolo hai combinato?" Sapevo che l'istinto di mio padre sarebbe emerso.
"Non ho fatto nulla. Essere aggrediti è una colpa, adesso?" Vediamo un po' dove si va a parare.
"Lo è, se sei così stupida da farti beccare! Non hai imparato nulla? Devi essere vigile e attenta. Ti rendi conto di quello che verrà fuori, non appena si saprà dell'aggressione?"
Ah, ecco qual è il problema, le chiacchiere.
"Non vedo come possa accadere, dato che è per questo che non voglio sporgere denuncia." Spero di zittirlo con questa affermazione.
"Certo, la fai facile tu! Che cosa dirà James non appena ti vedrà tutta gonfia, pesta e orribile?" La mamma rincara la dose.
Sento la rabbia premere per uscire, la domino in qualche modo.
"Bene, se è questo che vi preoccupa, allora farò in modo che Jimmy non mi veda. Un'influenza bella tosta è quella che fa al caso, no?" Suggerisco.
"E prima che diciate qualcosa, andrò da Naomi per tutto il percorso di guarigione, così da scongiurare il pericolo."
Sembrano soddisfatti.
"Ottimo, ti facciamo la valigia." E con questo mi salutano.
Finalmente sola, decido di riposare ancora.
Alla fin fine manca solo qualche giorno alla vacanza che abbiamo programmato. Posso resistere.
"Le va qualcosa da mangiare?" L'infermiera si affaccia alla porta.
"La ringrazio, ma non ho fame. Voglio solo dormire." Non mi volto, non posso. Vedrebbe le lacrime e io odio farmi vedere piangere.
"Va bene. Mando via il suo ragazzo allora." Mi volto di scatto, sentendo questa affermazione.
"James è qui?" Come ha fatto a sapere? I miei non sono stati e dubito che lo siano anche le ragazze.
"Sì, è arrivato qualche minuto fa. Le sue amiche sono andate a casa, lui è venuto a dare loro il cambio."
Ed è questo particolare che mi fa riflettere: Jimmy non è proprio il tipo, per cui la scelta verte su un'altra persona. Ed ho proprio paura di sapere chi sia.
"Gli dica che può tornare a casa, non lo voglio qui." Non sento ragioni. Dopo quello che è successo averlo intorno è peggio.
"Come vuole. Buon riposo." Esce e chiude la porta.
Mi sforzo di calmarmi, quasi facendomi violenza. Il cuore batte frenetico, il calore mi avvolge.
Faccio dei profondi respiri, cercando di sincronizzarvi il battito. Ci vuole un po' ma alla fine mi calmo. Bevo un sorso d'acqua, mi giro sull'altro fianco e mi lascio andare al sonno.
O almeno ci provo, perché il cigolio della porta mi fa riaprire gli occhi di scatto.
"Che ci fai qui? L'infermiera non ti ha detto che non sei il benvenuto?" Lo aggredisco con la poca forza rimastami.
"Pensi davvero che mi possa interessare? Voglio solo vedere come stai." Si mette seduto sul bordo del letto.
"Come vuoi che stia? Come una che ne ha prese." È ovvio, ma lui a quanto pare non ci arriva.
"Dicono che hai un trauma cranico, ti terranno qui un paio di giorni." Mi mette al corrente.
"E tu che ne sai?" Sono stupita.
"Le tue amiche." Dice, sistemandosi meglio sul letto.
"Fammi capire: vuoi farmi la guardia per ripulirti la coscienza, ammesso che tu ne abbia una?
Ti semplifico le cose, non hai nessuna responsabilità. Ho deciso io di fare a botte, non tu. Quindi, ti puoi togliere dalle palle."
Ecco, ho chiarito la questione.
"Sai, per essere una che ne ha viste di brutte, sei molto combattiva.
Volevo scusarmi, dato che da sola non ci arrivi. Non avrei dovuto lasciarti sola, in questo stato. Oltretutto, da fuori si sente ogni cosa. Mi sa che il tuo piano di andare da Naomi ha qualche ostacolo."
Ma come diavolo fa a sapere tutto?
"Ah, sì? E dimmi, Nostradamus, quali sarebbero gli ostacoli?" Incrocio le braccia, in un'aperta dichiarazione di intenti.
"I suoi parenti, i nonni, sono in arrivo domani mattina. Così come per le altre due ragazze. Staresti sempre sola e non è opportuno, visto il tuo stato di salute."
Merda! Questa non ci voleva.
"Fa niente, sono abituata a prendermi cura di me, non sono una bambinetta. Starò in albergo." Ovvio alle sue deduzioni, con la prima soluzione che mi balena in testa.
"Certo, perché negli alberghi, anche se di lusso, nessuno dirà mai che la figlia di Liver è arrivata pesta e massacrata." Fa presente.
"Sai, molto probabilmente, anzi, è una cosa certa, tu non sai come funziona nel mio mondo.
Ma esiste una parola: discrezione. Sai che significa, o ti devo spiegare?" Lo rimbrotto seccata.
"Lo so benissimo. Ma credi davvero che quelle persone possano resistere alla tentazione di divulgare un pettegolezzo così ghiotto?"
Ammutolisco, in effetti non ha tutti i torti. I soldi servono a comprare la gente nel 90% dei casi. Ma non si ha la matematica certezza che vada secondo i propri piani.
"Sentiamo, Sherlock Holmes, dove vuoi arrivare?" Non sono così stupida da non capire che mira ad una qualche cosa.
"Ti offro l'unica via di uscita sicura. L'unico posto in cui nessuno dirà nulla." Capisco al volo e alzo le mani.
"No, scordatelo. C'è sempre lo yacht di mio padre." Brava Luna, sei sempre un passo avanti.
"E ti fidi dell'equipaggio?" Prova a mettermi la pulce nell'orecchio.
"Posso non fidarmi delle persone, ma faccio affidamento sulla paura che incute loro mio padre. Non credo abbiano voglia di perdere il loro strapagato lavoro." Beccati questa, pomposo ragazzino.
"Uh, certo, perché la tua è la sola famiglia ricca che possiede un natante, come no. Svegliati, bambolina, il mondo gira così.
Sai quanto può ricavarci uno di loro, vendendo una tua foto? Te lo dico io, migliaia di dollari. Sarebbe la notizia del secolo: la giovane figlia dei Liver, orrendamente sfigurata da un assalitore.
Corredare l'articolo di foto, con qualche drammatico ritocco, è un gioco da ragazzi che saprebbe imbastire anche il più dilettante dei free lance."
"Sai che sei odioso? Non ti basta che già stia male?
No, certo, devi venire qui, fingendoti il cavaliere senza macchia, per mettermi in testa un sacco di paranoie.
Cosa vuoi Dimitri, sii onesto per una volta!"
Scende dal letto, si avvicina e mi bacia la fronte.
"Lo sai cosa voglio. E se tenerti con me è il solo modo per ottenerlo, ci sto."
La furia esplode.
"Tenermi con te? Io non sono un gatto, o quella stupida troietta che ti sbatti! Sono una donna che è capace di decidere da sola." Ma come si permette.
"Non ho detto il contrario, mi pare. Dico solo che, per quanto tu faccia come gli struzzi e neghi la verità, il tuo mondo patinato non ti proteggerà dallo scandalo che verrà fuori. Poi, come hai detto tu, sei una donna che sa decidere da sola. Quindi, decidi.
Buonanotte, Luna."
Non mi lascia il tempo di replicare e se ne va.
Io resto in balia dei dubbi, ma ancor più della tentazione.
Sì, sono più che tentata di stare con lui. Ma so bene a quali conseguenze vado incontro, accettando la sua offerta.
Non lo posso fare, anche se tutta me stessa dice il contrario.
Per un semplice motivo: lui è quel tipo di ragazzo che ti lascia il segno.
Un solco così profondo nel cuore, che verrebbe sommerso da un cumulo tale di sofferenza, da lasciarmi dentro solo una cosa.
Macerie e resti.

 Macerie e resti

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