Capitolo 1. Collediquercia - Parte Prima

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Quella mattina, il piccolo borgo di Collediquercia si animò, come di consueto, al sorgere del sole, stiracchiandosi pigramente per scacciare i residui della fresca notte primaverile appena sfumata. Come ogni giorno da una decina d'anni a quella parte, i primi raggi trovarono il vecchio oste già alzato, intento a rassettare la modesta sala da pranzo nella speranza che il giorno appena sorto fosse portatore di inusuali ma preziosi nuovi clienti. Benché negli ultimi tempi tale possibilità si fosse concretizzata assai di rado, l'oste aveva continuato, imperturbabile, quella sua routine, accontentandosi dei pochi abitudinari che passavano al Vecchio Cinghiale per un veloce scambio di battute insaporito da una birra, prima di una dura giornata nei campi.

Anche quella mattina, la piccola e solida locanda aprì le sue porte agli abitanti di Collediquercia, attirandoli a sé con il dolce profumo speziato che si levava dalla sua cucina, dove la paffuta e solare moglie dell'oste condiva i suoi manicaretti con canzonette paesane su folletti e spiritelli della foresta. La donna stava giusto descrivendo le gesta di uno di questi, quando udì un leggero bussare alla porta sul retro che la costrinse a lasciare incustodite le pentole ribollenti; afferrato uno straccio dal banco da lavoro, si asciugò le mani e, sempre canticchiando a fior di labbra, andò ad aprire la porta, inondando la piccola stanzetta di tiepidi raggi solari. Sull'uscio c'era il ranger della zona, con un cerbiatto appena cacciato sulle spalle.

Il volto del nuovo arrivato si illuminò, vedendo la locandiera, ma il sorriso non riuscì a nascondere del tutto lo sfregio che gli attraversava metà viso, partendo dall'occhio destro per scendere giù, oltre la gota, e arrestarsi solo poco prima dell'orecchio. Era un peccato, pensò la taverniera, che un bel giovane come lui si portasse appresso un segno tanto orribile. Per quanto non avesse mai avuto il coraggio di chiedergli come si fosse procurato quella ferita, era sicura che fosse uno spiacevole ricordo del suo passato, che Ada immaginava spaventoso come solo quello di chi ha visto la morte in faccia può essere; in cuor suo era contenta che quel periodo di vita del ranger fosse terminato in favore di un'esistenza più tranquilla nel piccolo borgo.

Anche con quel brutto segno, comunque, rimaneva un uomo interessante, con dei begli occhi castani e sinceri e il sorriso onesto di chi prova un reale piacere nel conversare con gli altri.

Viveva nei dintorni del villaggio da alcuni anni, ma per molti abitanti era ancora difficile parlargli ignorando quella grossa e impressionante cicatrice. Ci era voluto del tempo perché la diffidenza per il suo aspetto lasciasse spazio all'abitudine e al piacere di avere un ottimo cacciatore nella zona; ce ne sarebbe voluto ancora di più perché quel segno non destasse più alcuna reazione in loro.

Ignaro o forse solo abituato al lieve turbamento della locandiera, il ranger le sorrise e piegò leggermente la schiena sotto il peso della cacciagione, prima di esordire: «Buon giorno, Ada. Ti ho mai detto che non conosco modo migliore per iniziare la giornata delle tue amabili canzoni? Sono sicuro che tutta Collediquercia aspetti il sorgere del sole solo per sentirle» disse, accompagnando la frase con un piccolo occhiolino.

La locandiera rise di cuore e gli fece cenno di entrare. «Oh, Jake. Queste lusinghe di primo mattino! Non farti sentire troppo dal vecchio brontolone, che altrimenti mi diventa geloso. Vieni, vieni, poggia pure sul bancone, vado a chiamare John» replicò poi, muovendosi verso l'arcata che separava la cucina dalla sala da pranzo e fermandosi solo un attimo davanti al grande camino, su cui capeggiava un abbondante pentolone di ferro, fumante; giusto il tempo necessario per rimestarne il contenuto e assicurarsi che non si attaccasse. «Non preoccuparti di sporcare, tanto devo ripulire nuovamente il posto» furono le ultime parole che Jake sentì, prima che la morbida figura della locandiera sparisse dietro l'arcata.

Pochi secondi dopo aver posato la carcassa sulla rude tavolata, il ranger vide il vecchio oste entrare nella cucina, con il suo passo leggermente claudicante e un'espressione bonaria e sorridente sul volto. «Buon giorno, Jake. Sempre a fare i complimenti alla mia Ada, eh? Guarda che un giorno rischi di portarmela via, così». Gli strinse la mano con calore, poi puntò i suoi occhi su di lui, senza alcun cenno di turbamento. «Credi che non abbia notato come ti guarda? Eh, se avessi vent'anni in meno te le darei di santa ragione, ma ora sono vecchio, e dicono anche saggio». Queste ultime parole furono accompagnate da una risata tonante. «Quindi, per il momento mi accontento del fatto che ti sogni, ma che sia sempre al mio fianco».

Anche Jake sorrise alle parole dell'oste, sapendo quanto, in realtà, i due tenessero l'uno a l'altra: quella taverna, costruita insieme trave dopo trave, era la prova vivente del loro forte legame e nonostante le battute che i due si scambiavano davanti agli ospiti, nessuno aveva mai dubitato che avrebbero terminato la loro vita insieme, proprio come l'avevano cominciata.

Messi da parte i convenevoli e le risate, i due si accordarono sul compenso per la cacciagione, poi si lasciarono calorosamente come si erano trovati e il ranger uscì dalla taverna, sempre dalla porta posteriore, promettendo al vecchio oste che sarebbe ripassato più tardi per godere della buona cucina di Ada. Il sole lo riaccolse in tutto il suo splendore e lui si mise in marcia verso la sua piccola abitazione nel cuore della foresta, immaginando il ruscello che lo attendeva e nel quale avrebbe lavato via i segni della caccia.

Le Fiamme di Dóiteáin - Cronache di Irvania IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora