Capitolo 8. Yusdrayl - Parte Seconda

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«Avanti spiega. Quale idea malsana ti è venuta in mente?» esordì il ranger, quando tutti i compagni ebbero percorso lo stretto corridoio e la porta si fu chiusa alle loro spalle. Ben condusse Timmy lontano dalla gabbia e dai resti del drago e il gruppo lo seguì, fino a una delle pareti meno ingombre di tomi marciti e congelati.

«Idea malsana? Non so di che parli. Quando mai ho avuto idee malsane?» rispose Daniel, fingendosi offeso. «Se mai dovreste ringraziarmi, stavate per accettare un lavoro senza conoscerne alcun dettaglio, e per giunta senza nessun pagamento».

Jake sospirò. «Ovviamente avremo chiesto i dettagli prima di acconsentire. Così come maggiori informazioni su questo Lonnor qualcosa» ribatté seccato.

«Linnormr» intervenne Spock. «E sì, anche a me preme sapere di più su quella creatura. Aspettavo solo il momento giusto per porre la domanda.»

«Esatto» annuì Jake, ringraziando il druido per il supporto con un cenno e riportando la sua attenzione sullo stregone. «Ma ora sono curioso, cosa hai pensato?»

«Ti prego, puoi fare una cosa veloce?» Galatea guardò Daniel con insofferenza. «Non ne posso più di questo posto e soprattutto di quella sala! Ma avete visto che degrado? E l'odore?» Storse il naso. «Io sono più che convinta che la cosa migliore sia andarcene da qui. Abbiamo il bambino, abbiamo le perle e le monete. Non è abbastanza per una missione improvvisata?»

Nessuno le diede retta e ottenne solo occhiate infastidite e sprezzanti. Sbuffò rumorosamente, sperando che l'irritazione che provava in quel momento filtrasse fino ai compagni, comunicando tutta la sua ferma opposizione all'idea di aiutare un gruppo di coboldi a liberare la loro fortezza dimenticata. Neanche la prospettiva dei ritrovamenti sul misterioso dio citato dal chierico riuscivano a offuscare la sensazione di soffocamento che iniziava a provare chiusa dentro quel buco sotterraneo e maleodorante.

Tra sé e sé Galatea pensò che quel momento si stesse rapidamente trasformando nel modo peggiore in cui passare il suo primo giorno di avventure. Per un secondo, guardando quelle mura polverose e cadenti intorno a lei, rimpianse la grazia e la bellezza della sua casa. Poi cancellò quel pensiero dalla mente, cercando di concentrarsi sul fatto che almeno lì, tra quelle strette mura puzzolenti, era libera di decidere da sola della sua vita.

«Le parole della cobolda non mi convincono. Sostiene di non avere nulla con cui ripagarci, ma avete visto la catasta che ha dietro le spalle?» stava dicendo Daniel nel frattempo, camminando avanti e indietro per la sala e muovendo le braccia per rendere più evidenti le sue parole. «Possibile che in quel mucchio non vi sia niente, e dico niente, che possa valere la salvezza della sua gente?»

«Se hai guardato bene, avrai notato che per lo più erano vecchie armi distrutte e armature arrugginite» rispose Ben, distogliendo per un attimo l'attenzione dal piccolo Timmy. Il bambino li guardava confuso, la stanchezza che iniziava a rendersi evidente nei movimenti rallentati e nei continui sbadigli che gli contorcevano il viso sporco. Non sembrava neanche più preoccupato per le sorti del coboldo ma, piuttosto, fortemente intenzionato a non lasciare la gamba del guerriero, alla quale si era aggrappato quando, poco prima, l'uomo lo aveva rassicurato promettendogli che presto sarebbe rientrato dalla madre.

Prima di continuare, Ben gli scarmigliò i capelli corti e gli sorrise, poi posò la schiena alla parete e incrociò le braccia, rivolgendosi al mezz'elfo in tono pacato. «Anche volendo, sono convinto che non saremmo in grado di recuperare quasi niente da quei resti».

«Come fai ad esserne sicuro? Non gli hai dato che uno sguardo veloce, come tutti noi» rispose pronto Daniel, fermandosi davanti a lui «E poi, chi conserverebbe cianfrusaglia inutilizzabile come fosse un tesoro?».

Le Fiamme di Dóiteáin - Cronache di Irvania IWhere stories live. Discover now