Olivia

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Era da settimane che non riuscivo a dormire, pensando a come poter affrontare il mondo e a come poter alzarmi il giorno dopo, e anche l'altro, e anche l'altro ancora. Solo un paio di mesi prima si sarebbe potuto dire che la mia vita era facile, anche divertente, e che eravamo solo io ed Em, le ragazze W, contro il mondo.

A lei piaceva chiamarci così, diceva che in tutto il pianeta sicuramente ci sarebbero state tante amiche con i nostri stessi nomi, ma che c'erano 99,99% di probabilità che fossimo le uniche due Wayne e Waters della storia.

Waters.

Non vi sembra ironico? Waters. Ed eccomi di nuovo a pensare ai tabloid: "Emma Waters trovata annegata nel Lago Richmond".

Ironico era dire poco, molto poco.

Se fosse stato in delle circostanze diverse, forse noi l'avremmo trovato una cosa divertente. È solamente un gioco di parole stupido. Stupido. Forse, quando Emma ha deciso di farla finita, forse mentre sceglieva come farlo, forse lo ha trovato divertente. Lei aveva un senso dell'umorismo peculiare, forse è per questo che ha scelto l'acqua. Per finire nascendo.

Ci ha sempre incuriosito il modo di morire di una persona, le sue ultime parole, i suoi ultimi pensieri, i suoi ultimi respiri; è iniziato tutto dopo aver assistito a un incontro di poesia durante l'estate del nostro quattordicesimo compleanno. Aveva insistito nell'andare perché c'era un ragazzo per il quale lei aveva una cotta che vi partecipava. Credo si chiamasse Alex. Ricordo che era biondo e che il suo cognome era francese, ma nient'altro; la verità è che non ero tenuta a ricordarmelo, i ragazzi di Em andavano e venivano come il vento durante una tempesta.

Ricordo di essermi ovviamente arrabbiata con lei dopo aver trascorso due ore ascoltando un mucchio di adolescenti depressi con gli ormoni a mille recitare i loro oscuri poemi sul sentire della vita e della morte. Insomma, alquanto deprimente.

Ma dopo quella serata, mentre mi accompagnava a casa, Emma mi ha fatto pensare a cose alle quali non avevo mai pensato prima.

Lei aveva quella magia dentro, quella di farti pensare alle cose, per quanto fossero strane, in una forma enigmatica ma divertente.

«Dai su, non hai mai sul serio pensato a che cosa penserai un attimo prima di morire?», mi aveva chiesto saltando dal marciapiede con le sue Converse bianche avendomi vista negare con la testa, «Mai, mai?»

«Dai su, non hai mai sul serio pensato a che cosa penserai un attimo prima di morire?», mi aveva chiesto saltando dal marciapiede con le sue Converse bianche avendomi vista negare con la testa, «Mai, mai?»

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«Neanche una sola volta», le risposi indifferente.

«Scommetto tutta la mia collezioni di Barbie che penseresti ai biscotti di mia nonna», mi disse sorridendo, e mi scappò una risata nel bel mezzo di quella strada di notte estiva.

«Come mai mi conosci così bene?», le chiesi, facendole la linguaccia, ed entrambe ridemmo insieme, prendendoci per mano e saltellando dal marciapiedi.

«E tu che cosa mi dici? A che cosa penseresti prima di andare dall'altra parte?», aggiunsi curiosa.

«Mmm...dovrai scoprirlo te da sola...», rispose misteriosa, e corse fino l'entrata del giardino di casa mia per dirmi addio.

Ecco tutto.

Odiavo che facesse quello: aveva sempre il vantaggio di aver fatto lei la domanda per prima per ottenere una risposta e poi restare in silenzio a godersi il mio stato di confusione e perturbazione volta dopo volta.

Come quel giorno che mi ha fatto scegliere tra cani o gatti, o quando mi ha fatto ammettere che il mio libro preferito era "Il grande Gatsby" ma si è negata a rispondere lei perché diceva di essere  una scelta troppo dolorosa. Il caso e' che, anche essendo le migliori amiche, dopo che se ne era andata, cominciai a pensare che lei conoscesse ogni millimetro del mio essere e io, di lei, solo pochi frammenti.

WATERS - l'ultima goccia di teWhere stories live. Discover now