•Capitolo 27•

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Qualche settimana dopo... (10 Gennaio 2017)

ASIA

Appoggio il mazzo di fiori per terra, e poi mi siedo di fronte alla lapide di mia madre. Oggi è il suo anniversario di morte...
È passato più o meno un mese. Un mese i cui i miei dubbi sull'identità dell'anonimo si stanno confermando. Sono certa che quella stronza di Manuela stia cercando di farmi paura per separarmi da Piero. E ciò che mi rattrista, è che ci sta purtroppo riuscendo.
Ed ora sono qui, a Bologna, di fronte alla lapide di mia madre.
Zio Michele ha richiesto di portare il corpo qui a Bologna, e non a Monfalcone, così possiamo venire quando vogliamo.
Io ci vengo spesso qui. Parlo con lei. Le porgo domande. Cerco di capire delle cose. E anche se lei non mi risponde, perlomeno mi ascolta.

«Ciao mamma» sospiro. «Sono successe tante cose dall'ultima volta che sono venuta a farti visita. Mi sono laureata con il centodieci e lode. Ho compiuto ventitré anni, ed ho festeggiato il nuovo anno con i ragazzi a Montecarlo. Ed ho anche nuotato con i delfini a Dubai» rido. «Però poi, ho avuto un altro attacco di panico. Era da anni che non accadeva più. Ma per colpa di Manuela, che sono certa è l'anonimo di ask, sono impazzita. Non voglio che mi separi dal mio Piero. Come farei senza di lui? A chi racconterei le mie giornate? A chi direi i miei segreti? Non voglio che faccia quello che ha fatto Luk. Non voglio che mi abbandoni anche lui. Voglio solo che lui rimanga al mio fianco, senza Manuela o nessun altro a darci fastidio. Chissà se mai riuscirò a stare tranquilla...» sospiro ancora.

Abbasso lo sguardo per qualche secondo e poi lo rialzo sentendo una mano nella mia spalla. Mi giro e vedo zio Michele con gli occhi fissi sull'immagine sorridente di mia madre che dà un po' di gioia e colore a questa grigia e triste lapide. Zio Michele si siede al mio fianco e appoggia il braccio sulle mie spalle, mentre io appoggio il viso sulla sua spalla.

«Il giorno un cui nascesti, io ero a lavoro. Mi chiamò verso le due del pomeriggio e mi disse che eri nata. La piccola Asia era nata. Ti chiamò così perché aveva il sogno di visitare l'Asia. Un sogno che però non si realizzò. Presi il prima treno che trovai è corsi immediatamente a Monfalcone. Arrivai in tarda serata. Stavo correndo come un pazzo ed avevo tutta la camicia piena di sudore, nonostante fosse Novembre. Arrivai in ospedale e subito vi vidi. I suoi occhioni neri ti guardavano così innamorati. Il tuo visetto rilassato sorrideva. Eri così piccola e così bella. Sembravi un piccolo angioletto. Ti ho presa in braccio, ed eri così uguale alla tua mamma» mi racconta.
«E poi?»
«E poi, lentamente, ti ho visto crescere. Mi ricordo il tuo secondo compleanno. Eri scoppiata a piangere quando tuo padre se n'era andato via.»
«Già...»
«Ancora non ci credo che quel piccolo batuffolo con gli occhioni blu che avevo tenuto tra le braccia sia cresciuto così in fretta. Vorrei tornare indietro nel tempo e vorrei riprenderti in braccio quel giorno. Vedere il tuo buffo sorriso. Le tue manine sul piccolo petto. Eri così bella... Sei così bella.»
Sorrido e lo stringo. «Zio?»
«Sì?»
«Perché Luk mi ha abbandonato? Cosa avevo che non andava?»
«Non lo so piccola mia. Forse aveva paura di essere padre.»
«Anche tu avevi paura, però sei rimasto con me. Sei la mia famiglia.»

Mi sorride. Rimaniamo qualche minuto in silenzio davanti alla tomba, poi ci alziamo ed andiamo via. Mi riaccompagna a casa, lo saluto e salgo. Prendo il telefono e posto una foto.

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La nipote del mio manager {Piero Barone}Where stories live. Discover now