39* Capitolo. Hermione

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Non avrei mai pensato di passare attraverso tutto questo di nuovo. Quel groppo alla gola, quel fastidio costante nel saperlo lontano, la preoccupazione... ho desiderato cosi' tanto fossero solamente le mie paure troppo enfatizzate. Tutto cio' che ho pensato da quando Ron e' partito e' stato a come sarebbe stato una volta tornato. Immaginavo lui e il nostro piccolo giocare insieme, in giardino. Io che preparavo una torta al cioccolato o comunque qualcosa da mangiare e li chiamavo a fare merenda ma tardavano e finivo col dover riscaldare tutto. Era gia' tutto pronto, il nostro futuro a un palmo di distanza giusto il tempo di tendere la mano e afferrarlo.

Invece no. Tutto cio' probabilmente ci e' stato portato via e me ne rendo conto solo ora che, impaziente, aspetto Molly a casa. Deve restare con i piu' piccoli mentre io vado in ospedale, di nuovo, a costatare con i miei occhi le condizioni di Ronald.

Tutto mi scorre velocemente davanti agli occhi e, per quanto vorrei, non posso fermarlo. L'auror mi scorta in una parte dell'ospedale che conosco anche troppo bene. Continua a parlami, a dire belle parole, a incoraggiarmi per il bambino ma ci sono gia' passata e non lo ascolto nemmeno. Tengo il passo, probabilmente cammina piu' piano o la forza della disperazione mi fa allungare le gambe piu' del solito.

-E' qui, le lascio un po' di intimita'. Il medimago arrivera' presto con gli aggiornamenti.

-Grazie.- Mugolo appena, aspettando che se ne vada prima di posare la mano sulla maniglia.

Stringo le labbra e mi impongo di non piangere, poi con un profondo respiro entro nella stanza e mi dirigo verso il letto posto accanto alla finestra. Mi asciugo gli occhi ancora prima di sentirli bagnati. Devo essere forte, lui vorrebbe che lo fossi. Lo so. Per me, per lui, per i bambini. Gli passo una mano sulla fronte, scostandogli i capelli dagli occhi. E' cosi' bello, sembra che dorma. Lascio scorrere la mano lungo la sua guancia, sopprimendo un singhiozzo e stringendo le labbra. Voglio essere lucida per il medimago.

-Buongiorno, lei deve essere la moglie.- Una voce calda mi richiama dai miei pensieri. –Sono qui per darle alcune informazioni riguardo allo stato di suo marito.- Continua.

Annuisco senza forze, in attesa di sentire cio' che ha da dire.

-Le dinamiche dello scontro non sono di mia competenza, ma da quanto ho capito e' intervenuto per salvare il suo onore.- Mi informa facendomi sgranare gli occhi. –Non e' stato colpito violentemente da un incantesimo, e' stato infatti il colpo preso durante la caduta a causare una commozione celebrale. Essendo su una parete rocciosa e' atterrato su tre o quattro massi voluminosi, i danni non si possono calcolare e per quanto abbiamo tentato di immaginarli non posso dire nulla di certo se non che oltre al colpo alla testa ne ha preso uno molto forte anche alla colonna vertebrale.- Conclude.

-C... cosa vuol dire? Ha danneggiato il midollo?- Lo osservo, voltandomi verso mio marito.

-Molto probabilmente, ma lo sapremo solo quando si svegliera'.

-Lo fara'?- Torno a guardare il medico con speranza.

-Lo speriamo vivamente.- Mormora a occhi bassi prima di uscire dalla stanza e lasciarmi sola.

Le lacrime che prima minacciavano di uscire finalmente trovano il modo di sgorgare liberamente. Non possiamo essere di nuovo qui. Mi sembra irreale. Voglio che stia bene. Non mi interessa sapere il perche' e il come e' stato coinvolto nello scontro. Non lo voglio sentire dai suoi colleghi, no, voglio sentirlo da lui. Voglio vedere i suoi occhi aperti, le sue labbra muoversi, le sue braccia pronte a stringermi. Se anche fosse paralizzato dalla vita in giu' non m'interessa. E' mio marito, voglio vederlo sorridere. Mi siedo sul letto e appoggio la fronte sul suo petto, singhiozzando disperatamente. Doveva essere solo un'ultima missione. Doveva essere semplice e veloce.

Credo di amarti - RomioneWhere stories live. Discover now