Capitolo 12. La terra trema - Parte Terza

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Un'espressione contrita passò, per un momento, sul volto dell'uomo fermo davanti alla porta; poi questi scosse il capo e mosse una mano come a catturare i sottili fili di un incantesimo già pronto nella sua mente. «Fossi in te, non ci proverei, se tieni alla vita» lo minacciò Ben, cominciando a caricare un colpo.

«Oh, in tal caso...» mormorò lui, afferrando il ciondolo e alzando gli occhi in tempo per osservare la lama correre verso il suo volto. All'ultimo momento, l'uomo lasciò cadere la mano e mosse rapido l'altra verso la spada al suo fianco, ruotando il busto con un mezzo passo all'indietro; nel movimento strappò il fodero dalla cintura e lo usò per parare l'affondo dello spadone, per poi far forza per allontanare al lato la lama avversaria, con un ghigno di soddisfazione dipinto sul volto contratto dallo sforzo.

Mentre Ben riportava il peso al centro del corpo e caricava un nuovo colpo, il chierico mosse un altro passo in diagonale e prese spazio, il tanto sufficiente per estrarre la spada bastarda e lanciare il suo fodero a terra, poi fu costretto a inclinare l'arma innanzi a sé per fermare il successivo attacco del guerriero. I due acciai impattarono e stridettero, mentre entrambi facevano forza per piegare la resistenza dell'altro; per un secondo si osservarono, misurando le rispettive forze e velocità e facendo sfumare in sottofondo il clangore delle armi dei compagni.

Poi Ben ringhiò, sfogando la frustrazione accumulata in quegli ultimi giorni in una spinta verso il basso, che allontanò la lama avversaria dalla sua e gli diede spazio per far ruotare lo spadone; ancora impegnato a recuperare l'equilibrio, il chierico non riuscì a frapporre la spada, e la lama del guerriero si fece largo oltre le maglie della sua armatura, infrangendole e incidendo in profondità la pelle sottostante.

Un urlo di rabbia e un'espressione di dolore sostituirono il ghigno sprezzante che fino ad allora aveva capeggiato sul volto del chierico e i suoi occhi si inumidirono di frustrazione e terrore. Portando una mano alla ferita sanguinante, l'uomo allontanò a fatica con la lama un secondo affondo e indietreggiò, fino a che la solida consistenza della pietra alle sue spalle non gli rivelò di essere arrivato al muro esterno, e di non avere altra via di scampo.

Con un'occhiata disperata alla stanza, il chierico cercò la compagna, e la vide impegnata in duello con il cacciatore, splendida e letale nella furia che pareva ammantare ogni suo gesto e circondata dalle due guardie che le aveva affiancato, che ne proteggevano i fianchi dagli attacchi dei restanti avversari. Per un momento, gli parve quasi che il fuoco pompasse in ogni fibra del corpo della sua sacerdotessa, guidando i due pugnali incurvati in scintillanti archi letali contro le armi del ranger e dipingendo un'espressione determinata sul suo volto sottile.

Percependo il movimento del guerriero a pochi passi da sé, l'uomo si sforzò di riportare la sua attenzione su di lui, decidendo di lasciare la ferita aperta per affiancare la mano insanguinata alla compagna che già stringeva l'elsa. Distese nuovamente la lama e parò con sempre maggiore fatica i due successivi affondi, riuscendo tra uno e l'altro solo ad avanzare di un passo e a pronunciare un breve e marcato «Tara», rivolto alla compagna, prima che l'ultimo attacco lo riportasse spalle al muro; la lama si fece sempre più pesante tra le sue mani e il fiato si spezzò per la fatica e la debolezza che si irradiava a ondate dalla ferita viva sul suo petto.

In quel momento, nello sguardo accesso del suo avversario, e nell'urlo roco che lasciava le sue labbra, l'uomo vide passare la consapevolezza della sua imminente fine, e pregò silenziosamente Dóiteáin di accoglierlo al suo fianco, dove sapeva di essere atteso; ma prima che lo spadone arrivasse a lui, la voce della sua compagna si levò alta e oscura: «In ainm an Dóiteáin, iarr mé ort do ghabháil!*» gridò la sacerdotessa, e quelle parole percorsero il suo corpo come una carezza oscura e inebriante.

Tutti gli altri nella stanza avvertirono con chiarezza l'empietà di quell'invocazione al dio del fuoco farsi strada attraverso loro, ma fu solo Ben a percepirne l'effetto distruttivo: come perforati da una miriade di piccoli aghi invisibili, i muscoli del guerriero sussultarono e fremettero a contatto con l'energia sprigionata dalla donna. Sotto lo sguardo meravigliato del suo possessore, l'arma si fermò in aria a pochi centimetri dal volto del chierico e le braccia che la impugnavano, tese oltre il corpo, scaricarono tutto l'impulso accumulato in una scia di calore e immobilità.

Sconvolto da quella sensazione distruttiva, il guerriero ebbe bisogno di qualche secondo per realizzare di non possedere più il controllo sui suoi muscoli, che giacevano ancora tesi e tirati dallo sforzo dell'ultimo colpo caricato. Davanti a lui, il chierico si concesse un sorriso, sfumato appena di quella vena iniziale di arroganza, mentre osservava con soddisfazione il minaccioso ma inutile spadone teso a separarli. Ben lo vide sospirare e abbassare l'arma, per lanciare poi un'occhiata alla stanza dietro le sue spalle e annuire, con la mano nuovamente ferma a trattenere quelle scintille scarlatte di vitalità che già avevano macchiato la stoffa sottostante, aggiungendo nuove tonalità al rosso della tunica.

«Che peccato,» mormorò infine l'uomo, riprendendo a guardarlo «tanta irruenza sprecata. Saresti stato un ottimo acquisto, se solo fossi stato più propenso alla discussione.»

Ben fece per ringhiare, e ricordare al chierico che, non fosse stato per quell'incantesimo venuto dal nulla, ora non avrebbe avuto più alcun modo di discutere con lui; ma la sua bocca rimase impassibile, spalancata nell'urlo rilasciato poc'anzi, che non aveva visto il suo completamento. Con sgomento, il guerriero fu costretto a osservare impassibile il suo nemico ghignare nella sua direzione, per poi muoversi adagio entro la stanza, verso i combattenti ancora impegnati in duello.

Muovendo gli occhi, unici a non essere ostaggio della morsa del dio del fuoco, Ben cercò i compagni e li vide combattere fianco a fianco, per arrestare l'irruenza degli attacchi esperti e letali dei loro avversari. La sacerdotessa era ferita, lo distinse chiaramente dal modo in cui teneva le armi del ranger lontane dal fianco, inclinandosi di continuo e lasciandosi sfuggire qualche lamento nel processo. Ma sottili rivoli di sudore solcavano le gote e la cicatrice del ranger, e anche a quella distanza, Ben percepì la difficoltà del compagno nell'arrestare la rapida successione di affondi dell'avversaria, portati con aggressività nonostante le ferite.

Accanto a loro, Jord e CJ tenevano occupate le due guardie, e mentre il primo sfruttava la solida protezione della sua armatura più che la mazza ferrata che teneva in pugno – nella quale non pareva particolarmente esperto – il secondo cercava di appellarsi alla sua innata velocità, per deviare i colpi dell'avversario e inserire la sottile lama nei pochi punti scoperti che emergevano dalla strenua difesa della guardia più grossa. Eppure, nonostante tutto, anche loro sembravano cedere a poco a poco, sempre più stanchi e prostrati dalla rapidità e precisione dei loro nemici.

Ben li osservò, impotente, mentre mettevano a segno qualche altro colpo e aprivano nuove leggere ferite nelle due guardie, poi scorse il chierico avanzare verso di loro con il medaglione in pugno e iniziare a intonare un'invocazione, che risuonò tetra e glaciale alle sue orecchie.

Con sconcerto, vide gli avversari farsi improvvisamente più rapidi e spietati, e i loro muscoli venire come risanati e rinforzati dal potere del loro divino protettore. In pochi attimi, la sacerdotessa mise a segno due colpi alle gambe del ranger, privandolo dell'appoggio e costringendolo a inginocchiarsi ai suoi piedi. Poi gli puntò una lama alla gola, e con voce arrochita dalla furia esclamò, all'indirizzo degli altri due: «Arrendetevi, e potrebbe avere salva la vita.»

Jord e CJ a quelle parole raggelarono, indugiando solo un istante prima di scorgere il compagno minacciato e obbedire all'ordine perentorio.

Fu in quel momento, mentre i due lasciavano cadere le armi a terra e sollevavano lentamente le mani, che Ben si accorse finalmente dell'assenza di Daniel e del bottegaio.


*nel nome di Dóiteáin, ti ordino di fermarti!

Le Fiamme di Dóiteáin - Cronache di Irvania IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora