CAP. XI

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Mia nonna è entusiasta della serata che ho in previsione con Paolo. Vuole disperatamente che socializzi con i miei coetanei e che faccia la vita normale di ogni adolescente. Avverto in lei i sintomi malcelati della speranza che una cosa come questa possa farmi uscire dal guscio nel quale mi sono rinchiusa.

Io però non voglio attribuire all'incontro più importanza di quanta ne abbia. Ho solo voglia di distrarmi, magari facendo anche qualcosa di assolutamente stupido. Non provo nulla di particolare per Paolo. Mi sento attratta da lui fisicamente ma non è questo che veramente mi attrae nelle persone e negli uomini.

Se penso a una relazione sentimentale che potrebbe farmi davvero perdere la testa penso al prof. Fucini, a Federico. Mi ripeto che è un classico quello di avere un transfert con il proprio insegnante, di innamorarsi di uno come lui in particolare.

Mi concedo però di pensare che non sono così superficiale e che se anche sembro fragile fisicamente, ho la personalità di un'adulta. Tra meno di un mese compirò diciotto anni. Non voglio nutrire troppe speranze ma penso che questo potrebbe cambiare anche il modo in cui potremo rapportarci l'una con l'altro.

È stato l'unico, quando sono arrivata, a capire davvero come doveva trattarmi e quale fosse il giusto atteggiamento. Non potrò mai ringraziarlo abbastanza per questo. Il fatto che insegni anche la mia materia preferita è, in fondo, un piccolo ma non trascurabile dettaglio.

Oggi c'è il primo incontro a scuola con lui e Ferri per prepararci al campionato di matematica. Sono qua ad aspettare entrambi. Li vedo arrivare insieme. Parlano e scherzano su qualcosa. Il prof. ha il suo solito sorriso disarmante, Ferri invece annuisce e sorride mentre si mangiucchia il labbro inferiore. Non avevo notato che gli si forma una fossetta sulla guancia quando ride. Sono alti più o meno uguale e quasi non si nota la differenza di età. Ferri è ben piazzato e forse mostra qualche anno in più mentre il prof. è magrissimo e ha un viso da ragazzino. Mostra sicuramente meno dei suoi anni.

Il prof. mi saluta calorosamente, come fa sempre. Ferri si limita a un "ciao" laconico.

Stranamente Ferri si comporta bene. È concentrato sugli esercizi che dobbiamo fare e riusciamo a collaborare senza problemi. Penso che in fondo possiamo aiutarci senza farci ogni volta la guerra. A tratti lo vedo che mi fissa con quel suo sguardo assolutamente imperscrutabile. Il prof. come al solito, è simpatico e premuroso. Ci spiega cosa ci aspetta e ci mostra un esempio di prove che sono state assegnate negli anni scorsi.

Credo non si accorga che per quasi tutto il tempo in cui parla, mi ritrovo ad osservargli le labbra e gli occhi piuttosto che ascoltare quello che sta dicendo. Ferri, invece se ne accorge perché un paio di volte mi fa schioccare le dita davanti agli occhi come fa un ipnotista per svegliare la persona che ha appena addormentato.

Questa volta non mi arrabbio però. Lo prendo come un gesto di solidarietà. Non vuole farmi fare la parte della stupida e forse vuole evitare che faccia una brutta figura con il prof.

Sbatto le palpebre e riprendo il controllo della situazione. Il prof. comunque sa che ho dei momenti in cui mi perdo. Mi sorride pazientemente e continua con la consueta serietà.

Quando arriva il momento di andarcene, vorrei disperatamente fermarmi a parlare con lui ancora un po' ma dice di avere fretta, di avere un impegno. Francamente ignoro totalmente quale possa essere la sua vita privata. Non riesco a mascherare la delusione per questo distacco frettoloso. Sento il bisogno di parlargli e mi sembra stia diventando sempre più urgente la necessità di spiegargli cosa provo per lui. Non mi vergogno affatto dei miei sentimenti. Ho solo paura che questo possa allontanarlo da me. Forse devo aspettare di compiere i diciotto anni. Lo metterei in una posizione scomoda se mi esponessi adesso.

Ferri mi trascina via prendendomi per mano, probabilmente ha capito che sto per commettere un errore madornale. Mi secca ammettere che forse devo ringraziarlo per non essermi esposta al ridicolo. Devo essere più paziente. Aspettare il momento giusto e farmi conoscere meglio da lui.

"Cosa stavi per dirgli?" mi chiede Ferri mentre ci incamminiamo sul marciapiede che costeggia la scuola.

Le giornate sono cortissime ormai. È già buio e si è alzato un vento freddo. Rabbrividisco avvolgendomi inutilmente nella mia giacca troppo leggera. Un passante frettoloso ci sorpassa mentre litiga al telefono con qualcuno.

"Niente di particolare" mento con poca convinzione.

"Se vai avanti così lo farai scappare. Pensi che voglia dei guai con una studentessa del liceo?" ha un tono fraterno ora. Quasi mi sembra di sentire Ale.

"Non esageriamo. Tra poco sarò maggiorenne e tra qualche mese sarò anche fuori da questa scuola"

"Perché pensi che possa interessarsi a te?"

"Infatti sono io che sono interessata a lui. Mi sento attratta irresistibilmente da lui, dai suoi modi, dalla sua sicurezza e dalla sua allegria. Penso che con lui potrei stare meglio di come sto ora. Riesci a capirlo questo?" mi fermo a guardarlo per dare più intensità alle mie parole.

È la prima volta che confesso queste cose a qualcuno e mi sembra strano che stia avvenendo proprio con Ferri.

"Forse hai solo bisogno di parlare con qualcuno e pensi che lui sia quello che ti può capire. La tua mi sembra la classica cotta da adolescente o forse dovresti vedere più spesso tuo padre" il tono ora è meno indulgente.

"Ho già una psicologa con la quale parlare e adesso sto parlando con te. Domani sera parlerò anche con il ragazzo con il quale ho un appuntamento. Come vedi non ho bisogno di questo. Non sto confondendo le cose e non ho bisogno di interpretazioni fantasiose"

Si mette le mani in tasca e allunga il passo.

"Contenta tu. Stai solo attenta a non sbatterci la faccia"

"Grazie per il consiglio ma penso di riuscire a cavarmela da sola" faccio a fatica a stargli dietro, cammina troppo veloce.

"Ehi rallenta...non riesco ad andare così veloce, mi fa male la gamba" si blocca ad aspettarmi ma vedo che è infastidito. Sento che vorrebbe essere lontano mille miglia da me.

"Senti devo ringraziarti ancora ..., ho capito che hai voluto evitarmi una figuraccia. Lo apprezzo, davvero..." mi sento imbarazzata ma voglio fargli capire che forse possiamo essere amici. In fondo potrebbe farmi comodo.

"Non ti preoccupare, non è necessario che mi ringrazi e buona serata per domani. È il tipo della festa?" mi chiede squadrandomi da capo a piedi con il suo solito fare che è un misto tra l'altezzoso e l'indifferente.

"Sì, è lui" siamo arrivati davanti al portone.

"Ciao" mi dice e senza voltarsi sale le scale due gradini alla volta e sparisce senza darmi il tempo di salutarlo.

"Ciao Luca" sussurro piano.

L'autunno è una stagione crudeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora