Capitolo 18: Nuova Azkaban

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Sospirò.
Il cielo grigio di Azkaban non era mutato negli anni privi di spettri del terrore quali i Dissennatori.
Nuova Azkaban era tanto accogliente quanto la vecchia.

Era passata una settimana, solo una settimana, ma già Harry sentiva la bruciante nostalgia delle piccole cose: il suo dopobarba al mentolo, i toast bruciacchiati per colazione , la risata di James che svolazzava, leggera, tra le mura di casa, l'insopportabile abitudine di Hermione di spremere il dentifricio dal fondo e non dal centro come faceva lui, le fusa deboli e roche di Grattastinchi, il tono imperioso con cui Hermione rimproverava James e il rumore di vetri infranti e palloni che rimbalzano che spesso era la causa di quei rimproveri.
Sentiva la mancanza del suo letto caldo, del sapore delle uova e del succo d'arancia, del divano rosso scomodo quanto una panchina di pietra grezza e appuntita che i Dursley, Vernon in particolare, avevano insistito che prendesse dalla vecchia casa a Privet Drive.

Immaginava di essere lì, immaginava ogni singolo istante di essere a casa.

Perché è solo un brutto sogno, Harry.
Uno di quei brutti sogni che James fa e che anche tu fai.
Uno di quei brutti sogni che hanno tutte le tipiche caratteristiche di un brutto sogno: la solitudine, le persone cattive, le ingiustizie...solo un brutto sogno.

E allora nuova Azkaban non era più popolata da carcerieri in carne ed ossa ma da tanti uomini neri, burattini della sua immaginazione.
Il gioco delle maschere durava finché non suonava la dannata campana che annunciava l'ora dei pasti o delle pause in cortile.
Come se zuppa stantia e passeggiate sotto un cielo tempestoso potessero giovare all'animo di assassini, criminali o innocenti ingannati. Le giornate si susseguivano in un grigio marasma fatto di stupore e delusione e disgusto.

E le morti, i sacrifici, il fango, le battaglie a nulla sono serviti. Tutti voltano spalle all'eroe.
Nessuno mi ha obbligato a portar sulle spalle il destino del Mondo Magico e io stesso mi sono ritrovato coinvolto senza potermi tirare indietro. Non l'ho fatto per via delle persone che amavo, per il sacrificio dei miei genitori, per il senso del dovere.
Ora a cosa è valso tutto ciò?
Adolescenza bruciata, infanzia perduta.

Tutti voltano le spalle all'eroe.

I tristi pensieri di Harry, il disgusto verso quello che ormai percepiva come un tradimento da parte del mondo Magico, che tante altre volte l'aveva umiliato e degradato, come mago e come uomo, si affollavano nella sua mente, premevano ferocemente sulle pareti del suo cranio quasi a volerlo spaccare per uscire, liberi, allo scoperto.
Per far sapere a tutti cosa realmente il Prescelto pensava del mondo.
Cosa avevano fatto anni di articoli di stampa, anni di maltrattamenti, di isolamento al suo orgoglio; prima dai Dursley, poi quando era stato designato come persecutore ed Erede di Serpeverde, ancora una volta quando era stato scelto per il Tremagli, poi a seguito del ritorno di Lord Voldemort e infine con la nascita del suo regime.
Anni di parole sibilanti e velenose che avvolgevano come spire e corrodevano l'animo.

La campana suonò in quell'istante, richiamando l'attenzione dei prigionieri.

Che ore sono?

Che ore erano? Che pasto era? Pranzo, colazione o cena?
Il cielo era tanto grigio al mattino quanto al pomeriggio e la notte semplicemente drappeggiava un'opprimente manto nero sulle teste sconsolate di quei tanti dimenticati dal mondo.
Dimenticato di certo non lo era stato lui.

Cosa dicevano i giornali?
Cosa dicevano i colleghi?
Cosa dicevano gli amici?
Hermione? James?
James! Santo cielo!

Nuova furia colse Harry e si alzò in piedi con uno scatto, diretto verso le sbarre della finestra, si aggrappò con forza al metallo e inspirò l'aria salmastra di Azkaban, sale e salsedine punsero ma rinfrescarono le sue narici. Inspirò e si lasciò ricadere sul pavimento gelido.

La Supremazia della ConoscenzaWhere stories live. Discover now