cap.13

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12 gennaio, 18.05

Levi
Urla dal piano inferiore.

Alzai distrattamente lo sguardo dal libro, portandolo alla porta chiusa.

Forse avrei dovuto andare, forse avrei dovuto preoccuparmi per un possibile destino imminente in cui morivo in un bagno di sangue, ma la verità era che non mi importava più.

Che senso poteva avere la vita se prima o dopo morivano tutti? Che senso aveva se, alla fine, le persone venivano dimenticate?
Perché avrei dovuto combattere se poi io, la mia causa e il mio nemico ci saremo persi nell'oblio del tempo?

E così rimasi fermo immobile, ascoltando le urla e guardando la porta chiusa.

Il mio stato di meditazione si spezzò pochi attimi dopo, quando la Quattrocchi irruppe nella stanza senza bussare.

Aveva un tubo di ferro in una mano, mentre l'altra era imbrattata di sangue:- EHILÀ LEVI!

Roteai gli occhi:- Che vuoi?

- CHE VOGLIO?! STUPIDO NANO, QUI FUORI C'È IL FINIMONDO! ABBIAMO BISOGNO CHE TU ESCI DA QUA E FACCIA QUALCOSA!

Corrugai la fronte. Perché io? Cosa c'entravo io? Posai il libro e mi alzai dal materasso:- Perché io?

Hanji urlò ancora, agitando il tubo:- PERCHÉ SEI TU LA FOTTUTA PERSONA CHE HA UN COLLEGAMENTO ARCAICO CON QUEL DEMONIO!!!

Sgranai gli occhi.

No.

Non Eren.

Non ora.

- Eren...- sussurrai sul punto di un crollo.

Hanji scosse la testa, e questa volta parlo più piano:- No, non è Eren. Levi... sono le sei di sera. Il demone arriva solo di notte. Quella cosa non è Eren. È solo il demone.

Avanzai verso la porta:- Hanji, come fa a non essere Eren? Lui deve esserci.

Lei divenne seria, sapeva che quando non la chiamavo quattrocchi la situazione era delicata:- Non lo so. Ma ora è di sotto e sta facendo un macello.

Presi un respiro profondo.

Eren.

Feci un passo avanti.

Eren.

Uscii dalla stanza.

Eren.

Reagii.

I suoni mi arrivarono di netto alle orecchie, riuscii a registrare ogni singolo fatto attorno a me, sentivo l'adrenalina al posto del sangue.

Il moccioso era di sotto. O almeno, il suo corpo era lì, posseduto da un demone sadico, mentre la sua anima era da qualche parte, in profondità.

Ed io dovevo recuperarla.

Dovevo recuperare sia la sua che la mia anima e rimetterle al loro posto.

Sarei morto? Allora sarei morto con una causa morale.

Sarei sopravvissuto? Allora avrei fatto il gioco del mondo normale, fingendo di pensare che la vita è un dono speciale.

E no. Non avevo un piano, non avevo qualcosa da dire al moccioso, non avevo armi.

Avevo la disperazione.

E quella, da sola, bastò.

Riconobbi il brivido familiare che mi aveva reso un guerriero corrermi lungo la colonna vertebrale.

Ed improvvisamente il mondo vorticava di nuovo attorno a me, il mio vecchio posto al centro della giostra sembrava ridicolo in confronto al miscuglio di colori che avevo intorno.

Mi incamminai a passo deciso verso le scale che portavano al piano terra, sibilando un:- Il Moccioso ha esagerato, Hanji. Dobbiamo fermarlo.

E lei rispose, seguendomi:- Era ora! Mi mancava questo lato di te.

Sputai un:- Taci, Quattrocchi.- per sentirla ridacchiare, e subito dopo arrivai in fondo alle scale.

L'Inferno.

Non credo ci fosse un'altra parola per descrivere quel disastro.

Le pareti ed il pavimento erano completamente cosparsi di sangue, pozze cremisi che si allargavano da cadaveri inerti o arti mozzati e abbandonati a terra.

Urla agonizzanti da ogni angolo, pezzi di carne strappati solo a metà fino all'osso penzolavano riversi all'infuori, dita e falangi giacevano poco lontano dalle mani martoriate dei loro proprietari.

Una risatina sadica riecheggiava tra i corridoi e nella hall, senza nessuna origine apparente.

Sospirai. Quel demone non solo era subdolo, ma anche codardo.

Rimasi fermo in piedi, a gambe divaricate e dissi ad alta voce: - Forza, vieni fuori così ne parliamo da psicopatico a psicopatico.

La risposta rieccheggiò nell'aria:- Oh, Levi...

Le luci dei corridoi si spensero.

- ... Levi...

Le luci delle scale si spensero.

- ...Levi.

Buio.

Deglutii:- Forza. Sono qui. Uccidimi. È questo che vuoi no?

Una risatina arrivò dalla mia destra, questa volta era nella nostra stessa stanza:- Oh no, no, no. Io non ti voglio uccidere. Non voglio mandarti all'inferno, perché così sapresti che almeno quassù stanno tutti bene. Io voglio portare l'inferno da te.

Rabbrividii, pensando alla carneficina che mi circondava:- Ma perché?

- Perché? Levi? Perché?- ora era più vicino - Perché io ti odio. La tua stirpe mi ha rovinato la vita riducendomi a... questo. Quindi tu che dici?

Sentii all'improvviso un respiro addosso e lui parlò di nuovo:- Perché?

Fu un sussurro, nel mio orecchio.

Rimasi immobile.

E pensai ad Eren.

Psycho || Ereri ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora