Capitilo 35

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Un'altra settimana era volata.
In quest'ultima non avevo fatto altro che fare avanti e indietro, da scuola all'ospedale.
Praticamente era diventata una routine, uscivo dall'edificio di mattoni rossi, salutavo Cristina, andavo all'ospedale, studiavo con Matthew e poi verso le otto tornavo a casa.
Quella stanza bianca e ricoperta da palloncini era diventata la mia camera di studio.

"Questo è quello che...Picasso disse ai...soldati tedeschi quando commentarono il suo quadro più famoso...ovvero il Guernica...e con questo finisco qui perché non ne posso più." Mi buttai sulla sedia nera accanto al letto, erano ore che studiavo come una matta. Ho sempre adorato storia dell'arte, ma quando era troppo era troppo.
"Sei stanca?" Chiese Gube porgendomi il libro della materia che gli stavo ripetendo, per l'ennesima volta per di più.
"Secondo te?! Tu invece? È da quando sono arrivata che non mi hai fatto fare neanche una domanda sul tuo umore." Ammisi, era vero, era diventata una abitudine, io arrivavo lui si faceva trovare pronto e iniziavo a ripetergli le varie lezioni, era peggio del mio professore.
"Sto bene...e stasera torno a casa."
"Cosa?! E melo dici così?!" Stavo praticamente urlando in una stanza di neanche venti metri quadri.
Gli saltai al collo, lo riempii di baci.
Mi piaceva venirlo a trovare, ma lo preferivo di gran lunga fuori da quel miscuglio di dottori e infermiere, e quest'ultime non facevano altro che guardarlo dalla mattina alla sera...Dio la gelosia.
"Vedo che sei felice!" Rise.
"Più che mai..." Ero appoggiata al suo petto, i nostri respiri andavano coordinati, il suo cuore batteva e produceva una melodia meravigliosa.

...

"Bea..." Venni richiamata dalla sua voce, prima che lui parlasse intorno a noi c'era silenzio, ma non imbarazzante...direi...rilassante.
"Mmm." Alzai la testa per incontrare le sue nocciole, che sono sicura mi stessero fissando la testa ricciola.
"Ma se...un ragazzo...non me...uno in generale, parlasse di te alla sua famiglia, o comunque a un suo parente...diciamo stretto...tu che penseresti di lui?" Domandò, dopo quella affermazione il mio cuore mancò un battito nel ricordare la conversazione con sua sorella.
"Beh...penserei che lui a me ci tiene...perché?" Era imbarazzato, e io non ero da meno.
"No...niente solo per chiedere." Quella timidezza, mi ricordava qualcosa, qualcuno...Spencer, quel genio era venuto fuori da lui proprio in quel momento, allora era vero che se interpretavi un ruolo per tanto tempo, quel personaggio per quanto strano e irreale diventa parte di te stesso...e io lo adoravo anche per questo, Gube e Spencer non erano poi così diversi, tutte e due pazzi al punto giusto e impacciati.

Il pomeriggio passò veloce, Matthew fu dimesso dall'ospedale con ordine medico di restare a letto per almeno un'altro giorno, giusto per far riprendere coscienza al suo ginocchio.

"Gube siamo arrivati." Affermai prima di scendere dalla mia 500.
Ormai che ero lì lo avevo riportato a casa, presi le borse che avevo messo nel portabagagli e le chiavi di casa, ne avevo una copia.
"Aspetta ti dò una mano." Intervenne Gube, lo bloccai con la mano.
"No faccio io...vai ad aprire la porta." Fece come avevo detto e in meno di mezz'ora le sue borse erano tutte apposto con i vestiti puliti nell'armadio e quelli sporchi a lavare.
"Matthew io vado." Gube era nel divano che contemplava la televisione mentre trasmetteva una vecchia puntata di Criminal Minds.
Nel sentire le mie parole mi afferrò per un braccio tirandomi giù sul divano con lui, cacciai un piccolo urletto.
"Gube!" Gridai, più per la preoccupazione di avergli fatto male, visto come era messo.
"Resta." Sussurrò vicino alle mie labbra.
"Non posso." Risposi, sentivo il suo respiro sulla pelle.
"Si invece...ti prego." Mi lasciò un leggero bacio a stampo.
"E va bene." Mandai un messaggio a mio fratello avvertendolo che restavo da "Cristina" a dormire.
Come suo solito rispose che tanto non importava visto che sarebbe stato fuori tutto il week end.
Era cambiato da quando aveva litigato con Leonardo, il nostro rapporto era tornato quello di una volta, e io ne ero infelice.
"Okay...che vuoi fare?" Chiesi dando un ultimo sguardo al telefono con lo schermo nero.
"Non lo so...a te che va di fare?" Rigirò la domanda. Ci pensai un po' su.
"Pizza e film?" Proposi, era un rito per tutti i martedì sera estivi, lo facevo sempre con Cristina, ordinavamo una pizza e sceglievamo un film in streaming.
"Ci sto...tu scegli la pizza e io il film?"
"Andata." Presi il suo telefono, come sfondo ceravamo noi due che dormivamo nel letto di ospedale, abbracciati, doveva essere stato Shemar a farcela quel giorno c'era anche lui.

36 anni... Bel casino! (in revisione)Where stories live. Discover now