Chapter 10

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Scendo dall'auto ancora insonnolita.
Dopo aver mangiato ho deciso di dormire e poi avrei fatto una dolce calda, per rilassarmi.
Ma la tranquillità venne subito smorzata da una chiamata da parte del gruppo.

Orario e luogo erano presenti sul display del cellulare, questa cosa non mi piace.
Non mi piace il fatto, che più vado avanti con questo giochetto losco e più mi piaccia il gusto.

La tentazione è la rovina dell'uomo.

Sbatto violentemente lo sportello dell'auto, questa aria di sottomissione morbosa da parte loro, mi affusca il giusto pensiero.
Verso di me il volto di Alvaro si posa sulla mia sagoma, spaventato dal tonfo provocato volontariamente da me.

Si acciglia in cerca di spiagazioni.
"Non ho nulla. Solo piccoli guasti tecnici." Smorzo la sua ansia e lui sembra rilassarsi, come se la mia fosse pura e sola verità.
Il nevosismo varca le porte della mia ragione, non ho voglia di stare qua ad ascoltare le loro stupide prediche.

Già, sono entrata adesso, ma le bimbe possono essere più sagge di vecchi sapientoni.
Se il giro deve far parte della mia vita, allora la prenderò in pugno proprio come si fa con un coltello.

Un coltello pronto a infilzare il corpo di un animale morto. Morto. Morto.

"Se sei nervosa, non è il momento adatto per stare quà." Puntualizza al mio orecchio Stefan.
Piuttosto che guardare il mio stato d'animo, mi concentrerei su questo catorcio costruito da loro, immagino, le mani premature non lasciano trasprarire l'evidenza dell'incapacità.

"Tieni d'occhio quell'ammasso di cemento armato, che tra poco cede come le Torri Gemelle. Tutta ha una fine." Sorrido falsa e mi avvicino alla porta già aperta.

Entro, anche sel la rabbia mi logora, l'evidenza fa parlare. Dentro è arredata davvero bene.
Schiudo le labbra e mi guardo intorno.
"Chiudi la bocca. Non hai ancora visto niente." L'indice di Stefan chiude con un colpo secco ma dolce la mia bocca.

Questo mi da qualsiasi sensazione, tranne quella di ridere.

Se vuoi giocare, Stefan.
Prendiamo i giochi, e giochiamo.
Ma se hai paura.
Afferra le tue insicurezze e va via.

Con poco rumore tutti so siedono attorno a lui, tranne me.
Mi siedo difronte lui, con il posto a capo tavola.

"La nostra non è una gang di criminali, come tante altre, ma è l'eccezione della mafia e di tutto il resto.
Noi siamo il contrario di tutto ciò che noi facciamo parte, noi siamo la scintilla in mezzo a tanto buoio. Questo ci rende forti." Si ferma.
Guardo gli lcchi di tutti, concentrati completamente su di lui.

Lui è calamata alle menti di tutti loro.

"Le gang si alleano dando alla luce gruppi formati da centinai di persone, noi siamo in quarantasette; siamo meno di cinquanta uomini."
"È una partita a scacchi. Il tuo avversario potrà avere anche più dame di te, ma se tu sai giocare, vincerai con successo e lui perderà con carenza di dignità." M'intrometto.
Gli sguardi si concentrano su di me e aspettano qualcosa in più.

"Vuoi giocare tu questa partita a scacchi, Kayla?" Chiede, nella sua voce la sfida si lascia sentire completamente.
"Certo." Affermo, aspetto una sua risposta che non tarda ad arrivare.

Accende il computer e lo pone davanti a me, mentre lo proietta al muro.
Ottima organizzazione.

"Loro sono Le Aquile: è un gruppi costituito più da uomini che da donne, anche se il nome non si addice per niente.
Da quello scritto sui fascicoli ognuno di loro non ha precedenze che saltani subito all'occhio.
Che ha cercato di bruciare un auto da piccolo perchè amava giocare con i fiammiferi, chi è cresciuto in famiglie coinvolte già in affari illeciti e robe varie." Si ferma, prende fiato e digota sullo schermo un nome che da come risultato una donna con gli occhi a mandorla.

"Lei è il boss. I suoi affari vanno a gonfie vele, cazzo se vanno a gonfie vele.
Le solite cose: riciclaggio di denaro, vendita illegale di stupefacenti e qualche laboratorio di droga sparso qua e la." Spiega.

"Vivendo in Italia ho imparato molte cose, tanta gente si sofferma sull'aspetto, particolarmente sul vestire, la mia famiglia non era italiana, ma ha imparato ad esserlo.
Gli italiani passeggiavano per le strade delle loro città e si facevano domande sulla gente: chissà se quella non è incinta così prematuramente, guarda che pancia.
Guarda, jeans strappato e anelli alle dita. In faccia sembra più pitturata, la sua famiglia sarà formata solo dalla madre." Dico, mi alzo a mi avvicino allo schermo.
"Tutti abbiamo un punto debole, e se il mio presentimento italiano non sbaglia, le donne che fanno tutto questo è perchè l'uomo di casa è defunto e ha lasciato debiti sparsi per il mondo." Loro mi guardano stupiti e improvvisamente interessati alle mia parole.

Stefan clicca un pulsante della tastiera e subito appare un fascicolo.
"Morte del marito, Guido Merith 1947-2004." Dic e io sorriso soddisfatta.
Mi avvicino a lui e rivolgo le spalle al gruppo, sussurro al suo orecchio "Presentimento italiano e logica, che dici?" Lui gira il volto verso di me e le sue labbra sono ancora pericolosamente vicine alle mie.
"Sesto senso femminile." Abbassa gli occhi sulla labbra e poi distoglie lo sguardo.

"Ha più di ottanta uomini. Il tuo forte senso italiano, ci aiuterà?" Stefan fa ridere sotto i baffi i ragazzi seduti ad ascoltare.
"No, ma la mia logica si. Mandare uno di noi ad una festa e incastare prima i suoi uomini e poi lei." Alvaro si acciglia e schiude le labbra.
"Perchè ad una festa?" Domanda
"Perché è lì che loro girano i loro affari." Rispomde Stefa.

"Come vuoi incastrarli?"
"Andrà da uno di loro, qualcuno di minorenne e femmina con l'intenzione di comprare della droga, il ragazzo si sentirà subito attratto dalla bellezza dellla ragazza e ci proverà sicuramente.
In questo caso qualcuno di noi si intromettera e nel frattempo la polizia sarà già arrivata al festino." Guardo tutti con la speranza che il piano possa andare bene per tutti.
Stefan sembra consenziente e anche i ragazzi, così in pochi minuti tutti siamo gia a casa a prepararci per la festa.





Powerful [COMPLETA] ||Stephen James.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora