CAP. IX

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Alle dieci in punto scendo ad aspettare mia cugina. Non sono così curiosa di sapere cosa mi aspetta però stare fuori per una sera e confondermi in mezzo al casino può essere un'esperienza liberatoria. Vera arriva su un'auto guidata da un ragazzo biondo. Dietro ci sono altre due amiche che parlottano tra loro.

"Ciao bella" mi dice mia cugina e noto che sembra già un po' alticcia.

Dopo un viaggio di almeno trenta minuti, sprofondati nella nebbia, arriviamo in una specie di villa immersa nella campagna a sud di Milano. Sembra più un piccolo castello degli orrori e, decisamente è in tema con la serata. L'interno è illuminato solo da finte candele che mandano bagliori incerti. Il vialetto ghiaioso è rischiarato da torce e ci viene incontro un ragazzo con un mantello nero lungo fino ai piedi. Qualcuno ha preso questa serata molto seriamente, constato.

Comincio a credere che sia una tale buffonata da rimpiangere di non essere stata a casa sotto le coperte a leggermi un bel libro mentre ascolto la mia musica.

La casa è davvero spettrale. Riempita di ragnatele, candele e scheletri. Se non fosse che la morte l'ho vista in faccia davvero forse troverei divertente tutta questa messinscena. Ci sono ragazzi che si spostano tra una stanza e l'altra con in mano cocktail colorati, vestiti nei modi più stravaganti.

Sto cercando una via d'uscita per andarmene il prima possibile. Mia cugina mi scuserà della mia fuga. Esco in giardino, immersa nella più completa oscurità e alla disperata ricerca del vialetto d'ingresso. Farò l'autostop, decido. Non ho paura. O forse sì. Più che altro mi fa paura pensare di rimanere sul ciglio della strada con le auto che sfrecciano di fianco. Mi incammino in silenzio con il solo rumore dei miei anfibi sulla ghiaia. Dal buio sento emergere delle risate soffocate. Una vampira abbracciata al conte Dracula mi sorpassa barcollante.

"Dove pensi di andare Bartoli?" questo è un vero incubo penso.

Mi volto di scatto e me lo trovo a due passi da me. Non posso credere che con tutti i posti dove potevo andare, mi sono infilata proprio in quello dove è andato anche lui.

"Anche tu qua?" dico senza dar troppa importanza alla cosa.

"Già. Te la stai filando? Guarda che non ci sono mezzi pubblici qua" stasera è spettrale anche lui o forse è l'oscurità. Sembra pallidissimo ma i suoi occhi mandano i soliti bagliori, anche nel buio. È vestito come sempre. Jeans, maglione blu e anfibi. Una cosa che ci accomuna.

"Stavo solo facendo una passeggiata", all'improvviso mi sembra stupido confessargli che avevo pensato di andarmene facendo l'autostop in questa landa desolata.

"Sarà ma a me sembrava che cercassi l'uscita" dice con ironia.

"Sarà che, come al solito, magari non sono fatti tuoi" rispondo con una punta di fastidio.

"Guarda, facciamo che rientro. Così non mi dai più il tormento. Va bene? Sembri il cane da guardia della casa" finisce sempre che in un modo o nell'altro ci offendiamo a vicenda.

Con la coda dell'occhio vedo che rimane immobile e si mette a giocare con il suo telefono.

Non so quanto riuscirò ancora a resistere. Un ragazzo alto travestito da zombie mi offre il suo bicchiere con occhi poco sinceri. Non mi piace perdere la lucidità. Il mio cervello è più importante di qualsiasi altra cosa, non ho intenzione di concedere uno strappo a questa mia regola ferrea. Rifiuto e tiro dritto. Esisterà un bar o una cucina dove chiedere acqua fresca?

Trovo finalmente una cucina con un enorme frigorifero di metallo pieno zeppo di alcolici di ogni tipo. Dell'acqua però nessuna traccia. Vera è completamente scomparsa dalla mia vista, del resto non mi esaltava l'idea di farle da balia. Mi aggiro per le stanze in cerca di qualche cosa di interessante da fare. Finalmente ne trovo una allestita a discoteca dove si balla e si può ascoltare musica. Quando entro un paio di ragazzi che mi fissano con insistenza si avvicinano.

"Sei bellissima, lo sai?" mi dice uno dei due sfiorandomi la guancia con la mano.

"Vieni a fare un giro con noi? O preferisci uno solo di noi due?" si guardano convinti che mi debba sentire lusingata dalla loro proposta.

"Hai visto che occhi?" dice l'altro rivolgendosi all'amico. Sono sicuramente due imbucati perché non hanno la nostra età, sono molto più grandi.

"Sei fantastica" si avvicina per baciarmi e mi mette le mani intorno alla vita. Mi abbasso di colpo e lo lascio lì a misurare la distanza che ormai ci separa. Mi allontano velocemente da quello che mi sembra decisamente un guaio scampato.

"Ciao Anna. Ti stai divertendo?" mia cugina spunta da una porta abbracciata a quello che penso sia il suo ragazzo.

"Sì grazie. Bellissima serata" mento spudoratamente e mi trattengo, per non risultare una guastafeste, dal chiederle quando pensava di andarsene.

"Hai visto che bei ragazzi? Dai vieni che ti presento qualcuno" da lontano vedo Ferri che parla con una ragazza piena di lividi, tagli e cicatrici finte. Sembra divertirsi, almeno lui. Ogni tanto si china all'orecchio della ragazza per sentire meglio le sue parole. Lei ride e gesticola in modo incontrollato. Bravo Ferri. Questa sera hai fatto centro, penso.

"Lascia stare Vera, non ti preoccupare" cerco di andarmene ma lei mi trattiene e mi presenta a un tale Paolo che mi stringe calorosamente la mano, neanche fosse ad un colloquio di lavoro.

"Ti va se ci sediamo là?" mi chiede.

E' carino e sembra molto tranquillo. Può essere un buon compromesso per finire la serata. Conversare del nulla, probabilmente, con un perfetto sconosciuto.

In realtà si rivela più interessante del previsto. È all'ultimo anno del liceo scientifico, come me e ha parecchie ambizioni. Questo mi piace. Da come mi guarda penso di piacergli. Ogni tanto, mentre parla, mi sfiora la gamba. È una sensazione che non provo da tanto. Essere toccata sulla pelle nuda mi trasmette un brivido piacevole. Gli sorrido rilassata ora. Questo ragazzo mi piace. Mi mette a mio agio. Vorrei rivederlo. Non sono molto pratica di come ci si comporti. Devo aspettare che me lo chieda? Mentre sono incerta sul da farsi mi propone di andarcene e di accompagnarmi a casa. Perfetto, penso.

Saluto Vera. Mi sussurra nell'orecchio che ci si può fidare di lui. È figlio di un amico di suo padre. Mi strizza l'occhio e mi fa un cenno con la mano.

Mentre ci facciamo strada verso l'uscita, incontro Luca.

"Te ne vai?" chiede e guarda Paolo con aria perplessa.

"Sì. Ho trovato un accompagnatore come vedi" gli rispondo mentre prendo la mano di Paolo e lo tiro verso l'uscita. Negli ultimi giorni sono diventata più ardita. Non so cosa mi stia succedendo.

"Sicura di non volere un passaggio da me?" mi chiede dubbioso alzando il sopracciglio.

"Direi proprio di no, che dici?" e gli sorrido soddisfatta.

"Forse adesso smetterai di pensare che sono una sfigata pazza" gli dico piano avvicinandomi al suo viso.

"Non ho mai detto che sei sfigata, solo pazza" mi risponde mentre sto aprendo la porta. Paolo è già fuori e non capisce bene cosa stia succedendo.

"Senti, limitiamoci a collaborare a scuola per quanto riguarda il campionato. Poi ignoriamoci. Pensi di riuscirci?" lo fisso intensamente negli occhi, a poca distanza dai suoi.

"Sì Anna, penso di potercela fare" è la prima volta che lo sento dire il mio nome. Fa uno strano effetto detto da lui. Ci fissiamo per qualche secondo, come se fosse una gara a chi resiste di più senza parlare. Poi si volta e mi lascia lì a guardare le sue spalle mentre si allontana.

Questa volta, nonostante il mio vantaggio iniziale, devo ammettere che la sensazione finale è che sia finita con un pareggio.

L'autunno è una stagione crudeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora