il cellulare vibra di nuovo, aaron ha risposto.

"certo che no, e tu? ;)"

arrossisco, mordendomi le labbra.

"nemmeno io :)"

- per quale cazzo di motivo dovresti uscire con lui? -

ruoto gli occhi e decido di smettere di giocare. sono troppo distratta da aaron e justin, ad ogni modo, ha già mollato la partita.

- umh, perché me lo ha chiesto. -

dico ovvia. non mi aspettavo una reazione differente da justin, onestamente. quando in terza elementare un ragazzino mi aveva scritto una lettera d'amore a san valentino, justin lo aveva spinto giù dall'altalena del parco, e di nuovo, quando io ero al primo anno e lui all'ultimo, girava voce che uno dei giocatori della squadra di hockey avesse una cotta per me. justin era il capitano, e quel tizio sparì misteriosamente dalla squadra.

- ma quel tizio è aaron coleman, perché dovrebbe chiedere a te di uscire? -

ah.

- che cosa vorresti dire? che a quelli come lui non potranno mai piacere quelle come me? -

gli chiedo stizzita, e lui deglutisce.

- voglio dire... tu non sei esattamente il suo tipo. -

- e tu che ne sai? -

mi alzo dal letto, infilandomi il cellulare in tasca.

- quelli come lui vogliono ragazze facili, lo capisci? non è capace di tenersi una donna per più di due settimane. -

rido sarcasticamente mentre esco dalla stanza.

- smettila di essere così possessivo, non sei mio padre. -

lo sento seguirmi lungo il corridoio e poi sulle scale a chiocciola che portano alla mansarda. anche quando tento di chiudermi in camera lui riesce ad intrufolarsi.

- conosco quel genere di ragazzo, scar. non tutti gli sciupafemmine stanno nella squadra di hockey. -

- sciupafemmine? -

sbotto allibita, lanciandogli uno sguardo incredulo. potrebbe anche regolarsi con i termini.

- quando io avevo la tua età, il presidente del corpo studentesco era tale e quale a coleman. era.. ugh, era l'essere più odioso di tutta la scuola. con la sua superiorità, i crediti extra del cazzo e i vestiti firmati. si credeva chissà chi perché tutte le ragazze gli morivano dietro e poteva fare quello che cazzo voleva a scuola perché lui era il presidente etcetera etcetera. e posso assicurarti che coleman è tale e quale a lui, e tu non sei altro che un altro nome sulla sua lista. -

rimango in silenzio a fissarlo, con le braccia incrociate, un sopracciglio alzato e lo sguardo annoiato. sospiro profondamente.

- hai finito? -

chiedo, e lo vedo passarsi una mano tra i capelli per lo stress. questo ragazzo deve seriamente calmarsi.

- non è che me lo stia per sposare, justin. usciamo insieme giù in città, niente di più. -

dico per tranquillizzarlo, e mi sembra leggermente più calmo adesso.

- quel tipo non mi piace. -

borbotta ancora, ed io scuoto la testa, alzando gli occhi.

- a te non piace nessuno. -

- no, infatti. ti lascio uscire con timothy solo perché è più gay di ellen degenerees. -

ridacchio e cammino verso di lui. poggio le mani sulle sue spalle, e al solo contatto si irrigidisce.

- non sono più una bambina, justin. posso prendermi cura di me stessa senza che il mio fratellone debba preoccuparsi. -

justin si morde le labbra, abbassando la testa verso di me.

- non sono tuo fratello, scar. -

- ma mi vuoi bene come se lo fossi. -

schiocco un sonoro bacio sulla sua guancia e lo spingo oltre la porta. carpisco una manciata di parole, mentre lo chiudo fuori dalla mia camera.

- anche più di così. -

 -

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