Eren ebbe un tuffo al cuore: Armin.

Corse al fianco di sua madre, chiedendo, anche se conosceva bene la risposta:- Cosa è successo?

Carla, pallida in volto, guardò verso Eren e rispose:- Nulla tesoro. Vai un momento in camera tua, per favore.

Il bambino annuì, ed andò verso la sua stanza, per poi fermarsi sulle scale, dove poteva sentire la conversazione tra i suoi genitori e la mamma di Armin.

E le parole che riuscì a sentire in quei minuti confermarono tutti i suoi dubbi: Arimin era morto durante la notte, come tutti gli altri.

E la notte precedente un urlo era arrivato dal seminterrato, come tutte le altre volte.

Eren, rannicchiato contro la parete, pianse in silenzio.

Aveva solo cinque anni quando già aveva visto il sangue di sua sorella schizzato ovunque, a soli cinque anni era morto il suo migliore amico ed ora si trovava a dover rendersi conto che suo padre era la causa di quella strage.

Le lacrime scesero incessanti per molto tempo, fino a quando sentì dei passi sulle scale, allora si asciugò gli occhioni verde smeraldo e corse in camera, aspettando che sua madre gli desse ufficialmente la notizia.

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Come se una scarica elettrica mi fosse corsa per tutto il corpo, scattai in piedi con ogni singolo muscolo in tensione.

E solo pochi secondi dopo mi resi conto dell'asfalto sotto i miei piedi, del furgone alle mie spalle e di Levi affianco a me, che ancora imprecava sotto voce.

Stava ancora piovendo a dirotto e le grosse goccie gelide di gennaio mi picchiavano sulle spalle, bagnandomi la felpa e i capelli.

Lentamente, alzai lo sguardo sulla strada e sulle case ordinate, mentre una serie di nomi e di volti mi piombavano alla rinfusa nella testa.

Jean, Marco, Sasha, Connie, Ymir, Historia.

Un tuono spezzò il picchiare inarrestabile della pioggia.

Nove tombe, nove nomi incisi nel marmo.

Nove famiglie rimaste senza figli.

Anzi, otto.

Eren era ancora vivo.

Un altro tuono scosse l'aria.

E poi la pioggia smise all'improvviso di scrosciarmi addosso, una mano familiare intrecciò le dita alle mie.

E la voce di Levi mi sussurrò all'orecchio, strappando la mia attenzione dal passato:- Non è sotto la pioggia che devi bagnarti, Moccioso.

Avvertii subito una botta di calore sulle guance, ma anche un sorrisetto involontario sulle labbra:- Nemmeno tu.

Dopo aver notato i suoi occhi scintillare, aggiornai sia lui che Hanji su tutto quello che avevevo appena ricordato.

Ed infine io e Levi ci avviammo in silenzio lungo il marciapiede, seguiti da Hanji, che, anche se allora non avrei potuto immaginarlo, teneva il suo ombrello sopra la testa, e quello di Levi nasconsto in profondità nella tasca del cappotto.

Psycho || Ereri ||Where stories live. Discover now