CAP. XIX

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La mia stanza, al secondo piano di questo hotel che fa parte di una famosa catena di alberghi a basso prezzo, è esattamente tra quella di Luca e quella di Federico. Per qualche motivo inspiegabile la cosa mi dà un senso di protezione. L'idea che in qualsiasi momento possa rivolgermi a uno di loro mi fa sentire meglio. Luca si è chiuso in se stesso per il resto del viaggio e sospetto che si sia pentito di essere venuto ma spero sempre che tutto si risolverà e che riusciremo a parlare più tardi. Federico si è fatto pensieroso e sono sicura che cercherà di capire quello che mi sta succedendo. È troppo intelligente e sensibile per non voler andare a fondo alla cosa.

Mentre penso questo il mio cellulare si illumina nel buio della stanza che ho lasciato in penombra. Sono coricata sul letto e c'è un silenzio ovattato e irreale. Le tende trasparenti fanno intravedere le luci della città. Non conosco questa città e non ho la più pallida idea della zona nella quale ci troviamo in effetti. In genere amo viaggiare e informarmi con precisione su tutto quello che vado a visitare ma questa volta mi sono lasciata trasportare dall'evento senza occuparmi di nulla.

Sul display appare il nome di mio padre. Volutamente non l'ho registrato con la parola "papà" ma con il suo nome. Il cuore inizia a battermi più forte e il respiro diventa pesante. Cerco di pensare a qualcosa di bello che mi calmi ma non funziona. Davvero non riesco a capire come mai ho questa reazione in questo momento.

Mi decido a rispondere, forse mi tranquillizzerò.

"Ciao papà" spero non si senta che ho l'affanno come se avessi corso.

"Ciao Anna. Sei arrivata?" mi chiede con la sua voce profonda e severa.

"Sì. Hai parlato con la nonna? Ti ha detto che venivo qui?"

"Certo. È una cosa alla quale tenevi mi ha detto. Sei contenta?"

"Penso di sì" nonostante abbia voglia di tempestarlo di domande non mi esce nessuna parola sensata. Sono come paralizzata e vorrei che fosse lui, per una volta, ad aiutarmi spontaneamente.

"Pensi? Cosa vuoi dire?"

"Volevo dire di sì, che sono contenta, scusami" mi sento piccola e come se qualcuno mi avesse messo al muro.

Sento che i battiti del mio cuore si stanno normalizzando però e che il respiro sta tornando normale.

"Che cosa c'è Anna? Mi sembri strana" mi chiede come se nulla fosse.

"Niente, figurati, sono solo un po' stanca dal viaggio. Posso chiederti come mai mi hai chiamato?" sto prendendo coraggio.

"Non ti fa piacere?" se solo sapesse quanto mi fa male questa domanda. Possibile che non abbia proprio capito niente di me?

"Sì, papà e non sai quanto" mi stupisco io stessa di quello che sto dicendo.

"Volevo dirti che sarò a casa per Natale, così potremo stare un po' insieme. Ripartirò a gennaio"

"Bene perché ho bisogno di parlarti e farti delle domande"

"Su cosa?" ora la sua voce è più seria, sembra si stia irrigidendo.

"Sto iniziando a ricordare qualcosa. Devi chiarirmi un po' di cose su di te e sulla mamma" il silenzio che sento ora dall'altra parte del telefono non mi sembra un bel segnale.

"Ci sei, papà?"

"Quali sono i tuoi dubbi? Cosa hai ricordato?"

"Avevate dei problemi? La mamma ti aveva fatto qualcosa o voleva fare qualcosa che tu non volevi?" glielo chiedo a bruciapelo.

Ora o mai più mi dico, anche se forse non è il momento più giusto, voglio che sappia che non può più ignorarmi e fare finta che non sia successo niente. Ho ancora una montagna da scalare e oltrepassare per andare avanti e non ho più intenzione di usare scorciatoie o di fare favori a lui. Devo pensare a me stessa e alla mia psiche ora. Almeno su questo la mia dottoressa è stata chiara. In fondo, andare da uno psicoterapeuta ti aiuta proprio a capire questo, che nella vita bisogna essere egoisti, è questione di sopravvivenza.

Mentre rifletto su questo e su quello che vorrei sentirmi rispondere in questo preciso momento da quella che è la fonte dei principali problemi che ho attualmente, sento bussare piano alla porta.

Apro meccanicamente senza neppure guardare di chi si tratta e torno a sedermi sul letto in attesa di una risposta che tarda ad arrivare.

"Meglio parlarne a voce Anna. Non è il momento adesso." Prende tempo ma io non so più se riesco ad essere così paziente. Possibile che debba essere sempre così reticente?

Mi corico sul letto con le ginocchia piegate e fisso il soffitto.

"Non è mai il momento per te?" mi è uscito un tono duro e deciso.

"Non sono cose di cui parlare al telefono" avverto il suo stupore. Non si aspettava dalla dolce e remissiva Anna tanta determinazione.

"Va bene. Allora aspetto il tuo ritorno. È sempre più difficile aspettare queste risposte ma pazienterò. Si tratta di pochi giorni in fondo".

"Buona serata allora. A presto" ha fretta di mettere giù, come al solito.

Lascio andare il telefono e mi copro il viso con un braccio. Quasi non mi sono accorta che Luca è ancora lì in piedi che mi fissa, appoggiato alla cassettiera. Si avvicina e si stende accanto a me. Mi prende una mano e la appoggia all'altezza del suo cuore. Non si può rimanere insensibili davanti a questo ragazzo così tenace e con le idee così chiare. Se solo riuscissi a dirgli quanto ha già conquistato la mia anima e la mia mente. Ho solo paura che, quando finirà quest'anno e le nostre strade si divideranno, il mio cuore si spezzerà come mi è già successo per la morte di mio fratello e di mia madre. E quante volte si può spezzare il cuore di un essere umano, mi chiedo. Non si può arrivare alla mia età ed essere già così frammentata, chi raccoglierà allora i mille pezzi in cui mi sarò persa?

"Stai bene?" mi chiede girandosi verso di me, con il suo viso a pochi centimetri dal mio. Sembra che non riesca a starmi lontano per troppo tempo. Troppo tardi anche per tenere una distanza di sicurezza.

"Non lo so ancora" accenno un debole sorriso.

"Te lo dirò fra un po'"

"Tuo padre?"

"Sì, mio padre" sembra abbia già capito e questo non fa che aumentare la mia stima per lui.

Con l'indice disegna i contorni del mio viso senza distogliere i suoi occhi profondi dai miei. È sempre più vicino e il mio respiro ora si fa affannoso ma per un valido motivo. Averlo così vicino mi provoca sempre un'emozione forte, incontenibile. Penso che ne sia ben consapevole e la cosa lo rende ancora più audace e sicuro di sé. Mi circonda la vita con un braccio e posa le sue labbra sul mio collo, facendo lente evoluzioni con la lingua. Penso si sia accorto anche lui che sto praticamente tremando e che non è per il freddo. Mi chiedo come faccia ad essere un così esperto seduttore pur avendo solo diciotto anni, o forse è la mia inesperienza a farmelo sembrare il più abile degli amatori. Senza che mi sia accorta come è successo me lo ritrovo praticamente sopra di me, con le sue labbra che mi avvolgono in un bacio che è davvero poco casto e le sue mani che stanno toccando ogni centimetro del mio corpo. Odio doverlo fare ma mi ritrovo a cercare di fermarlo prima che il suo entusiasmo degeneri in qualcosa per cui non mi sento pronta.

"Aspetta, Luca" cerco di dirgli con fatica visto che non riesco a parlare per i baci con i quali mi sta praticamente soffocando.

"Dimmi" mi dice scostandosi leggermente per guardarmi negli occhi. Grosso errore questo perché i suoi occhi sono irresistibili per me e forse anche i miei per lui perché quasi subito le nostre bocche tornano a unirsi.

Il bussare deciso della porta mi salva. Per ora sono riuscita a fermarlo ma non so ancora per quanto penso.

"Anna, ciao... ah ci sei anche tu Luca. Bene. Stavate ripassando qualche lezione?" ci dice ridendo.

"Però ragazzi mi raccomando. È vero che siete maggiorenni ma siete qua con me. Niente stupidate, intesi?" lo dice con tono scherzoso ma capiamo che non ha voglia di casini, giustamente.

"Non si preoccupi prof. Non stavamo facendo niente di male" grazie a Dio Luca mi è venuto in aiuto.

"Allora forza. Vi aspetto giù tra dieci minuti. Conosceremo gli altri e andremo a cena" chiude la porta dietro di sé lasciandoci ammutoliti a fissare lo scampato pericolo.

Ci guardiamo entrambi con un sopracciglio alzato e scoppiamo a ridere, io piegata in due e Luca appoggiato al muro con una mano a coprirsi gli occhi mentre scuote la testa.

Mah, che dire? Sono perplessa... (Appunto dell'autrice)

L'autunno è una stagione crudeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora