CAP. XXIX

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Quell'estate passò lentamente. I tempi si dilatarono annegati nell'insoddisfazione generale. Lo scontento più tangibile era quello di mia madre che aveva costantemente sul volto un'espressione amareggiata e impaziente. Spesso spariva da sola per fare lunghe passeggiate sulla spiaggia. Sapevamo che era una scusa per stare attaccata al telefono a parlare con il suo amante, anche se detestavo, allora come oggi, questa parola. Non voglio più dare a questo termine una connotazione negativa. Si trattava della persona della quale mia madre era innamorata e con la quale voleva costruirsi una nuova vita e ora sono convinta che ne avesse tutto il diritto perché so che non ci avrebbe dimenticati. Voleva solo migliorare la sua vita e forse anche la nostra.

Mio padre assumeva, in quei momenti, un atteggiamento vittimistico da uomo ferito. Con le sue parole sarcastiche, cattive, cercava di esternare tutto il suo odio e di sporcare e rovinare tutto quello che lo circondava.

Ale, che aveva lo stesso temperamento passionale e vivace di mia madre, divenne nervoso e intrattabile. Trasformava ogni piccolo avvenimento in pretesto per polemizzare e lamentarsi. Infine c'ero io, poco più che una bambina che fino ad allora aveva vissuto una vita normale e tranquilla, seduta quietamente nell'ombra, ma in grado di godere del riflesso luminoso che proiettavano su di me mia madre e mio fratello.

Feci quello che mi venne più naturale. Mi rinchiusi in me stessa. Cominciai a fantasticare di vivere un'altra vita, di essere già grande e indipendente, di costruirmi una mia esistenza sana, circondata da persone positive. Insomma persi il senso della realtà e forse cominciò allora la rimozione dei miei ricordi. Quella fu anche l'estate in cui conobbi un ragazzo. Pensarci ora mi fa sorridere anche se fu un incontro importante. Il primo bacio, le prime lunghe discussioni a parlare di libri letti o di musica. La disgregazione della mia famiglia divenne più tollerabile. Fummo ad un passo dal progettare una fuga. Con l'incoscienza dei nostri pochi anni, pensammo fosse l'unico modo per affermare noi stessi e affrancarci dalle costrizioni e dai problemi che ci imponevano gli adulti. Quegli adulti che tutto erano diventati tranne che modelli di vita.

Ora capisco, anche se è passato così poco tempo, che più giovani si è, più si è intransigenti e moralisti. Non viviamo nel migliore dei mondi possibili anche se è l'unico e il mondo degli adulti è complicato e deludente quanto e più di quello degli adolescenti irrequieti che vogliono tutto e subito. Il nostro non è il mondo perfetto che ci immaginiamo da bambini. Quasi niente va come vorremmo che andasse. Cambiamo noi e le nostre vite in un incessante, lento ma inesorabile passaggio tra momenti di fugace felicità e cadute che spesso ci sembrano definitive.

Anche quell'estate finì così come era arrivata e la realtà tornò a soffocarci, sovrastare in tutta la sua durezza. Tre giorni prima di tornare in città, mia madre venne ricoverata in ospedale per la rottura del setto nasale. Ci chiamò mio padre dall'ospedale. Mentre tornavano dal supermercato, un'auto aveva frenato bruscamente davanti alla loro e lei aveva sbattuto il viso sul cruscotto.

Questa era la versione ufficiale e mia madre la confermò sotto gli occhi severi di mio padre. Non credemmo alla cosa, io e Ale ne parlammo a lungo ma come spesso accade nelle famiglie perbene dove accadono queste cose, la decisione che prendemmo fu quella di tacere, di sopportare in silenzio, di aspettare il giorno in cui tutto sarebbe finalmente finito.

Ora so che quell'errore, quel tacere, quella mancanza di coraggio, probabilmente costò la vita a lei e a mio fratello.

Arrivò settembre e l'inizio della scuola. Improvvisamente tutto cambiò. La questione di mia madre sembrò dimenticata. Non l'avevo mai vista così remissiva e tranquilla. Aveva lo sguardo spento e non riceveva più le solite telefonate. Anche il suo lavoro sembrò rallentare. Riceveva incarichi che rifiutava adducendo scuse poco plausibili. Mio padre sembrava raggiante e soddisfatto all'idea di avere raggiunto il suo scopo.

Sembrava essere riuscito ad allontanarla dall'uomo misterioso e segreto che voleva portarcela via e allo stesso tempo aveva ottenuto di annientare la sua intraprendenza, la gioia che le dava il suo lavoro. Il nostro egoismo fu sufficientemente grande da pensare che le cose andavano meglio, che la nostra vita sarebbe andata meglio e che tutto si sarebbe sistemato.

Il fatto che si fosse spenta e che stesse rinunciando a vivere una vita piena non ci balzò agli occhi come qualcosa di ingiusto e pericoloso per la sua salute mentale. Noi ricominciammo a vivere la nostra vita e lei divenne il contorno rassicurante della nostra esistenza.

Mio padre ricominciò a partire per le sue missioni. Tutto ci appariva come magicamente risolto.

Fu allora che iniziarono i veri problemi e naturalmente non eravamo preparati.


L'autunno è una stagione crudeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora