Dividi et Impera (Separa e conquista) Pt.2

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"Mamma, io non riesco a capire." Lei tira su col naso, mentre papà è impassibile.
"Vedi, quando avevo sedici anni incontrai un ragazzo. Iniziammo una relazione e rimasi incinta. Non sapendo come fare, dopo che lui se ne lavò le mani, andai a chiedere aiuto ai miei genitori. Dire che si infuriarono è un eufemismo. Tuo nonno diede di matto, mentre mia madre non faceva che piangere e recriminare.
Per cercare in qualche modo di non peggiorare la situazione, dissi loro che intendevo abortire. Ma sortì  l'effetto opposto. Così, alla fine, decisero che avrei portato a termine la gravidanza. Ma io, ecco, non volevo. Non desideravo essere madre a quell'età, ma non avevo ben capito. Tuo nonno, poi, mi disse che avrei dato in adozione il bambino. Fui sollevata, anche durante il corso della gestazione, dato che l'avrei dato via. Quando scoprii che eravate due, il colpo fu ancora più grosso. Ma mio padre disse che nulla avrebbe cambiato la situazione, che foste due o quattro, o mezza dozzina, io mi sarei liberata di voi." Prende una pausa, io rifletto.
"Perdonami, ma mi sfugge il nesso, se nonno Charles voleva che ci deste via, perché io sono ancora qui?" Devo sapere.
"Perché quando tu e tuo fratello nasceste lui era presente. Si doveva assicurare che firmassi i documenti per l'adozione. Ma quando ti vide si innamorò perdutamente di te. Così, mi costrinse a tenerti, dando via tuo fratello."
Mi alzo in piedi di scatto.
"Gemini non è morto?" Le urlo furibonda.
"No, non lo è. L'ho dato via subito.
Ma ero così furiosa per l'averti dovuta tenere che ti ho fatto credere il contrario. Era una sorta di punizione, trattarti male e farti credere di averlo ucciso."
Prendo la prima cosa che mi capita a tiro, lanciandola contro il caminetto.
"Tu sei fuori di testa! Non solo mi hai fatta morire giorno dopo giorno, incolpandomi di qualcosa che non ho mai fatto. Ma mi hai fatta sfruttare da un uomo che non è neppure mio padre!" Strillo.
"Lo so. Così come so che non mi perdonerai mai. Ma è una vittima anche lui. Curtis era il braccio destro di tuo nonno, ma commise alcuni errori che Charles sfruttò per costringerlo a sposarmi e crescerti come se fossi sua figlia."
In tutto questo, Curtis non emette un fiato.
"UNA VITTIMA? Sono io l'unica vittima qui. Mi avete distrutto la vita, mi avete resa insicura, sempre in costante lotta per rasentare i così alti standard che mi imponevate. E per cosa? Per le ripicche di un vecchio rincoglionito!"
Il servizio di calici in cristallo di Boemia, segue la sventurata fine del vaso, andando a frantumarsi contro il muro. Sono fuori di me dal dolore. Un abuso simile non me lo sarei mai aspettato.
"Ma non è tutto. Per favore, calmati ed ascolta." Curtis si intromette.
"Ah, c'è dell'altro?" Insinuo con rabbia.
"Sì. L'altra sera, quando hai visto Storm, ci stava facendo vedere i risultati delle ricerche. Abbiamo trovato Gemini."
Mi sento morire. Il mio amato fratello è vivo, potrò riconciliarmi con lui e riempire quel vuoto.
"Ma è questa la parte più dolorosa.
Quando siamo venuti a porgere le condoglianze a Karen, abbiamo visto quei due ragazzi. Uno di loro mi è sembrato così familiare, come se fosse una parte di me. Abbiamo contattato Storm per farci aiutare a risalire alla sua vera identità."
"Patrick è il mio gemello? Ma se siamo completamente diff..." mi blocco, troppo orripilata da quel pensiero.
"No, non è Patrick. Il tuo gemello è Dimitri."
Sento la testa ronzare, dopo il repentino abbassamento di pressione. E come per un crudele scherzo, la porta si apre e lui entra, col volto rigato di lacrime ed i pugni serrati.
"No! Non è vero! State mentendo. Io non vi credo. Lo state facendo per allontanarci, perché lui è povero ed io sono ricca."
"No, Luna. Sono davvero tuo fratello." Mi giro velocemente verso di lui, sgomenta.
Solo allora noto la piccola donna che è poco discosta da lui, che tiene in mano un voluminoso fascicolo.
"Sono Sandra Roberts, l'assistente sociale che si è occupata dell'affidamento e della seguente adozione." Si qualifica.
Fa alcuni passi, raggiungendomi, porgendomi il voluminoso plico. Lo prendo con mani tremanti, lo apro, ed il mio mondo va in frantumi.

Mi siedo così pesantemente sul divano da affossare la pregiata imbottitura.
"Sei davvero tu." Sussurro flebilmente.
Poi continuo: "Dio, ma che cosa abbiamo fatto?" Mi riferisco alla nostra relazione.
Come in una pellicola, spinta al massimo della velocità, mi passano davanti agli occhi tutti i momenti passati assieme.
"Non è colpa nostra, non lo sapevamo. Come avremmo potuto." Siede accanto a me, senza toccarmi.
Mi alzo come se avessi delle molle sotto al sedere.
"Noi... noi due abbiamo... oddio, mi sento male!"
Il cestino della carta straccia viene riempito dal mio vomito. Mi svuoto lo stomaco, sempre col viso inondato di lacrime.
"So che le mie sono solo parole vane, ma sono dispiaciuta. Per quello che ho fatto a te e per la vita che Dimitri ha dovuto condurre. È vero che non vi volevo, ma questo non giustifica la mia cattiveria. Vorremmo, Curtis ed io, che tu stessi per un po' di tempo qui con noi. Non sono più la terrorizzata sedicenne, vorrei conoscere mio figlio." Stavolta è lei la beneficiaria del mio sguardo assassino.
"Tu vuoi che resti? Ti rendi conto di che cosa hai fatto? Abbiamo avuto una relazione, siamo andati a letto insieme, MALEDETTA VIPERA VELENOSA! Ci siamo innamorati e tu, adesso, presa dai rimorsi, vuoi che viviamo sotto lo stesso tetto come fratelli?" Le sputo addosso quelle cattiverie. La verità che tanto le farà male.
"Luna, calmati." Mi dice Dimitri.
"Non mi posso calmare. Tu non hai idea, o forse sì, ce l'hai, di quanto ci sia costato tutto questo? Tu hai fatto la fame, hai vissuto in tante famiglie e sei stato adottato da due stronzi ubriaconi. Io ho passato la vita a sentirmi un'assassina.
Io... devo andare via da qui."
E senza tergiversare, scappo fuori, correndo più veloce che posso, per lasciarmi quanta più distanza possibile alle spalle.
Perché dopo quelle parole il dolore è eruttato, ingoiandomi e facendomi sparire al suo interno.

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