[Eddie]

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Nessuno mi dice mai niente, e oggi non è un'eccezione alla regola del non raccontarmi nulla.

Capisco tante cose, però: capisco che sono ancora piccolo; capisco che sono più veloce dei ragazzi della mia età; capisco che non sono bravo in matematica; capisco che, se mangio troppi dolci, starò male; capisco che sto crescendo; e capisco quando qualcosa va male. Nessuno me lo dice, ma lo capisco e basta.

Così, quando papà torna presto dal lavoro e mi manda a casa di Jimmy senza dire una parola, capisco che la mamma non è più scesa dal secondo piano perché qualcosa va male

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Così, quando papà torna presto dal lavoro e mi manda a casa di Jimmy senza dire una parola, capisco che la mamma non è più scesa dal secondo piano perché qualcosa va male. Ma capisco anche quando è meglio non fare domande, e mi trattengo.

Passo il pomeriggio a casa del mio amico, ma dopo un po' mi stanco di stare con i dinosauri e lo convinco ad andare a giocare a pallone in giardino.

La mamma di Jimmy si chiama Tamara, ed è l'amica del Liceo della mamma. Mi è sempre sembrata un po' nevrotica e strana, così non faccio caso ai singhiozzi che sento venire dalla finestra aperta della loro cucina.

«Piange sempre da quando sta per arrivare Grace», mi spiega il mio amico dopo qualche colpo di pallone. «Non è ancora nata e mi sono già stufato della mia sorella».

«Di mia sorella», lo correggo con una risata.

«Chissene», risponde lui facendo una smorfia, e continuiamo la nostra partita.

La mattina seguente, dopo aver passato la colazione a parlare dei Red Sox, la mamma di Jimmy mi porta a casa della nonna, dall'altra parte di Grove's Hills.

Mi sembra di essere un pacco sradicato dalla sua vera destinazione, ma resto zitto mentre mangio gli spaghetti.

«Quando posso tornare a casa, nonna?», chiedo, stufo: «Alle quattro c'è una partita contro i Giants.»

Lei continua a lavare i piatti in silenzio, così mi alzo e le do qualche tocco con le dita nella schiena.

«Puoi vedere il baseball anche da qui, tesoro», dice con voce fioca; e la sento tirare su con il naso.

«No, nonna», rispondo. «Si vedono soltanto con la TV per via cavo».

«Allora mi dispiace, piccoletto», mi spiega, ancora di spalle a me. «Forse oggi non potrai vedere la partita.»

Papà viene a prendermi dopo cena, ma mi sono addormentato guardando "Il Re Leone" e sento come mi porta in braccio fino alla macchina. Sto solo dormicchiando, mi sorprendo quindi quando non sento la radio di sottofondo o qualche canzone dei Queen che tanto piacciono ai miei.

Quando la macchina si ferma però, la mamma mi sveglia e mi stringe tra le braccia. Sono ancora molto stanco, ma riesco a vedere come abbia il volto pallido e le spalle cadute.

Appena arrivato in sala, mi ritrovo Ben seduto sul tavolo a testa bassa, e quando sente i miei passi, la alza e fa incontrare i nostri occhi; i miei, stanchi per l'ora che è, e i suoi, vuoti e arrossati.

Dopodichè ci sediamo tutti quanti insieme nei nostri soliti posti, tutti tranne Emma, che pare non essere in casa.

Il silenzio regna nella stanza, e sembra che nessuno abbia intenzione di aprire bocca. Hanno tutti i volti talmente stanchi e pieni di tristezza, che non faccio il bambino piccolo e tengo duro.

«Tutto sta per cambiare», sento dire a papà con voce ferma; e so che sta per dire qualcos'altro, ma non riesco a trattenermi dal fare la domanda.

«Dov'è Em?», chiedo, guardando i volti spenti della mia famiglia.

«Lei...», inizia lui; ma non riesce a finire la frase prima di rompere in soffocati singhiozzi.

Mi alzo ad abbracciarlo, confuso, e la mamma resta con lo sguardo fisso nella parete della stanza, senza reagire.

Ben si alza di botto e corre di sopra, e so subito che le dimensioni di ciò che è successo sono ancora più devastanti di quanto immaginavo.

Ma nessuno mi dice niente, e oggi non è un'eccezione alla regola del non raccontarmi nula.

Ma nessuno mi dice niente, e oggi non è un'eccezione alla regola del non raccontarmi nula

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E so che niente tornerà come prima.

WATERS - l'ultima goccia di teWhere stories live. Discover now