Capitolo 27: Milady

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Mosse lentamente il capo, cercando di osservare ed imprimere a fuoco, nella sua mente, i particolari di quella stanza.

Seconda lezione dell'addestramento Auror: trova le vie di fuga.

La stanza era quadrangolare, con ampie librerie traboccanti di volumi dalle copertine sbiadite ma lucide che si estendevano per tutta la lunghezza della parete, in altezza e larghezza. All'angolo destro, vicino quella che sembrava l'unica porta d'ingresso della sala, v'era un'ampia porta di legno a due ante, decorate da un complesso intarsio di linee e arabeschi che si intrecciavano in un grottesco teschio dalla cui bocca sorgeva la testa triangolare di un serpente dalla guizzante lingua biforcuta, il Marchio Nero. Gerald ansimò, il cuore sprofondò in una profonda disperazione. Non c'erano vie d'uscita, non aveva la sua bacchetta, non era lucido, non aveva idea di dove si trovasse. Era nettamente in svantaggio e nessuno sapeva dove si trovasse.

Gli occhi azzurri si concentrarono sulle copertine lucide, aveva sempre avuto una buona vista e potè adocchiare le scintillanti lettere dorate e argentee che componevano celeberrimi titoli di libri che non aveva mai visto ma dei quali era inevitabile sentir parlare. Volumi di magia oscura. Improvvisamente, scorrendo con lo sguardo da uno scaffale all'altro, meravigliato dall'immensità di quella raccolta così incredibilmente rara, comprese. 

Si sentì percorrere da un'intensa e violenta ondata d'elettricità, scorreva rapida e bruciante come un fiume di lava sotto la sua pelle, ora pallida come carta, su cui spiccavano le vene, intrecci violacei.

Guardò Claire, il cui corpo flessuoso si muoveva con il ritmo ipnotizzante di un serpente sullo scranno nero e rosso, e seppe che ogni timore era fondato. 

Ecco, il movente.

Ecco, l'inganno.

-Vuoi che ti chieda perché...ma lo so già, Mason.- Sibilò velenifero, ma la sua voce suonava estranea, distante e Gerald non ne capì il motivo finché non fu troppo tardi e il suo capo già ciondolava mentre l'Auror veniva vinto dallo choc e scivolava nell'incoscienza.

**

Albert strinse le mani pallide attorno al legno nero della bacchetta.

Otto centimetri e mezzo, rigida, noce nero e corda di cuore di drago. Liscia, resistente, bella. Amante dei conflitti interiori, contraria all'auto-illusione, votata ad un padrone fedele a se stesso.

Leale.

Ne carezzò l'estremità sottile, l'impugnatura consunta.  Aveva quanto? Dodici anni? 

No, sospirò il ragazzo. Erano più di dodici.

Suo padre l'aveva accompagnato a Diagon Alley sedici anni prima, trascinandolo per il bavero della giacca tra le altissime file polverose del vecchio negozio di bacchette di Ollivander. Il fabbricante di bacchette era un uomo straordinariamente anziano, tanto che Albert si chiese se anche lui non avesse bevuto un sorso dell'Elisir di Lunga Vita di Flamel, prima di ricordarsi che la Pietra Filosofale era andata distrutta, ed era anche un uomo molto cortese. Aveva educatamente discusso col padre ma il sergente Auror aveva insistito parecchio contro lo scetticismo e la preoccupazione dell'uomo nel mettere tra le mani di un bambino ancora lontano da Hogwarts una vera bacchetta. 

Il povero Olivander aveva visto la guerra ma non aveva fatto i conti con il capofamiglia dei Turner; suo padre era un uomo insistente, all'apparenza mite, ma dagli occhi che sprizzavano orgoglio e ambizione. Così, quel pomeriggio stesso, dopo due prove fallite, Albert strinse le dita attorno alla robusta impugnatura nera e scosse appena il braccio, quasi annoiato, quando un fiotto di luce giallastra sgorgò dalla punta della stecca che a lui sembrava tanto rigida e scomoda e seppe che quella bacchetta da cui era già infastidito l'aveva scelto. Ne era il proprietario. 

Albert non aveva preso affatto da suo padre. Non che avrebbe voluto somigliarvi, erano semplicemente diversi. Lui non era ambizioso, aveva percorso un cammino già scelto senza interrogarsi mai sui suoi desideri, aveva preso buoni voti per non essere infastidito, aveva scelto l'ufficio di Londra perchè gli era stato perentoriamente suggerito. Albert non aveva mai avuto nè la forza nè la volontà di esprimersi, di scegliere.  Aveva subito, capo chino e spalle basse.  Persino la sua bacchetta, per quanto ora vi fosse abituato, tanto da considerarla un'estensione del suo stesso corpo, ne era un segno. 

Si era chiesto tante volte perché fosse stato scelto proprio da una bacchetta di noce nero, un legno così pregiato e così votato ad un padrone che fosse sicuro di sé ed onesto. Forse la verità era che Albert sapeva chi era e non aveva alcuna intenzione di negarlo, la sottigliezza stava nel fatto che non aveva nemmeno alcuna intenzione di affermarlo.

Non era un combattente.

Volse lo sguardo verso la parete beige, chiazzata dall'umidità che da anni distruggeva il Dipartimento tanto quanto gli altri Livelli del Ministero e osservò l'orologio nero appeso al muro. Era rimasto fermo, l'incantesimo che lo manteneva attivo si era danneggiato lo stesso giorno in cui avevano ritrovato il biglietto al Ministero, la filastrocca di Miranda Goshawk.

Forse la nebbia l'ha danneggiato.

Fu in quell'istante che Albert ricevette la chiamata. Non sapeva che ore fossero, certamente non le due del pomeriggio come segnava l'orologio. Il cielo era nero, la luna era una chiazza opaca dietro le nubi e le stelle erano svanite, cancellate dalla nebbia grigiastra che era calata su Londra.

La voce del Vice Granger, che sgorgava dall'interfono traforato del Quartier Generale, era metallica e atona -Albert, richiama tutti al dipartimento e dai l'allarme. Un Auror è stato catturato.- Albert rabbrividì, erano rischi del mestiere cui non si sarebbe mai abituato. -Albert...- -Si, Vice?- mugugnò, confuso e turbato.

Hermione, all'altro capo del telefono, esitò. Albert non osò fiatare e attese un qualsiasi segnale dalla donna; quando Hermione parlò di nuovo, la sua voce non era più atona o metallica. Era bassa, roca, e aveva quell'impronta amara e rabbiosa che Albert non aveva mai provato. Era sconfitta, ma non essendo lui un combattente, non aveva mai assaggiato tanto le sconfitte quanto le vittorie.

-Emana un mandato di cattura per Claire Montgomery e un bollettino di ricerca per Gerald Thompson.-

Schiuse la bocca, scavò nella sua mente, che lavorava e assorbiva freneticamente le informazioni ricevute, ma quando trovò quelle che gli sembrarono le parole giuste, si accorse che la chiamata era conclusa e che dall'altro lato della cornetta c'era solo un'insistente segnale acustico.

Un mandato di cattura per Claire Montgomery e un bollettino di ricerca per Gerald Thompson....un mandato di cattura per Claire Montgomery e un bollettino di ricerca per Gerald Thompson...un mandato di cattura per Claire Montgomery e un bollettino di ricerca per Gerald Thompson...

Le parole del Vice Capitano Auror Granger si espanderono come un confuso eco tra la nebbia di Londra e la girandola di pensieri che albergava nella mente di Albert, sfilacciandone i sottili fili biancastri e disperdendo i tortuosi ragionamenti. Il nome di Gerald fu un'iniezione di lucidità. Era il momento di cambiare.
Era il momento di provare a combattere.

La Supremazia della ConoscenzaWhere stories live. Discover now