Capitolo 29

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Tornò a casa stanca, la ragazza con i capelli neri. Era triste, e sentiva freddo. Freddo dentro, nel midollo.

Nate non sapeva nulla, credeva che lei e Ben fossero usciti per una passeggiata qualunque. Non aveva notato il ghiaccio che il ragazzo aveva negli occhi.

Emy sapeva che a quell'ora non c'era nessuno, perché suo fratello e Susan erano fuori, a studiare da amici, e sarebbero tornati dopo circa un'ora.

E Ben... Il suo spirito era ritornato nella cartuccia. Lei lo fissò, appoggiata com'era ad un tavolino. Sembrava quasi di sentire lo sguardo di Ben che la fissava dalla cartuccia.

Lei si sedette sul divano, tenendosi la testa con le mani. Era come suo padre.

Assetato di violenza e di dolore.

Non poteva essere davvero lui. Non Ben, non quel ragazzino tenero che aveva conosciuto. Ed ora? Cosa avrebbe dovuto fare? Liberare Ben, rimettendo la cartuccia al suo posto, con il rischio che fosse ancora posseduto dalla sua sete omicida?

Emy sospirò, prendendo l'oggetto in mano e mettendolo nella console, a suo rischio e pericolo. Accese il tutto, andando presto sull'unico salvataggio.

- Ben - disse, anche se non era sicura del fatto che potesse sentirmi - Io ti amo. Cavolo, se ti amo. Ma io non amo il te violento e mostruoso. Io amo il ragazzino che ha litigato con me per l'ultima copia di Majora e che mi ha regalato una cioccolata per scusarsi, io amo quel ragazzino gentile e timido che aveva bisogno di essere protetto. Chi c'è dentro questa cartuccia? Ci sei tu o c'è una brutta copia di tuo padre?

L'elegia della vuotezza apparve dietro a Link, fissando la corvina.

Le labbra, aperte in un sorriso forzato, si mossero in modo impercettibile.

- Non lo so... Forse sono uniti per sempre.

- Il Ben che io conosco non è quello che ho visto oggi. Non sono la stessa persona. Torna in te, Ben. Ti prego.

La guardò, per poi muoversi verso lo schermo. Ne uscì rapidamente, sotto forma di Ben. Lacrime rosse gli rigavano il viso, mentre un sorriso stava comunque impresso sul suo viso.

Ma era strano, finto, non suo.

Quasi inquietante.

- Ben... - disse Emy, con tono supplichevole - Torna in te, ti prego.

- Tornare in me? Io sono in me. So che cosa sto facendo. Ora lasciami andare.

Non l'avrebbe permesso, non stavolta. Emy si lanciò contro di lui, facendolo cadere a terra, e premendo un braccio contro il suo collo. L'avrebbe fatto tornare il vecchio Ben, qualsiasi cosa fosse successa.

Era a terra, praticamente immobilizzato.

- Levati - sussurrò, cercando di colpire la ragazza allo stomaco. Lei schiv, dandogli un calcio al ginocchio.

Lui ringhiò, prendendola per le spalle ed iniziando a percuoterla. Emy tentò di rispondere ai suoi colpi, ma tutto era troppo confuso.

Sentiva i colpi farsi sempre più forti, ogni pugno entrare più a fondo, ogni calcio farsi più soffocante.

Forse era riuscita a dargli un paio di cazzotti dritti in faccia, ma lui era decisamente più avvantaggiato. Non credeva che l'essere un virus l'avesse reso così forte.

Piano piano la ragazza vedeva tutto farsi più offuscato, ed iniziava a non reagire più. E, nel frattempo, lui si era messo a ridere.

- Ben... - sussurraò, porgendogli la mano, quasi a volerlo afferrare, quando lui si fu rialzato. Tossì, coprendosi la bocca con la mano, ed un attimo dopo la vide rossa di sangue.

- Ben, ti prego... Non farlo... - ripeté lei, cercando goffamente di rialzarsi, finendo così a quattro zampe ed afferrandolo per l'orlo della tunica.

Fu un attimo. Un colpo dritto sul naso, lei che cadeva all'indietro, e la porta che si chiudeva, sbattendo.

Una lacrima scese.

Ben.

Faceva male ovunque.

Era stato lui.

Perdevo sangue dal naso, tossivo rosso.

Era stato lui.

Non era possibile. Non Ben. Lui non era un mostro.

Emy si trascinò a forza fino al portone, tirandosi su con l'aiuto della maniglia. Singhiozzando, aprì ed uscì, tenendosi un braccio dolorante. Anche solo respirare faceva male. Forse le aveva incrinato qualche costola.

Sentiva le lacrime che scendevano senza che lei le potesse controllare, mescolandosi al sangue.

E poi corse. Corse anche se ad ogni passo sentiva frammenti di vetro conficcarsi nelle sue gamba, corse barcollando, ad ogni passo sentiva di voler cadere, di volersi lasciare al freddo pavimento.

Ma no, doveva fare qualcosa, doveva trovare Ben. Era testarda, e non avrebbe mollato il suo obbiettivo così facilmente.

Era lenta, barcollava, ma continuava a correre.

Ben era da qualche parte, sepolto sotto quella pazzia, Emy l'avrebbe tirato fuori.

Game Over | Ben Drowned Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora