CAP. XX

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La cena si svolge in un'ampia sala con tavoli circolari che danno al tutto un'atmosfera da matrimonio. Per lo più il gruppo dei partecipanti al convegno è formato da insegnanti di varie parti d'Italia e quasi ognuno di loro ha portato con sé un nostro coetaneo.

Scopriamo quindi che esiste il tavolo dei ragazzi. Io e Luca ci presentiamo a quello che sembra essere il più nerd di tutti. Occhialini tondi e barbetta. Ha uno sguardo un po' spiritato ma è decisamente simpatico e capiamo anche subito che è un terribile logorroico perciò non dobbiamo fare molta fatica a socializzare. Basta rimanere ad ascoltarlo. Alla mia destra ho Luca che da sotto il tavolo mi tiene una mano sulla gamba mentre cerca il contatto con la mia mano.

Alla mia sinistra, ho un ragazzo silenzioso con il quale cerco di scambiare qualche parola. La cena passa velocemente e in modo piacevole. Luca non ha voluto perdere un attimo la possibilità di toccarmi e mi lancia spesso occhiate furtive e complici. Ad un tratto mi chiede di uscire con una scusa dalla sala per poter stare con me da solo.

Ammette che non riesce più a stare senza di me. Lo fa con quella sua voce calda e quella sua erre francese. Non riesco più nemmeno io a resistergli e mi chiedo se questa felicità che sento improvvisa e inebriante sarà destinata a durare e per quanto.

Mentre ci guardiamo, persi ognuno nello sguardo dell'altro e lui mi accarezza la guancia per poi chinarsi a baciarmi delicatamente le labbra, comincia a girarmi la testa e ho quella che sembra essere una visione, come se stessi rivivendo un episodio della vita in un luogo che è lontanissimo da qui.

Sono in auto con la mia famiglia. Guardo scorrere il paesaggio fuori dal finestrino. Ci sono alberi che si chinano sul ciglio della strada bagnata dalla pioggia. Il finestrino è pieno di goccioline che sembrano tante piccole lacrime. Ale è accanto a me che guarda il suo telefono e ascolta musica. Mio padre sta guidando e mia madre parla di una sua amica che sta vivendo un momento di depressione. Sembra tutto normale, una situazione casuale e priva di interesse. Il cellulare di mia madre però suona all'improvviso e lei non risponde. Mio padre la guarda senza capire. Ora li osservo come se fossi fuori dall'auto, come se fossi nella platea di un teatro e loro fossero tre attori che stanno recitando una parte.

"Anna, ehi... che ti succede?" Luca mi risveglia da quello che aveva tutte le caratteristiche di essere un sogno ad occhi aperti.

"Scusa, stavo solo riflettendo su una cosa" non mi va di dirgli davvero le stranezze che vivo. Non so come potrebbe giudicarle. Non voglio spaventarlo.

"Vuoi parlarmene?" l'aria corrucciata che ha sempre non corrisponde minimante al tono sempre gentile che riesce ad avere.

"Grazie ma niente di importante per ora" gli sfodero un sorriso rassicurante o almeno lo spero.

"Sicura? Guarda che puoi parlarmi di qualsiasi cosa"

"Lo so Luca. Posso farti una domanda?" mi appoggio a lui che mi circonda la vita e tiene il suo viso accostato al mio.

"Certo, dimmi. Quello che vuoi" ma intanto continua a darmi piccoli baci sulla guancia e sulle labbra. Non è facile concentrarsi.

"Cosa ti piace veramente di me? E da quando ti piaccio. Ho sempre pensato che mi odiassi. Da quando sono entrata in classe, ho sentito che mi eri ostile".

"Sul serio?" ride divertito.

"Sì, sul serio. Cosa ho detto di strano? Sei sempre stato così scortese con me. Gli altri almeno fanno finta di sopportarmi, almeno in parte"

"Credo di aver perso la testa per te nel momento esatto in cui sei entrata dalla porta la prima volta e la prof. di italiano ti ha presentato a noi. Mi sembravi così eterea e irraggiungibile che sono stato male per mesi pensando a te. Eri così chiusa e altezzosa, come se ritenessi di non avere bisogno di nessuno e certamente non di me. Quando poi ho visto che abitavi nel mio palazzo e facevi finta di non vedermi ho raggiunto il massimo della disperazione. Per quello ho iniziato a punzecchiarti" questa confessione è davvero stupefacente per me.

Lo fisso un po' inebetita.

"Non mi credi?"

"Non lo so mi sembra così incredibile. Ho sempre pensato che mi considerassi veramente insopportabile e dall'incidente ho fatto di tutto per imbruttirmi..."

"Beh guarda, non ci sei riuscita. Penso che tu sia un mix esplosivo di semplicità, sensualità e intelligenza. Non hai idea di quante volte ho immaginato di poterti baciare. Ho odiato anche il prof. di matematica per le attenzioni che ti dedicava e per il tuo sguardo sognante mentre ti parlava. Dimmi la verità, sei ancora innamorata di lui?" ora ha l'aria preoccupata.

"Non so se sono mai stata innamorata di lui. Parlare di amore forse è un po' esagerato. Diciamo una cotta, magari?" lo guardo con un leggero sorrisetto.

"Bene. Adesso scordati l'esistenza del prof. ok? D'ora in poi ti controllo io" mi dice ridendo e abbracciandomi ancora più forte.

"Credo proprio di essermelo già dimenticato" questa volta sono io ad allungarmi per baciarlo e sentire il suo profumo e il suo calore.

"Brava ragazza. Per te devo esistere solo io da questo momento. Siamo d'accordo?"

"Va benissimo. Credo sarà molto facile. E comunque, per essere precisa, non mi ero accorta davvero che abitavi nel mio stesso palazzo" ridacchio mentre aspettiamo l'ascensore che ci riporta in camera.

Mi pizzica leggermente un fianco e mi lancia uno dei suoi sguardi minacciosi e languidi allo stesso tempo. Se continuerò a perdermi nei suoi occhi non so come finirà questa storia. Ho bisogno di riprendere almeno in parte il controllo della situazione. Lo lascio sulla porta della mia camera. Sono stata ferma e decisa nel non volerlo lasciare entrare. Non è ancora il momento di lasciarsi andare del tutto e ho appena imparato a conoscerlo. Mi saluta allargando la sua bocca in un sorriso disarmante. Penso che almeno questa notte, forse, riuscirò a non avere incubi.



L'autunno è una stagione crudeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora