capitolo 46

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Nobody's pov.

Mentre Skyler camminava per le vie meno affollate di Los Angeles, con la sua borsa Louis Vuitton, il telefono in mano e gli occhiali da sole tirati sopra la fronte, da tutt'altra parte del mondo una persona compose il suo numero, aspettando poi che rispondesse.

"Smettila di chiamarmi!" Ordinò la bionda rispondendo al telefono.
"Quando ci vediamo quindi? Lunedì?" La voce continuava a parlare, nonostante Skyler non volesse più parlare con quella persona.

"Porca puttana, Louis! Non me ne frega niente del trasferimento, di mio padre e di te!"
"Anche tu non interessi a tuo padre." Ribattè il ragazzo dall'altro lato del telefono.

Un colpo duro per Skyler, ma che non calcolò più di tanto.
Riattaccò la chiamata, perché era appena entrata nel palazzo delle agenzie del padre.

"Devo lasciare questi fogli in nome di Alessandro Braun." Disse Skyler alle due ragazze che la guardavano dalla postazione della reception.
"Da a me." Skyler passò i fogli alla ragazza mora che le aveva parlato.
"Posso andare?" Chiese la biondina, sporgendosi verso le due.

"Il signor DeSilvas, credo abbia qualcosa da dirle per suo padre." Skyler non conosceva affatto quella persona e nemmeno l'aveva mai sentita nominare da parte della sua famiglia. Eppure l'avrebbe sentita nominare per molti altri anni...

"Sta arrivando." Annunziò ancora la ragazza mora, volgendo un ultimo sguardo a Skyler e poi tornando a fare il suo lavoro.

Dei passi si diffusero nell'atrio del palazzo che fecero voltare all'indietro il capo di Skyler.
"Skyler." Esclamò con tono fermo l'uomo alto e di carnagione chiara. Una cicatrice sulla guancia destra faceva da cornice al suo viso. La camicia bianca infilata dentro i pantaloni eleganti, accompagnati da delle scarpe altrettanto eleganti, davano l'impressione dell'uomo dal nome 'DeSilvas'.

Quest'ultimo pose la mano a Skyler che afferrò saldamente, guardando l'uomo negli occhi color ghiaccio.

"Sono Carlos DeSilvas. Di a tuo padre che domani alle cinque di pomeriggio sono libero, mi può raggiungere." L'uomo scrutava attentamente quella ragazzina che stava ferma, immobile, senza proferire parola; quasi che Skyler avesse paura di quella persona.
Dopo aver fatto un piccolo cenno col capo, Skyler parlò: "Per fare cosa?"

"Sei così piccola, Blue. Sei ancora ingenua, ancora per poco." Carlos chinò il capo e ritornò da dove era venuto, lasciando Skyler confusa.

Uscì con passo accelerato da quel palazzo, sbloccando il telefono e componendo uno dei pochissimi numeri che sapeva a memoria.

Camminava, camminava e camminava per Los Angeles, con il disperato desiderio di tornare in centro il prima possibile.
"Pronto?"
"Justin, vienimi a prendere. Sono stata nell'agenzia dei miei e uno mi ha detto una cosa, ma non ho capito e mi ha fatto paura e adesso non so che strada devo fare, perché non c'è niente, un segnale, niente." Skyler parlava a raffica, mentre dall'altra parte del telefono si sentivano solo i passi di Justin, poi il rumore di una porta e di nuovo il rumore dei passi.

"Shh. Calmati, inviami la tua posizione e rimani ferma dove sei. Cinque minuti e sono da te." Skyler chiuse la chiamata, facendo come le aveva detto Justin ed aspettando.

Dopo dieci minuti arrivò Justin. Skyler entrò nella sua macchina, iniziando poi a spiegargli tutto nei minimi dettagli, fino a quando non arrivò ad una conclusione.

"Dobbiamo controllare fra le cose di mia madre e di mio padre, non me ne frega se mi è vietato o non porterei di rispetto. Devo trovare una cazzo di risposta a tutta questa merda."

"I tuoi sono a casa, adesso?" Chiese Justin, mentre guidava per le strade di Los Angeles senza una meta ben precisa. Aveva fumato due sigarette e l'aria nell'abitacolo della macchina dava fastidio a Skyler che non diceva niente, perché preoccupata d'altro.

YOU'LL LOVE THE DEVIL//JB.Where stories live. Discover now