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Bussai con mani tremanti alla porta della villetta arancione.
L'ansia mi stava divorando; probabilmente avevo sprecato tempo a venire fin qua. Il prof aveva detto che non avrebbe fatto entrare chiunque fosse arrivato in ritardo. E io ero in ritardo di ben venti minuti. Il ragazzo in giacca di pelle aveva ragione: c'era un sacco di traffico.
Per lo meno avevo comprato un libro di Freud che mi avrebbe fatto compagnia nel viaggio di ritorno.

Picchiettai di nuovo sulla porta, ma non ricevetti nessuna risposta.
Triste, abbassai lo sguardo e mi voltai per tornare alla fermata del pullman.
Avrebbe significato che io e mia nonna ci saremmo mangiate pasticcini per cena.

- Jane - mi chiamò la voce divina del prof - Vieni, sbrigati -.

Mi voltai subito e mi affrettai a raggiungere l'ingresso. Non sembrava affatto arrabbiato, era piuttosto tranquillo invece.
Prima di entrare mi pulii le All Star rosse sullo zerbino.

- Permesso - dissi entrando.
Il dolce calore di un caminetto mi accolse, facendomi bruciare leggermente le mani congelate.
Aveva un arredamento che mi piaceva molto: semplice e senza troppi eccessi.
Il divano a penisola di stoffa, il caminetto, la tv al plasma.
Si viziava. Beato lui che se la poteva permettere.
Alla destra l'entrata della cucina.
Il profumo dolce mi pervase le narici: arancia.
Io amavo il deodorante per ambiente all'arancia. Mi ricordava i miei genitori.

Mi voltai, sorridendo al prof che mi guardava con le braccia conserte e il volto rilassato.
Porsi il pacchettino bianco a Gaskarth, che mi guardò confuso.

- Volevo scusarmi per il ritardo. Ho perso il primo pullman per due minuti di numero e quello dopo é passato un'ora dopo. - iniziai a parlare a macchinetta - Cosí ne ho approfittato per prendere un libro e i pasticcini. - mi bloccai, continuando a porgere il vassoietto - Non é che io abbia fatto apposta a perdere il pullman per prendere il libro o per non fare lezione, - cominciai a balbettare - ma ho davvero perso il pullman -.

Il castano mi guardò spalancando gli occhi e si avvicinò a me, prendendomi il vassoio, facendo scontrare le nostri mani.
I suoi polpastrelli erano callosi...
Mi accigliai e appena ebbe preso i pasticcini, tirai via velocemente la mano dal contatto, e presi a dondolare sul posto.

- Jane, calmati per favore. - mi sorrise, rendendomi un pochino piú tranquilla - Ti ringrazio per il gesto, anche se non era necessario - mi guardò inclinando la testa. Lo aveva notato, ma non sapeva.
- Vieni in cucina, ci sono anche Raissa e Camille - disse.

Forse lo avevo sentito sbuffare, ma comunque cercai di rimanere seria mentre entravo in cucina, rivelando le due ragazze, sempre se cosí si potevano definire, che mi sorrisero falsamente.
Le salutai, prendendo posto al tavolo di mogano piazzato al centro della stanza.

- Dammi la giacca - disse Gaskarth.

Tolsi impacciatamente il giubbotto rosso, passandolo al prof, che mi sorrise.
Uscí dalla cucina e rientrò pochi secondi dopo, accomodandosi a capo tavola.

- Allora ragazze, - prese parola, dopo aver messo in ordine i suoi fogli - facciamo due ore di lezione e poi ci rilassiamo, ci state? - chiese conferma, guardandoci intensamente.

Io annuii, mentre le altre due squittivano come topi in calore.
Il prof mi guardò, ruotando gli occhi al cielo e un verso strozzato uscí dalla mia bocca, facendo sghignazzare il castano seduto alla mia destra.

- Stai bene? - chiese Camille.

- Sí, sí, é che mi era andata di traverso un pezzo di pane... - risposi, scuotendo la testa.
Questa volta fu Gaskarth a ridacchiare. Avevo la conferma che pure lui, pensava fossero due oche.

Math's Hater || Alex GaskarthWhere stories live. Discover now