cap.12

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12 gennaio, 17.32

Eren
Mesi.

Erano passati mesi da quel giorno.

Ma non era mai tornato.

Dovevo aspettarmelo, dovevo sapere che, alla fine, anche lui se ne sarebbe andato.

Ottobre sembrava così lontano, la porta sembrava così irraggiungibile.

La sola idea di alzarmi in piedi pareva un miraggio.

Le mie giornate si erano fatte silenziose, le mie notti vuote, senza demone, senza novità di nessun tipo, senza qualcuno che la notte mi chiedesse se ero sveglio.

Me ne stavo lì, seduto a gambe incrociate, a fissare la porta tutto il giorno, come se potesse aprirsi da un momento all'altro e ogni secondo che passava mi dicevo che sarebbe successo il minuto successivo.

E tutta la notte mi guardavo le mani, aspettando un demone che non sarebbe arrivato.

Poteva sembrare una buona cosa, ma quel mostro non se ne era andato, era ancora lì, nascosto nel buio che guardava in silenzio il mondo girare.

Stava aspettando.

Aspettava solo il momento giusto per fare qualcosa di intentato fino ad allora, qualcosa che nessuno di noi poteva aspettarsi.

Eppure aspettò molto tempo, lasciandomi seduto sulla pietra a chiedermi cosa potevo fare per migliorare la situazione, rendendomi conto che non c'era nulla che potessi fare.

Le cose stavano così ed io non potevo decidere niente.

Se solo per me fosse stato possibile, possibile solo perché ci credevo, mi sarei alzato in piedi, avrei trovato un modo per far saltare le catene, e poi sarei uscito.

Non sapevo come, ma l'avrei fatto.

E perché dico cosa avrei fatto? Perché non stavo facendo nulla.

Era successa una cosa orribile, quasi impensabile, quando Levi se ne era andato.

Era stato un fulmine, una pugnalata al cuore e non l'avevo chiamato l'ultima volta.

Non c'era stato nessun "Levi?".

Non c'era stato nessun "Sì?".

Non c'era stato nessun "Non voglio che tu vada".

Ero rimasto lì seduto, solo con le mie lacrime, ed avevo smesso di combattere.

Avevo smesso di ostinarmi a porre resistenza.

E così era finito tutto.

Erano passati mesi.

Era un giorno qualunque, quello.

Solo un dodici gennaio qualsiasi, in un pomeriggio regolare in tutto e per tutto.

E arrivò senza nessun preavviso, per la prima volta di giorno, per la prima volta con un piano.

Per la prima volta, l'avevo voluto.

Piangendo lacrime che credevo finite, fissandomi le mani, vedendoci il sangue, e poi guardando la porta e ridisegnando la sagoma di Levi, desiderai che accadesse.

Desiderai lasciar perdere il mondo e dare il controllo a qualcos'altro, senza pensarci.

Desiderai sparire per sempre.

Desiderai stare a guardare, senza dover fare qualcosa per impedire che i fatti accadessero.

Sentii il dolore e il rimpianto attorcigliarsi nel mio stomaco, li sentii risalire lungo la gola, sempre più gonfi.

Ed alla fine uscirono in un urlo inumano.

Una voce che non mi apparteneva.

E questa volta, per la prima volta, quel baratro di sangue e immagini sfocate non mi travolse, ero in un cinema, e sullo schermo di fronte a me vedevo quello che ormai non era più il mio corpo.

.
.
.

Il demone respirò affannosamente, soddisfatto della situazione.

Finalmente il corpo era suo ed ora poteva fare a pezzi chiunque, al pieno del suo potere.

Poteva rovinare la vita di Levi Akermann, e far saltare la sua sanità mentale, poteva averlo tra le mani per decidere se ucciderlo o lasciarlo nell'eterna sofferenza.

Poteva vendicarsi degli angeli, poteva distruggere la discendenza del santo che lo aveva condannato all'inferno.

Una risata sadica e folle rimbombò sulle pareti fredde della stanza e questa volta le catene non schioccarono più volte negli anelli di metallo, questa volta il pavimento si crepò incrinadosi sotto i punti a cui erano fissate le catene.

Una luce rossa fendette l'aria, fuoriuscendo dalle crepe.

E con il piccolo aiuto di Lucifero il demone tirò le catene e con un colpo secco gli anelli saltarono.

Le crepe spaccarono il muro, vicino ai cardini della porta.

Il demone la spinse e quella cadde, spianandogli la vista sul corridoio e sulle due guardie terrorizzate.

La luce rossa si spense, le crepe si richiusero, il demone sorrise, sadico:- Puf!

E si avventò sui due uomini in divisa.

...

- Sono in giardino, ed ho un coltello,
Apro la porta... Puf!
È sporco di sangue.

Il demone cantilenava ridacchiando, mentre percorreva il corridoio sotterraneo, in direzione delle scale.

- Salgo le scale, ed ho le forbici,
Arrivo di sopra... Puf!
Sono sporche di sangue.

Prese a risalire i gradini, lasciandosi alle spalle due cadaveri e un corridoio pieno di sangue brillante.

- Sono in corridoio, ed hai una corda,
Entri nella stanza... Puf!
È sporca di sangue.

Qualche goccia cremisi cadde sui gradini, colando dalla lama del coltello rubato ad una guardia.

- Sei nella stanza e non lo sai,
Ti guardi le mani... Puf!
Sono sporche di sangue.

Il demone scoppiò a ridere.

Tutti i presenti nella hall del piano terra si voltarono.

- Bu.- fece il demone.

Scoppiò il finimondo.

....ANGOLO MOSTRICIATTOLO IMPANATO (?)

Ed ecco che succede qualcosa :D

Per cui vi lascio con questo finale alla Insurgent e niente, mi auguro che stia piacendo a tutte le belle personcine che stanno seguendo.

SHIAUUUU

(^_^)/

Psycho || Ereri ||Where stories live. Discover now