Capitolo 39

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-Ci vediamo la prossima settimana.- dice mia madre abbracciandomi.
-Stai attenta, non ti fidare di chi non conosci, soprattutto di ragazzi.- le solite raccomandazioni di un padre ad una figlia.
-Si papà, non ti preoccupare.- dico abbracciando anche lui.
-Mi raccomando sai cosa devi fare.- sussurro all'orecchio di Kate mentre le scende una lacrima.
Annuisce e si asciuga quella piccola goccia di acqua salata sulla guancia con una mano.
-Ci vediamo presto.- dico afferrando la mia valigia per andare al Gate 6 per prendere l'aereo diretto a San Francisco.
Starò da mia zia, che appunto vive a San Francisco, tutta la settimana dello spring break.
Dopo aver dato il mio biglietto al controllore con il metal detector posso finalmente salire sopra quell'aereo che mi farà staccare dalla solita e problematica vita di tutti i giorni.
Finalmente potrò rivedere mio cugino Andrew dopo tanto tempo.
Mentre sono seduta al mio posto vicino al finestrino come al solito, mi suona il cellulare.
Lo estraggo dalla borsa e leggo il nome scritto sul display.
Cameron.

Rifiuto la chiamata come ho fatto con quelle precedenti, sarò anche crudele ma quando mi ha chiesto di essere la sua ragazza non mi aveva detto che lo faceva per scoprire la causa della morte di mio fratello Alex. In poche parole mi ha preso in giro, anche se poi si era davvero innamorato di me.
La solita voce metallica della hostess prega tutti i passeggeri di spegnere gli apparecchi elettronici e di allacciarsi la cintura di sicurezza.
L'aereo si alza da terra facendomi allontanare almeno un po' da tutti i problemi.

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Prendo la mia valigia dal nastro e mi dirigo verso l'uscita dell'aeroporto di San Francisco.
Le porte automatiche si aprono, al momento che la fotocellula avverte la mia presenza, dandomi la possibilità di uscire.
Davanti a me, trovo mia zia e mio cugino con un cartello con su scritto:
BENARRIVATA SOPHIA.

Dopo essermi avvicinata, li abbraccio calorosamente.
-Ti devo raccontare così tante cose.- mi dice mio cugino mentre saliamo tutti in macchina.
La zia al posto del guidatore e Andrew accanto a lei mentre io mi siedo nei posti dietro.
-Come va?- mi chiede mia zia appena siamo usciti dal trafficato parcheggio dell'aeroporto.
-Bene.- dico più per convincere me stessa.
-Lo zio?- chiedo.
-Adesso lavora in un ufficio tutto suo insieme ad un suo amico. Sono diventati soci.- dice mia zia con fierezza.
-Bene, mi fa molto piacere.- rispondo felice.
Il resto del viaggio lo passiamo ad ascoltare le canzoni che passano alla radio.
Dopo circa venti minuti arriviamo a casa. È proprio come me la ricordavo. Quella carinissima casa color giallo tenue in mezzo al suo enorme giardino.
Entriamo nel viale sterrato e nel momento che mia zia spegne la macchina, scendiamo e Andrew prende la valigia dal bagagliaio.
-Ti faccio vedere la tua camera.- mi dice Andrew, con ancora la mia valigia in mano, dopo essere entrati in casa.
Annuisco e saliamo le scale per andare al piano di sopra.
Apre una porta ed entriamo in una stanza che deve essere la stanza degli ospiti.
-Ecco qui. Ti piace?- annuisco in risposta alla sua domanda.
Sorride lievemente mentre io mi siedo sul letto.
-Kate come sta?- mi chiede.
-Bene.- rispondo guardando il vuoto.
-Ti va di andare da qualche parte stasera?-
-Si.-
-Devo andare al bar perché oggi ho il turno di pomeriggio. Ci vediamo stasera.- dice guardando il suo orologio.
-Ci vediamo stasera.- dico sorridendo lievemente.
Andrew esce dalla stanza e io mi guardo un po' attorno per osservare i dettagli. Noto che c'è anche una porta finestra che si affaccia su un balcone.
Esco e faccio un respiro profondo per calmare i pensieri.
Per essere un pensiero fa troppo rumore.
Mi appoggio al balcone con i gomiti e guardo la casa di fronte.
Mi suona il cellulare e rientro dentro.
Appena rispondo sento la vivace voce di mia madre.

INIZIO CHIAMATA.
-Ehi tesoro come stai? Il viaggio è andato bene?- chiede.
-Io sto bene. E si, il viaggio è andato molto bene.-
-Sai oggi è venuto Cameron, mi ha chiesto di te. Come mai non gli hai detto niente della tua partenza?-
Già non sa niente di tutto quello che è successo, come anche altre cose naturalmente. Sono abituata a risolvere i problemi da sola.
E l'orgoglio non c'entra voglio solo imparare a cavarmela da sola in questo mondo che fa schifo.
Perché è vero, il mondo fa schifo, la vita fa schifo, appena credi che vada tutto bene, è il momento che ti cade addosso un masso che piano piano ti schiaccia e ti soffoca.
-Mi è passato di mente.- rispondo mettendo.
Mia madre però non sembra essere del tutto convinta.
-Va bene. Gli zii ed Andrew stanno bene?-
-Si. Dovresti vedere che tramonto si può vedere dal balcone di camera, uno di quelli che ci piacciono tanto.- dico cambiando discorso per evitare altre domande.
-Mi dovresti mandare una foto, sono curiosa di vedere com'è. Adesso devo andare. Ci sentiamo domani.- dice dolcemente.
-Okay, a domani. Saluta papà e Kate.- dico.
-Lo farò sicuramente, ciao tesoro.-
FINE CHIAMATA.

La saluto e poi pigio sul tasto rosso per far terminare la chiamata.
Decido di dedicare un po' del mio tempo alla lettura, così prendo il libro dalla valigia e mi siedo sul letto appoggiando la schiena allo schienale rivestito di velluto grigio.

La mia mente smette di seguire il testo del libro ma segue i ricordi di quella maledetta sera.
Io la chiamo "la sera della verità".
Mi sono accorta che quelle persone che chiamavo amici in realtà non lo erano affatto. Mi possono dire che l'hanno fatto per il mio bene ma io non ci credo. Non ci credo più, lo scopo delle persone è quello di farti soffrire in qualche modo, ma tu decidi di perdonarle più volte fino a che non ti stanchi e metti fine a quella reazione.

-Basta pensare a queste cose.- mi ripeto nella mente.
Sono una persona che pensa decisamente troppo. Mi faccio mille problemi anche se non ce ne sono e certe volte mi trovo ad analizzare le mie paure anche se non arrivo ad una conclusione.
Per conclusione intendo capire da dove proviene quella paura, il motivo del quale ho iniziato ad avere paura di una determinata cosa.
Questa è la dimostrazione della mia abitudine di rimuginare.

Continuo a leggere cercando di zittire i miei pensieri che sono abituati a fare troppo rumore.
Il mio telefono inizia a squillare è così lo prendo in mano per leggere il mittente.
Riattacco.
Da due giorni che i miei amici e Cameron mi chiamano e mi mandano messaggi ininterrottamente.

Dovrebbero capire che ho bisogno un po' di tempo per me, per digerire la cosa.

Chiudo il libro visto che continuo a pensare a quello che è successo invece di leggere. Il problema è che ogni cosa mi riporta a quella sera.
Mi sento male solo a pensare che mi sono fidata di una persona che mi ha fatto del male alle mie spalle. Ha tolto la vita a mio fratello solo per un suo capriccio. E gli altri per coprirla mi hanno mentito senza ritegno, senza valutare la gravità dell'azione dell'altra persona.

Poggio il libro sul comodino in legno bianco alla destra del letto e mi alzo per scendere in cucina.
Trovo mia zia nel suo posto preferito: la cucina.
Per questo qualche anno fa ha aperto una pasticceria in pieno centro.
-Che fai zia?- chiedo entrando in cucina e mettendomi a sedere sullo sgabello davanti a lei.
-Una torta al limone.- dice guardandomi e sorridendo.
-Ah dimenticavo, ti volevo chiedere se domani mi potevi aiutare alla pasticceria. Mary, la mia amica nonché socia, ha preso due giorni per andare a trovare sua figlia ad Washington. Allora ti va?- continua il discorso mentre inforna l'impasto.
-Si certo, mi farebbe molto piacere aiutarti.- rispondo sorridendogli.

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Prendo il cappotto grigio e la borsa con all'interno tutto l'occorrente. Scendo le scale e trovo mia zia davanti alla porta d'ingresso ad aspettarmi.
-Possiamo andare?- chiede.
Annuisco e usciamo di casa.
Dopo aver chiuso a chiave la porta, montiamo in macchina per andare in pasticceria.

Alla fine ieri sera io ed Andrew non siamo usciti, abbiamo preferito guardare un film alla televisione.

Entriamo dentro e vedo che è un ambiente molto carino. Le pareti sono a strisce colorate con colori pastello.
Sistemiamo i dolci sul bancone in marmo e poi mia zia va in cucina per preparare nuovi biscotti.
Mi arriva un messaggio mentre giro il cartello con la scritta 'Open/Close' appeso alla porta.

Da Kate:
-Mi dispiace. Non sono stata io.-

Non capisco il senso di questo suo messaggio. Lascio perdere e torno dietro al bancone. Arrivano i primi clienti e dopo che sono usciti tutti, la porta si apre nuovamente.
Alzo la testa e vedo l'ultima persona che avrei voluto vedere.

Non ci posso credere.

Spazio autrice:
Grazie grazie grazie...
Non posso crederci
che abbiamo raggiunto le 14k visualizzazioni. 🎉
Vi ricordo che ho pubblicato la mia seconda storia intitolata
No Promises||Shawn Mendes.
Buonanotte.

Stay with me||Cameron DallasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora