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- Jane, abbassa la musica! - urlò la nonna dalla cucina.

- Ma é bassa - le risposi alzando la voce.

- Abbassa o ti strappo i capelli! -.

Feci una smorfia spaventata e diminuii immediatamente la musica dalla cassa.
Non volevo che mi strappasse i capelli. Già si stavano scolorendo ed erano parecchio rovinati e crespi, non volevo essere pure pelata. Mi sarei ridotta come mio padre.

Controllai il telefono, aspettandomi che sullo schermo comparisse una notifica dal numero di Alex, ma non c'era nulla.
Ero triste. Non mi aveva nemmeno scritto una volta dopo ben sei giorni che non ci vedevamo.

Ma che diavolo gli avevo fatto sta volta?
Cosa cazzo avevo di sbagliato?
Perché non riuscivo a tenere una relazione?
Ma non era nemmeno una relazione quella. Era... Non lo sapevo neppure io. A me piaceva Alex, madonna se mi piaceva, ma non era nulla di concreto ciò che c'era.
Ero disperata. Dopo Simon non volevo soffrire ancora.
Sospirai rumorosamente e mi buttai sul letto.

- Odio tutti - soffoccai nel cuscino e trattenni le lacrime.

- Perché mai? - chiese la nonna, sedendosi sul letto.

Mi alzai dal letto, non aspettandomi che venisse in camera.
Non avevo voglia di sentire nulla. Solo il silenzio.

- Nulla - risposi sbiascicando.

- Non hai voglia di parlarne? - domandò, accarezzandomi la schiena dolcemente.

Scossi la testa, asciugandomi le lacrime che rigavano il mio viso.

La nonna annuí, alzandosi e poi allontanandosi da me.

- Perché non mi vuole? - urlai, non appena uscí dalla porta.
Le lacrime che ormai non riuscivo piú a trattenere uscirono. Ero arrabbiata con me stessa. Dovevo sempre fare qualcosa di sbagliato. E probabilmente aveva combinato qualcosa, se non mi voleva piú.

- No, no piccola... - disse, tornando indietro e abbracciandomi forte.

- No cosa, nonna? - strillai, tirandomi i capelli - Sono pazza. Ho seri problemi a relazionarmi con la gente, mento sui miei genitori per non sentirmi dire che ho bisogno di affetto. Sono stanca di essere presa per quella asociale e diversa. Mi sto stancando di tutto, perfino di amare. Sono stanca morta, non ce la faccio piú. Voglio essere felice! É cosi difficile?! Cazzo, non chiedo altro da oltre cinque anni - piansi sulla sua spalla, mentre lei mi accarezzava dolcemente i capelli.

- Prendi un bel respiro - disse con calma. Lo feci e mi sentii un pochino meglio.
Guardai negl'occhi la nonna, anche se compariva leggermente sfocata per via del pianto isterico che non aveva intenzione di finire.

- Prima di tutto, Jane, devi sapere che le persone parlano sempre per niente senza sapere nulla. Seconda cosa, devi imparare a vivere il dolore e crescere sotto questo aspetto. Mi spiego: - si schiarí la voce - se non ammetti il fatto che i tuoi genitori non ci sono piú vivrai in una crudele bugia. In un sogno in cui tu torni a casa e pensi di trovarli, ma trovi una casa con solo me. Bisogna saper vincere il dolore. - mi sorrise - E a parer mio, la prima cosa che dovresti fare é dirlo a qualcuno. Ti libererebbe da un peso enorme che hai sulla coscienza. Devi sempre tener conto che le bugie che dici agli altri, sono le bugie che dici a te stessa. Perché farsi ancora piú male quando la felicità sta dietro al dire la verità e ammettere ciò che fa male? - ero confusa, ma per lo meno avevo smesso di piangere - Sei una ragazza che ha sofferto molto, probabilmente adesso ti senti pesante, sembra che il tuo cuore sia distrutto e il tuo cervello spari parole a caso, pensi a cose finte che ti isolano dalla realtà. Il problema é, Abigail, che quando ti risvegli non é piú rose e fiori come lo immaginavi. Devi iniziare a vivere il dolore e solo cosí troverai la felicità. - mi baciò la fronte - Ma prima devi liberarti di quel peso - mi strizzò l'occhio e lasciò la mia camera.

Math's Hater || Alex GaskarthWhere stories live. Discover now