***

"Ti metto una mia tuta sul letto, preparo una cioccolata calda, va bene?"
È molto gentile, ma come spiegargli che non sono permessi i dolci nella mia dieta?
"Preferirei un tè, senza zucchero, se non ti spiace."
"Non ti piace la cioccolata?" Sembra davvero stupefatto.
"Sì, ma non... lascia stare, va bene quella." Metto fine al discorso.
Vado nel bagno, che dire caotico è un complimento, senza indugiare mi metto sotto l'acqua. L'unico prodotto da bagno è un flacone che fa sia da bagnoschiuma che da shampoo. Tipico dei maschi, anche se ne conosco qualcuno più vanitoso delle ragazze.
Mi lavo alla svelta, non sapendo quanta acqua possa consumare, prestando più attenzione ai piedi. Mi ci manca solo una bella infezione per finire in bellezza.
L'uscita dalla camera viene accompagnata dal profumo della cioccolata.
"Sei buffa con i miei vestiti."
So che vorrebbe ridere a crepapelle, ma si trattiene.
"Beh, sei alto. Non è colpa mia se sono piccola." Mi difendo.
In effetti sono comica, con i suoi pantaloni che mi scendono continuamente, facendo dei buffi risvolti sul fondo.
"Nella botte piccola... come si suol dire." Cita il vecchio detto.
"Giusto. Da quando citi a memoria?" Lo prendo in giro, mentre arrivo zoppicante al bancone.
"Sono andato a scuola anche io, sai?
Non avrò la tua cultura, questo è ovvio, ma non sono né analfabeta né del tutto ignorante."
"Non ti stavo criticando, Dimitri.
Scherzavo, mi sento in imbarazzo e reagisco così."
Mi sorride e dice: "Facciamo passi da gigante, se mi chiami per nome." Vorrei ribattere ma le sue mani che mi prendono per i fianchi, mi bloccano.
Mi mette seduta sul pianale e va ad aprire uno sportello del pensile sopra il lavello.
"Devo dare un'occhiata ai piedi. Non vorrei che ti fossi ferita e che prendessi qualcosa. Le strade sono un letamaio qua."
Non so come comportarmi.
"Non passano le macchine spazzatrici?" Domanda stupida, a giudicare dall'occhiata che mi rivolge.
"Già è tanto se abbiamo l'acqua corrente." Sputa queste frasi tra i denti.
"Se lavori e per arrotondare combatti, perché sei ancora qui?" Non so che cosa mi prenda, ma sento il bisogno di conoscerlo, almeno un po'.
"Perché ci sono persone che non hanno altra scelta, Luna. So che per te è difficile capirlo, ma molta gente vive così. Non tutti nascondo dietro la linea di confine giusta."
"Lo capisco bene invece. Anche se sono dalla parte privilegiata del confine, ci sono compromessi anche per me. Come stanno i piedi?" Domando, vedendo che ha finito la medicazione.
"Qualche graffio, ma nulla di che. Infezioni non credo che ne prenderai." Butta via il cotone e rimette a posto la valigetta di pronto soccorso.
"Bevi la cioccolata, non ingrasserai, promesso" mi fa capire di essere più osservatore e sveglio di quanto pensassi.
"Spero. Altrimenti mi aspettano sedute sfiancanti col personal trainer. Non le augurerei al mio peggior nemico."
Mi osserva attento, poi sospira.
"Ti stanno così addosso?" Appoggia i gomiti sul ripiano.
"Mia madre, più che altro. È una donna particolare, con cui ho qualche piccola incomprensione. Non è cattiva, solo che...", ma non so che altro dire, come giustificarla.
"La perfezione, sempre e comunque?" Chiede.
"Azzeccato in pieno. Credo che si senta sola, forse a disagio con se stessa, e che dia così tanta importanza all'apparenza solo per colmare un vuoto. La capisco, da questo punto di vista."
"Devi colmare la mancanza di affetto?" Non capisco perché si interessi così, ma non è spiacevole sfogarsi con lui.
"No, c'è altro che devo affrontare.
Ho perso una persona cara, in circostanze particolari. Per farla breve, la mamma mi ritiene responsabile. Un po' come: tu sei sopravvissuta, non lo mando giù."
Togliermi quel peso, confidare questo segreto ha un potere terapeutico.
"Brutta storia. Però non dovrebbero incolparti. Non so cosa sia successo, però mi pare un po' esagerata come reazione. Le cose accadono e basta alle volte."
"Sei carino a dire questo, ma purtroppo la mamma è dura a capirlo. Alla fin fine non è che mi maltratti o altro, devo stare a regole un po' particolari e rigide. Se serve a farla stare meglio, perché no?" Chiudo la discussione, mentre lui si accende una sigaretta.
"Si è fatto tardi, resta qui stanotte. Io dormirò sul divano."
Non mi lascia scelta. Non mi riporta a casa, i taxi non passano e di certo non posso chiamare Anders.
L'unica soluzione è restare e fare buon viso a cattivo gioco.
"Grazie, ma sul divano ci dormo io. È casa tua e non è giusto.
Magari ho anche la fortuna di trovarmi tra i piedi Shazam. A proposito, dov'è?" Mi guardo attorno cercando il felino.
"Nella sua cuccia, ovvero il mio letto. 'Notte Luna."
Scompare dietro la porta, io mi stendo sullo scomodo e bitorzoluto sofà. Nulla a che vedere con le comodità di casa mia, ma devo farmelo andare bene lo stesso.
Mi copro con la coperta leggera, accendo la TV abbassando il volume e mi lascio andare. In poco dormo profondamente, così tanto da non sentire le sue mani che mi afferrano e che mi depositano sul letto.

***                                                                                    
Le tende che vengono bruscamente tirate mi svegliano di soprassalto.
"Ma che fai?" Gli dico, con voce dura.
"Che cosa faccio? Ragazzina, sei già nei guai, non tirare di più la corda." Perché la mamma è a casa di Cobra?
Apro gli occhi e mi ritrovo nella mia stanza.
"Ma... come ci sono finita qui?" Non capisco.
"Te lo spiego io: non appena ti ho messa in macchina sei crollata, costringendo Anders a portarti fin dentro camera tua. Dopodiché, Dolores ti ha svestita e messo il pigiama. Sia io che tuo padre siamo furibondi! Hai dato adito a chiacchiere, che se arrivano alle orecchie di chi sai tu, potrebbero costarci l'intero affare, stupida."
Ma io non l'ascolto, almeno non del tutto, troppo sconcertata dalla rivelazione. Ho sognato tutto quanto.
E come a voler trovare conferma, tiro fuori le gambe da sotto le lenzuola osservandomi le piante dei piedi.
Nessun segno, né un graffio, né un taglio. Esattamente come li avevo ieri sera, prima di infilarli nelle costose scarpe.
"Dunque? Non merito nemmeno una replica?" Me la trovo viso a viso, con le braccia incrociate e la bocca posizionata in una piega furiosa.
"Scusami, mi sono comportata davvero male." Faccio ammenda, già sapendo che comunque non basta.
"Credi di cavartela così? Hai capito male. La punizione che tuo padre ha deciso per te sarà equa. Andrai a fare volontariato al rifugio per i poveri. Per tutta la settimana."
Scandisce queste ultime parole, per dare maggiore enfasi al discorso.
Mi sento morire, in quel posto non ci voglio andare.
"Aspetta, vi prego, non punitemi così", provo a giocare la carta della pietà, ma non serve a nulla. Mi rivolge uno sguardo gelido, abbozza un sorrisetto e scompare, sbattendo la porta.
Mi siedo stancamente sul letto. Sono sconfortata.
Già è stato pessimo svegliarsi ed aver capito di aver sognato tutto quanto, se ci si mette anche la punizione... peggio di così non può andare.
Vado in bagno, sistemandomi al meglio. Devo apparire forte e invulnerabile, mio padre si aspetta questo, per cui devo fare come meglio mi conviene. Adottare questa tattica, dargli a vedere che accetto la punizione con stoica fierezza, servirà a non peggiorare la situazione.
Metto il mio abito migliore, mi pettino e trucco come se andassi a un evento, raddrizzo le spalle e scendo di sotto per affrontare le conseguenze.
L'accoglienza non è molto diversa da quella ricevuta dalla mamma.
Papà mi guarda dall'alto in basso, inarcando un sopracciglio.
"Siediti. Tua madre ti ha già detto tutto. Ma lascia che aggiunga un altro paio di cose: manda in fumo il mio affare e ti diseredo. Andrai a fare la sguattera in una bettola, alla meno peggio.
Mi hai capito bene?
E quando James ti chiederà di sposarlo, perché lo farà, che non ti passi per la testa di rifiutare. Ti porterò io personalmente nel ghetto, se oserai tanto."
Abbasso la testa e mormoro: "Va bene" semplice e conciso.
Ma dentro di me ribollo di rabbia. Stringo i pungi e serro le mascelle.
Sono stanca di questa vita, è vero, ma non sono neppure pronta a lasciare tutto, soldi, status e quant'altro, andando a vivere nel quartiere povero. Non saprei da che parte iniziare, né come cavarmela. Per cui mi devo far comandare ancora una volta.
Odio essere così debole, ma che altro posso fare?
L'unica valvola di sfogo ed evasione è Cobra.
Sottostarò alle loro regole, porterò avanti la finzione con Jimmy, ma mi prenderò qualcosa anche per me.
Anche se è solo benessere fisico.
Inizio a fare colazione, immaginando la musichetta de Lo squalo a fare da sottofondo al silenzio tombale che permea la sala.
Quasi mi strozzo col caffè, ma faccio finta di aver avuto un colpo di tosse improvviso.
"Anders ti porterà all'ostello, questa sera alle 19:00 in punto. Non farti aspettare e non provare a disobbedire, intesi?" Puntualizza ancora una volta.
"No, non preoccuparti. Buona giornata." Lo saluto, vedendo che sta alzandosi. Ovviamente non risponde, così come non degna di uno sguardo la mamma.
Mi viene spontaneo chiedermi come passeranno le due settimane di vacanza assieme, se neppure si guardano. Sono quasi tentata di chiedere delucidazioni alla mamma, ma quest'ultima è tutta intrappolata nel suo mondo, intenta a chattare con le sue amiche.
Termino il caffè, poso la tazza e me ne vado in camera. Afferro il cellulare e chiamo Naomi.
"Tesoro, buongiorno." Mi saluta cordialmente.
"Ciao, ho bisogno di un favore." Esordisco senza preamboli.
"Certo, dimmi." Si mette a disposizione.
"Bene. Mi serve..."

"

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