XXVII. Any Rule Can Be Broken

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Wendy abbassò lo sguardo verso la sua sinistra, concentrandosi sulla cassettiera dal legno scheggiato appoggiata alla parete. Il soffitto aveva smesso già da parecchi minuti di risultare interessante.

Sempre che lo fosse mai stato, tanto per cominciare.

Non riusciva a credere di trovarsi di nuovo lì, seduta su quello stupido letto, sola con i suoi pensieri che aveva tanta paura di risvegliare. Doveva concentrarsi su ciò che la circondava, sui pochi confusi rumori che la raggiungevano dall'esterno. E non poteva, per alcun motivo, permettersi di ricadere nel flusso dei suoi pensieri.

C'erano talmente tante cose che desiderava disperatamente sapere, tante altre che già sapeva e che non aveva avuto il tempo di metabolizzare, altre che aveva bisogno di capire e, se davvero fosse ricaduta nel circolo dei suoi pensieri infiniti, non ne sarebbe più uscita.

Abbassò di poco il viso, incrociando nuovamente con lo sguardo le sue mani sporche, le dita graffiate e i palmi arrossati a causa delle unghie annerite dalla terra, premute contro la pelle. Scese ancora con lo sguardo, osservando la corda stretta attorno ai suoi polsi, la cui estremità opposta era legata ad un anello agganciato alla parete.

Aveva provato in ogni modo a romperla, tirando con tutta la sua forza, mordendo e strappando fino a sentire l'intera bocca intorpidita e dolorante. Eppure la corda restava lì, intatta, solida e stretta, come d'altronde ci si doveva aspettare.

Scappare da Peter Pan non poteva essere così semplice, dopotutto.

Anche se, a dirla tutta, sarebbe potuto essere anche più semplice, se solo Wendy l'avesse voluto davvero. L'occasione di scappare, di andarsene senza voltarsi indietro, abbandonando Peter solo e senza poteri si era presentata in tutto il suo fascino appena poche ore prima. Ma Wendy l'aveva ignorata.

Ancora non capiva cosa le fosse passato per la mente, che cosa l'avesse trattenuta, che cosa le avesse detto il cervello per costringerla a salvare Pan e farsi così, miseramente, catturare.

E soprattutto non capiva, o più precisamente, si ostinava a non voler capire, perché Pan non l'avesse ringraziata. Perché l'avesse catturata immediatamente, rinchiusa nella sua tenda e abbandonata lì per quelle che ormai dovevano essere almeno tre ore, senza proferire la benché minima parola.

Solo un avvertimento le era stato fatto nell'esatto istante in cui Pan aveva riaperto gli occhi. Il prezzo sarebbe arrivato e avrebbe dovuto pagarlo senza potersene sottrarre.

E soprattutto, sarebbe stato molto più alto di quanto potesse immaginare, perché tale era il prezzo per la vita del più oscuro dei demoni.

Si costrinse a ritornare alla cassettiera. Stava divagando ed entrare troppo a fondo nei suoi stessi pensieri le avrebbe solamente arrecato altri danni.

Felix sedeva in silenzio, lo sguardo dritto davanti a sé e ogni centimetro di sé rivolto verso ciò che si trovava davanti ai suoi occhi, senza che essi tradissero nemmeno la minima ombra di qualsivoglia emozione.

Osservava concentrato la scena, i movimenti silenziosi di Peter Pan che vagava con lo sguardo da un angolo all'altro dell'accampamento.

Gli Sperduti attendevano, radunati come al solito attorno al falò spento, gli occhi che si spostavano da Felix a Pan, sperando che qualcuno dicesse qualcosa.

Felix strinse la mano destra in un pugno, cercando di organizzare i suoi pensieri per quanto fosse possibile.

"Sono passati cinque giorni." disse, spezzando il silenzio.

Pan sollevò lo sguardo da terra, facendo cenno al ragazzo inginocchiato al suo fianco di raggiungere gli altri, impedendogli di continuare la fasciatura. Sollevò la maglia da terra, indossandola nuovamente per coprire le ferite non interamente medicate che segnavano il suo petto.

The Neverland Demon || Peter Pan  #Wattys2017Where stories live. Discover now