Bugiardo.

-bugiardo- mi urla quasi.

Sono sincronizzati?

-non sono un bugiardo- mi difendo.

-in questo momento sei il bugiardo più stupido della terra - dice- ti conosco troppo bene, so che non ammetteresti mai nulla che possa andare contro quello che tu vuoi far credere-

Io non voglio ammettere nulla che vada contro di me e ciò che voglio far credere alle persone. Forse è vero. Tendo a nascondere tutto ciò che mi riguarda nel profondo, non voglio intaccare niente e nessuno, ma non posso dargliela vinta.

-stavolta ti sbagli. È una bella ragazza, sì, ma non mi piace. È solo un bel bocconcino che non mi dispiacerebbe avere fra la cerchia di tutte quelle che ho frequentato- dico.

-non puoi essere così stronzo...- mi guarda sconcertato.

-perché no? - chiedo ridendo.

-perché non puoi andare contro una cosa che si capisce così apertamente- dice lui azionando un gioco e lasciandomi di stucco.

****

Leo se n'è andato da un paio di minuti e io mi sto sistemando per andare da Bea. Non metto molto ad arrivarci e non appena entro la visuale non è delle migliori: Bea ha dei lunghissimi capelli biondi e degli occhi azzurri molto grandi che non vedo aperti da otto mesi; attaccata a delle macchine, che sembrano aggeggi infernali, sento il ritmo del suo cuore scandito da dei "bip" acuti.
I comodini di fianco al suo letto sono colmi di fiori e peluche che i suoi compagni e Matt portano quasi ogni giorno e l'umore, ogni volta che si entra in questa piccola stanza poco illuminata in questo momento, è pronto a scendere sotto lo zero.
Il giorno dell'incidente è stato veramente un brutto colpo: ero con lei, io ero con lei, ero andato a prenderla con il motore ai suoi allenamenti di danza e non potrò mai dimenticare la scena: un'auto, uno scontro, due corpi che volano tra cui anche il mio, il dolore, i suoi occhi disperati, la sua mano tesa verso di me, l'autoambulanza e l'ospedale dove i medici diedero la notizia alla mia famiglia.
Bea era in coma, io colmo di fratture provocate da quella macchina guidata da un uomo ubriaco fradicio che non si è fermato neanche quando il corpo di mia sorella ha toccato l'asfalto, quel maledetto giorno; è stato ritrovato pochi chilometri più avanti in un bar del centro ed è stato condannato a dieci anni di carcere, pochi, troppo pochi, per la condizione in cui versa mia sorella. Quel giorno rimarrà sempre dentro di noi, rimarrà sempre il ricordo, il dolore, le ultime immagini che la nostra testa può riportare. Ricorderemo sempre il dolore che costella la nostra vita, sempre.
Mi avvicino a lei e le accarezzo la mano.
Quanto mi manca...

-Ehi Bea, ciao- inizio, come al solito, molto impacciato -Non so se mi senti neanche oggi, ma voglio parlarti lo stesso- abbasso gli occhi -Cosa fai? Perché non ti svegli? Ti stiamo aspettando tutti...- silenzio.
- Ho conosciuto una nuova ragazza, si chiama Victoria. Tranquilla, non è una "facile" come la chiami tu. Sembra una ragazza abbastanza dura, forte, coraggiosa ma sotto, sotto è anche timida. Te lo posso assicurare dal rossore che compare sulle sue guance quando la sfotto o le faccio un complimento- ed ecco che nella mia mente spunta il viso di quella ragazza talmente riccia e buffa da non poter non essere notata e sorrido leggermente scuotendo la testa. I miei occhi si posano poi sul corpicino di mia sorella e continuo a parlare: -Poi...io...oh Bea, per favore svegliati...- le mie mani tremano a contatto con le sue- Mi manchi tanto, mi mancano tanto i tuoi occhi azzurri e...ti prego...svegliati- le dico tremante –è tutta colpa mia-.
È tutta colpa mia.
Lo so.
Avrei potuto esserci io al suo posto, sarebbe stato meglio.
Molto meglio.

Victoria.

La sveglia è sempre odiosa. Questa mattina mi sono dovuta svegliare molto prima del solito per poter prendere l'autobus, visto che Leila oggi non viene a scuola. Mi sono lavata, vestita e truccata nei miei soliti dieci minuti, sono scesa al piano di sotto e ho aperto in velocità supersonica tutti gli sportelli alla ricerca di un qualche pacco dei miei biscotti preferiti e dopo averli afferrati sono corsa verso la porta d'ingresso, ero in assoluto ritardo. Potete immaginare la faccia di mio padre quando sono caduta per terra pochi passi prima di uscire dalla porta principale per recarmi alla fermata. Ha alzato gli occhi dal giornale e tratteneva una risata: lo vedevo dai suoi occhi chiarissimi riempirsi li lacrime. Sì, mio padre, come me d'altronde, quando ride piange; Ma nel vero senso della parola. Incominciano a sgorgare lacrime da destra e da manca. Questo succedeva quando ero piccola e qualche volta durante tutta la mia vita, anche se ultimamente devo dire che non succede più. Adesso sono seduta alla fermata intenta a mangiare i miei biscotti al cioccolato. Come vuole il fato, la fermata è proprio davanti alla casa di Dylan che esce non appena io metto in bocca l'ennesimo biscotto. Speriamo non mi veda!

Solo Tu #watts2020Where stories live. Discover now