CAP. XIV

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La poltrona nello studio della dottoressa non mi è mai sembrata così scomoda. L'atmosfera ovattata che si respira qua dentro sta diventando soffocante per me. Guardo negli occhi la mia psicologa. È una donna sui cinquant'anni, molto professionale e anche molto distaccata. Non so se questo è l'atteggiamento deontologicamente più corretto ma il suo modo di fare sta cominciando a starmi stretto. Mi chiedo se non dovrei provare a cambiare terapeuta.

"Devo assolutamente parlare con lui. Solo che non risponde mai al telefono. Devo sempre aspettare che sia lui a chiamare. Questa cosa mi sta facendo impazzire dottoressa. Mi aiuti lei non so proprio cosa fare. Ho iniziato a ricordare degli episodi ma devo avere dei chiarimenti che solo lui può darmi" la guardo con quella che penso sia la mia espressione più cupa.

"Abbiamo già affrontato questo argomento Anna. Non puoi dirmi questo adesso. Non devi attaccarti a lui. Devi pensare a te stessa e a uscirne da sola. Sai bene che è l'unica strada. Pensavo avessimo chiarito questo punto. Non possiamo tornare da capo. Cosa è successo che ti ha sconvolto tanto?" è visibilmente scossa dalle mie parole.

"Proprio durante la scorsa seduta mi è apparsa l'immagine di lui e di mia madre che litigano. Lui piangeva e le chiedeva di non fare qualcosa. Lei era irremovibile e lo guardava negli occhi con aria risoluta. Aveva preso una decisione ma non ricordo altro. Solo lui può dirmi di cosa si trattava" il mio è diventato quasi un lamento.

"Questo è positivo. Stai cominciando a ricordare pezzi della tua vita che ti aiuteranno a guarire. Devi solo pazientare e rimanere forte come hai dimostrato di essere fino ad ora. Non devi farti prendere dall'ansia di sapere tutto subito. Le cose arriveranno pian piano" sento che non mi può essere più di nessun aiuto. Avverto un senso di impotenza e solitudine profonda. Non riesco più ad aspettare che le cose vadano a posto. Voglio dare una svolta a tutto e riprendermi la mia vita. Ho bisogno al più presto di avere queste informazioni.

"Non so se tornerò dottoressa. Non penso che mi serva più a niente venire qua da lei" mi escono parole dure come pietre.

"Questo sarebbe un errore gravissimo Anna e lo sai. I progressi degli ultimi giorni dimostrano invece che venire qua a parlare ti sta facendo bene" ora mi sembra allarmata.

Scrollo la testa e mi alzo. Senza salutarla me ne vado anticipando la fine della seduta. Sento ancora che chiama il mio nome dopo che ho chiuso la porta del suo studio.

Attraverso a piedi la città illuminata e caotica dell'ora di punta. Le auto suonano e si sfiorano superandosi nelle corsie larghe di corso Buenos Aires. Non ho voglia di andare a casa. Vorrei camminare tutta la notte senza mai fermarmi. Se cadrò esausta forse qualcuno capirà che ho bisogno di aiuto, adesso, non tra qualche mese. Ho già aspettato abbastanza. Sono stufa di fare la brava ragazza. Nei negozi illuminati, gli ultimi clienti della giornata si attardano con la voglia di comprare qualcosa di nuovo che riempia l'armadio, la casa, forse soprattutto la loro vita.

Il cellulare comincia a vibrare. Vorrei solo fosse mio padre. Voglio sapere la verità, una volta per tutte. Ormai sento che da lui voglio solo questo. La sua assenza mi è chiara ormai. Non ho neppure più bisogno di lui e della sua presenza. Questo però me lo deve. Mi deve questa spiegazione o la mia vita si arenerà per sempre.

Il cellulare ricomincia a vibrare, ora con più insistenza. I rumori della via attutiscono tutto. Un ragazzo con una cartelletta in mano mi si avvicina cercando di chiedermi qualcosa. Lo scanso in malo modo. Mi guarda stupito e mi fa un gesto con la mano infastidito. So che sto dando il peggio di me. Una coppia mi supera e si volta per guardarmi. Mi fermo di colpo e cerco di respirare con calma. Mi siedo sul gradino di un portone, con le mani in tasca e lo sguardo velato da lacrime di rabbia e nervosismo.

Il cellulare non si placa. Lo guardo quasi con l'idea di buttarlo in un cestino. Vedo un numero sconosciuto e penso che sia finalmente lui che si decide a chiamarmi.

"Pronto" quasi sussurro.

"Ciao Anna. Dove sei finita? Tua nonna è preoccupatissima, dice che sei scomparsa. Se mi dici dove sei ti vengo a prendere" la sua inconfondibile erre moscia ...

"Lascia perdere Luca. Non ho voglia di vedere nessuno. Dì a mia nonna che sto bene. Questa notte dormo da un'amica" la mia voce è quasi irriconoscibile e sento dal suo silenzio che non ha creduto ad una sola parola di quello che ho detto.

"Non hai nessuna amica da cui passare la notte. Dimmi dove sei"

"Non devo dirti proprio niente. Ho bisogno di stare da sola. Tornerò quando starò meglio"

"Senti, i tuoi nonni stanno morendo di paura. Io ti lascerei anche perdere ma lo faccio per loro. Non ti romperò le palle. Starò solo attento che non ti succeda niente ... ok?" il solito stronzo penso.

"Facciamo due passi insieme e mi dici cosa ti è successo. Se poi non vuoi tornare ti porterò in autostrada e ti abbandonerò legandoti al guardrail ..." ora riesce a strapparmi un sorriso.

"Corso Buenos Aires" dico prima di pentirmene.

"Aspettami. Sarò lì tra poco"

Allungo le gambe incrociate una sull'altra e mi appoggio con gli occhi chiusi al portone. Le mani in tasca per il freddo che sento. Non dovevo farlo venire. A cosa potrebbe servirmi parlare con lui?

Venti minuti dopo, seguendo le mie indicazioni lo vedo arrivare con il suo solito cappuccio calato sulla testa e le mani in tasca. Si siede accanto a me. Non abbiamo ancora detto una parola. Finalmente si toglie il cappuccio e mi fissa negli occhi come se volesse comunicarmi qualcosa che ritiene inutile esprimere a parole. Con un dito mi asciuga una lacrima.

"Che ti ha preso?"

"Sono stanca e basta" dico con lentezza raccogliendo al volo con la lingua un'altra lacrima che sta rotolando sulle labbra.

"Di cosa?"

"Di aspettare. Forse di vivere" appoggio la testa sulle ginocchia piegate e scoppio a piangere come non mi succedeva da tanto.

Sento la sua mano sul braccio. Poi mi attira a sé e mi abbraccia.

"Anna ... Anna. Cosa ti tormenta tanto?"

"Troppo complicato da spiegare" rispondo mentre singhiozzo sulla sua spalla.

"Provaci. Ho un QI piuttosto alto. Magari ce la faccio a capire" ridacchia mentre mi accarezza la schiena.

Ale faceva esattamente come lui e questo mi spaventa. Non vorrei sviluppare una dipendenza a causa di questa somiglianza.

"Ho perso la memoria dei quattro mesi che hanno preceduto l'incidente d'auto in cui è morta quasi tutta la mia famiglia. In questi giorni ho iniziato a ricordare qualcosa ma sono solo frammenti e questo mi crea un'ansia indicibile. Sono in cura da una psicologa ma in passato sono stata in cura da uno psichiatra che mi ha riempito di medicine. Sono rimasta stordita per mesi, senza capire bene dove mi trovassi" lo dico tutto d'un fiato guardando il suo viso per vedere che effetto fa ad un estraneo sentire che, quello che si dice in giro sulla mia pazzia, non è poi così lontano dalla verità.

"In parte sapevo già queste cose. I tuoi nonni hanno raccontato la tua storia ai miei"

"Come vedi avevi ragione, dopo tutto, quando mi hai dato della pazza"

"No, non avevo ragione. Sono stato un vero bastardo"

"Davvero non pensi che sia solo una pazza?" il pensiero mi conforta.

"Davvero. Non lo penso. Stai solo vivendo il periodo più buio della tua vita. Tutti prima o poi abbiamo un periodo buio. Il tuo è stato più pesante di quanto chiunque potrebbe sopportare" non immagina nemmeno quanto siano d'aiuto per me queste parole.

Lo guardo con un sorriso che mi viene dagli occhi più che dalla bocca.

Ci incamminiamo sul marciapiedi ancora affollato. Un operaio, arrampicato su una scala aerea, sta già montando le luminarie di Natale. Senza quasi che me ne accorga Luca, l'odiato Luca Ferri con il quale ho litigato fino all'altro giorno, mi prende la mano dopo avermela sfiorata con delicatezza e la mette in tasca insieme alla sua.

Camminiamo così in un silenzio che è più espressivo di mille parole. Lui con i suoi pensieri e io con i miei fantasmi. Per stasera mi basta sapere di avere accanto qualcuno che mi accorgo, solo ora, di potere considerare come un amico.

L'autunno è una stagione crudeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora