Capitolo 25

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Navigavo per quei corridoi, circondata da opere d'arte, mi sono sempre sentita a casa in questi posti, così silenziosi e tranquilli, dove il silenzio è il padrone e il baccano è esiliato fuori da quelle mura.
Ma quel giorno non mi sentivo a casa, forse perché il mio cuore non aveva la forza di battere per farmi provare quell'emozione che sentivo nascere dentro di me ogni volta che una statua o un quadro mi si prestava davanti in tutta la sua bellezza.
La mia testa era altrove, non ascoltavo minimamente le spiegazioni di mia zia, che di solito mi facevano spuntare istintivamente il sorriso sul volto.
Mi ero ripromessa che mi sarei divertita, ma a quanto pare il mio cuore, quel poco che ne restava, aveva preso il sopravvento.
Quei ricordi che con forza avevo respinto, ora tornarono ad annebbiarmi la mente.
Ma come mi è venuto in mente di venire a Firenze.

Infatti me lo chiedo anche io.

Guarda...lo sai che quasi mi mancavi.

Davvero?!

No...e ora statti zitta.

Che caratterino...

Avevo un odio profondo verso quella vocina nella mia testa, non se ne stava mai zitta, non faceva altro che parlare.
Ero andata a Firenze.
Firenze.
La città dove iniziò tutto, la città che non so se ringraziare oppure distruggere.

"Senti prendi il mio numero...se vuoi ci sentiamo...magari mi fai da guida turistica della Toscana...cioè ci fate." Disse rimasi di sasso, non riuscivo ad aprire la bocca così mi limitai ad annuire. Mi diede un bigliettino con sopra il suo numero e poi finalmente mi avviai verso la macchina più felice che mai.

Tolsi la cover dal mio telefono, avevo ancora quel bigliettino, era rovinato, ma i numeri scritti erano ancora ben leggibili.

"Gube...ti amo." Quelle parole che mai e poi mai avrei pensato di dire mi uscirono dalla bocca come un fiore sboccia.
La mia fronte batteva sulla sua e il suo fiato rimbalzava sul mio viso.
"Anche io ti amo." Il mio cuore tornò a battere forte e anche il solito rossore che ormai era diventato il mio migliore amico. Sul mio viso si formò un sorriso e anche sul suo.
Tornammo a baciarsi, con più passione di prima.

Mi chiedevo se quel "ti amo" fosse vero, ma non riuscivo a trovare una risposta.
Una lacrima mi rigò il viso, la asciugai con la manica della felpa rossa.
Ti amo.
Si può dire che era stato il mio primo "ti amo", forse Gube è stato il mio primo vero amore, quello che anche se ti sposi e fai figli non ti scorderai mai, quello che ti farà sempre battere il cuore quando ci ripensi, quello che ti fa sentire le farfalle nello stomaco a distanza di mesi, ma che dico anni.
Quello puro e genuino, quello ricambiato da entrambi, quello vero.

"Bea...stai pensando a Matteo vero?" La voce del mio migliore amico mi costrinse ad alzare la testa per incrociare il suo sguardo.
"Matteo chi??" Domandai stranita.
"Ma come chi...Matteo il tuo...ex." Rispose, poi ricordai, per evitare di creare ulteriori casini, gli avevo raccontato che stavo con un certo Matteo di qualche anno più grande.
Avrei voluto dirgli la verità, non è che non mi fido di lui, ma...la cosa doveva rimanere segreta, solo io e Cristina sapevamo la verità e così doveva rimanere.
Per il mio bene e per quello di...Matthew.
"Ah...si, è solo che questa città mi fa tornare in mente tanti ricordi e...stavo solo pensando lascia stare." Tornai a guardare il pavimento del museo, non aveva niente di interessante da poter essere ammirato, ma era sempre meglio di sostenere uno sguardo.
"Bea...se potessi fare qualcosa ti assicuro lo farei." Luca era sempre stato protettivo nei miei confronti, era il fratello che avrei voluto avere, invece di quella testa di cazzo di Roberto.
"Hai già fatto abbastanza...grazie per avermi ascoltato." Dissi, i miei occhi non volevano guardarlo, ero ostinati, volevano continuare ad ammirare quelle piastrelle bianche.
"Che ne dici se andiamo a casa...non ti fa bene stare in questa città." Annuii debolmente, sentii la mano di Luca cercare la mia in tasca, appena la trovò si strinsero.
Lo guardai.
Lui sorrise, adoravo il suo sorriso, e poi era così contagioso, sorrisi anche io.
Ci una camminammo verso la prima fermata di bus, mano nella mano.

...

"SONO A CASA!!!" Una voce che proveniva dal piano di sotto mi fece distogliere lo sguardo dal libro che, con tanta attenzione, stavo leggendo.
Mi affacciai alla porta di camera mia e vidi salire Roberto, non era cambianti se per...oh mio dio, mamma lo ucciderà.
Aveva un tatuaggio, devo dire al quanto evidente, sul collo.
Nostra madre era sempre stata categorica su questo genere di cose, finché si stata sotto il suo tetto i tatuaggi e i piercing, dovevano restare fuori dalla porta.
"Mamma ti ucciderà lo sai...comunque ben tornato." Roberto si soffermò sulla mia figura minuta.
"No se non lo scoprirà...e tu non glielo dirai." Disse categorico, non avevo mai avuto paura di quell'ammasso di muscoli senso cervello.
"Non te lo posso promettere." Risposi acida, sapendo benissimo che quella frase "tu non glielo dirai" non era una richiesta, ma un ordine ben preciso.
"Oh!! Tu solo azzardati ad aprire bocca, e io rivelo a papà che hai perso la verginità." Lo sapevo che mi avrebbe ricattato.
"Okay...ma tanto prima o poi ci farà caso." Rientrai in camera e girai la chiave per chiudere la porta e godermi gli ultimi attimi di tranquillità nella casa, prima che tornasse completamente piena, visto che il giorno dopo sarebbe tornata mia madre.
E la routine di tutti i giorni sarebbe riniziata.
Una routine senza Gube, una routine senza la persona che ancora amo.
Ripresi in mano il mio amato libro.

...

La sveglia, con le sua melodia, mi fece grugnire, mi alzai dal letto e, come un bradipo, mi trascinai verso il bagno.
Il mio riflesso mi apparve davanti, sembravo un mostro.
Avevo i capelli arruffati e scompigliati, cercai di sistemarli al meglio, ma non ne volevano sapere di stare in ordine.
Ci rinunciai e tornai in camera per vestirmi.
Maglietta nera, jeans e le mie Vans blu, ci abbinai anche la felpa rossa che avevo anche il giorno prima.
Un trillo, a me familiare, mi fece distogliere lo sguardo dallo zaino che con noncuranza stavo preparando.
Presi il telefono, rimasi di sasso nel vedere un messaggio da Lorenzo, e solo lì mi accorsi che era ancora salvato con il cuore accanto.

'Ti passo a prendere....ti devo parlare💕'

Non badai al cuore messo in fondo al messaggio, avrei accettato?
Tanto cosa avevo da perdere, niente ormai.
Dopo quello che era successo la mattina precedete, niente mi stupiva.
E pensare che se me lo avesse chiesto una settimana fa lo avrei mandato a cacare.
Ma ora....accettai.

'Okay ti aspetto fuori casa.'

...

Lo vidi arrivare, riconoscerei la sua macchina tra mille.
Risi al ricordo delle cazzate che ci abbiamo fatto dentro, le nottate passate fuori e le corse per arrivare in tempo a scuola quando il giorno prima eravamo a Firenze o in qualsiasi altro posto.
Si fermò davanti al cancello della mia dimora.
Aprii la portiera e lo vidi, guardava davanti a se...i suoi occhi erano persi.
"C-ciao." Balbettai, poi lui si voltò e i suoi occhi marroni si incrociarono con i miei verdi.
Per un attimo dimenticai il passato e mi sembrò, che io e lui non ci fossimo mai lasciati.
"Ciao Bea." Ricambiò il saluto e accennò un sorriso.
"Allora che mi dovevi dire?" Chiese, ero quasi impaziente di sentire la sua "notizia" se possiamo chiamarla così.
"A proposito di ieri..." Si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli più di quanto già non fossero.
"Oh...si ieri...ecco Lore...i-io...non so cosa mi sia preso ecco..." Dissi cercando di trovare le parole giuste, per esprimermi.
Lorenzo continuava a fissarmi.
"No no...è stata colpa mia...e mi dispiace, insomma non volevo metterti in imbarazzo..." La tensione nell'aria era tanta, mi accorsi solo allora che la macchina era ancora ferma davanti alla casa dove ero cresciuta.
"Lore...magari se parti non arriviamo tardi..." Dissi cercando di soffocare una risata.
"Certo...scusa." Rise imbarazzato da quella che sicuramente per lui era stata una figuraccia.

...

Per tutto il resto del viaggio non ci furono altre chiacchierate, se la voce della radio che faceva da sottofondo.
Arrivammo davanti alla scuola.
Stavo per scendere di macchina, con la promessa che non ci sarei mai più risalita, quando lui mi bloccò.
"Bea...perché tu lo sappia, ho voglia di baciarti." Diventai rossa in viso, nonostante la mattina era fresca, io improvvisamente sentii caldo.
Lorenzo spostò lo sguardo da me al terreno, non so con quale forza di volontà io feci quel gesto.
Gli alzai il mento e posai le miei labbra sulle sue.
Fu un semplice bacio a stampo.
"Fattelo bastare Lorenzo." Scesi di macchina, lo lasciai li con la bocca semi aperta.
Entrai dentro la scuola, e feci iniziare un'altra giornata, con la solita domanda che ormai da una settimana mi tormentava, e nonostante avessi appena baciato Lorenzo, lei non si azzardava ad andarsene.
Gube sentirà la mia mancanza?

36 anni... Bel casino! (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora